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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 16 aprile 1969

 

Gli avvenimenti e i fenomeni del nostro tempo

Diletti Figli e Figlie!

Uno degli atteggiamenti caratteristici della Chiesa dopo il Concilio è quello d’una particolare attenzione sopra la realtà umana, considerata storicamente; cioè sopra i fatti, gli avvenimenti, i fenomeni del nostro tempo. Una parola del Concilio è entrata nelle nostre abitudini: quella di scrutare «i segni dei tempi». Ecco una espressione, che ha una lontana reminiscenza evangelica: «Non sapete distinguere - chiede una volta Gesù ai suoi ostili e malfidi ascoltatori - i segni dei tempi?» (Matth. 16, 4). Il Signore alludeva allora ai prodigi ch’Egli andava compiendo, e che dovevano indicare l’avvento dell’ora messianica. Ma l’espressione ha oggi, sulla stessa linea, se vogliamo, un significato nuovo di grande importanza: la riprese infatti Papa Giovanni XXIII nella Costituzione apostolica, con la quale indisse il Concilio Ecumenico Vaticano II, quando, dopo aver osservato le tristi condizioni spirituali del mondo contemporaneo, volle rianimare la speranza della Chiesa, scrivendo: «A noi piace collocare una fermissima fiducia del divino Salvatore ... che ci esorta a riconoscere i segni dei tempi», così che «vediamo fra tenebre oscure numerosi indizi, i quali sembrano annunciare tempi migliori per la Chiesa e per il genere umano» (A.A.S. 1962, p. 6). I segni dei tempi sono, in questo senso, dei presagi di condizioni migliori.

GIOVANNI XXIII E IL CONCILIO

L’espressione è passata nei documenti conciliari (specialmente nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 4; la intravediamo nella mirabile pagina del n. 10: poi nel n. 11; così nei nn. 42, 44; così nel Decreto sull’attività dei Laici, n. 14; nella Costituzione sulla S. Liturgia, n. 43; ecc.). Questa locuzione «i segni dei tempi» ha pertanto acquistato un uso corrente e un significato profondo, molto ampio e molto interessante; e cioè quello della interpretazione teologica della storia contemporanea. Che la storia, considerata nelle sue grandi linee, abbia offerto al pensiero cristiano l’occasione, anzi l’invito a scoprirvi un disegno divino, è ben saputo da sempre: che cosa è la «storia sacra», se non l’identificazione di un pensiero divino, d’un’«economia» trascendente, nello svolgimento degli avvenimenti che conducono a Cristo, e da Cristo derivano? Ma questa scoperta è postuma; è una sintesi, alle volte discutibile nelle sue formulazioni, che lo studioso compie quando gli avvenimenti sono ormai compiuti, e possono essere considerati in una prospettiva d’insieme, e talora collocati deduttivamente in un quadro ideologico derivato da altre fonti dottrinali, che non dalla analisi induttiva degli avvenimenti stessi. Ora invece è offerto al pensiero moderno l’invito a decifrare nella realtà storica, in quella presente specialmente, i «segni», cioè le indicazioni d’un senso ulteriore a quello registrato dall’osservatore passivo.

Questa presenza del «segno» nelle realtà percepite dalla nostra conoscenza immediata meriterebbe una, lunga riflessione. Nel campo religioso il «segno» tiene un posto importantissimo: il regno divino non è ordinariamente accessibile alla nostra conoscenza per via diretta, sperimentale, intuitiva, ma per via di segni (così la conoscenza di Dio è a noi possibile mediante introspezione delle cose, che assumono valore di segno [cfr. Rom. 1, 20]; così l’ordine soprannaturale ci è comunicato dai sacramenti, che sono segni sensibili d’una realtà invisibile, ecc.); anche il linguaggio umano poi avviene per via di segni fonetici o scritturali convenzionali, con cui il pensiero si trasmette; e così via. In tutto l’universo creato possiamo trovare segni d’un ordine, d’un pensiero, d’una verità, che può fare da ponte metafisico (cioè oltre il quadro della realtà fisica) al mondo ineffabile, ma surreale del «Dio ignoto» (cfr. Act. 17, 23, ss.; Rom. 8, 22; Lumen gentium, n. 16). Nella prospettiva, che ora stiamo considerando, si tratta di individuare «nei tempi», cioè nel corso degli avvenimenti, nella storia, quegli aspetti, quei «segni», che ci possono dare qualche notizia d’una immanente Provvidenza (pensiero questo abituale agli spiriti religiosi); ovvero ci possono essere indizi (ed è questo che ora c’interessa) d’un qualche rapporto col «regno di Dio», con la sua azione segreta, ovvero - ancor meglio per il nostro studio e per il nostro dovere - con la possibilità, con la disponibilità, con l’esigenza di un’azione apostolica. Questi indizi sembrano a Noi propriamente «i segni dei tempi».

IL MONDO DIVENTA LIBRO

Donde una serie di conclusioni importanti e interessanti. Il mondo per noi diventa libro. La nostra vita, oggi, è assai impegnata nella continua visione del mondo esteriore. I mezzi di comunicazione sono così cresciuti, così aggressivi, che ci impegnano, ci distraggono, ci distolgono da noi stèssi, ci svuotano dalla nostra coscienza personale. Ecco: facciamo attenzione. Noi possiamo passare dalla posizione di semplici osservatori a quella di critici, di pensatori, di giudici. Quest’attitudine di conoscenza riflessa è della massima importanza per l’anima moderna, se vuole restare anima viva, e non semplice schermo delle mille impressioni a cui è soggetta. E per noi cristiani questo atto riflesso è necessario, se vogliamo scoprire «i segni dei tempi»; perché come insegna il Concilio (Gaudium et spes, n. 4), l’interpretazione dei «tempi», cioè della realtà empirica e storica, che ci circonda e ci impressiona, deve essere fatta «alla luce del Vangelo». La scoperta dei «segni dei tempi» è un fatto di coscienza cristiana; risulta da un confronto della fede con la vita; non per sovrapporre artificiosamente e superficialmente un pensiero devoto ai casi della nostra esperienza, ma piuttosto per vedere dove questi casi postulano, per il loro intrinseco dinamismo, per la loro stessa oscurità, e talvolta per la loro stessa immoralità, un raggio di fede, una parola evangelica, che li classifichi, che li redima; ovvero la scoperta dei «segni dei tempi» avviene per farci rilevare dove essi vengono da sé incontro a disegni superiori, che noi sappiamo cristiani e divini (come la ricerca dell’unità, della pace, della giustizia), e dove un’eventuale nostra azione di carità o di apostolato viene a combaciare con una maturazione di circostanze favorevoli, indicatrici che l’ora è venuta pei- un progresso simultaneo del regno di Dio nel regno umano.

IL METODO DA SEGUIRE

Questo metodo Ci sembra indispensabile per ovviare ad alcuni pericoli, a cui l’attraente ricerca dei «‘segni dei tempi» potrebbe esporci. Primo pericolo, quello di un profetismo carismatico, spesso degenerante in fantasia bigotta, che conferisce a coincidenze fortuite e spesso insignificanti interpretazioni miracolistiche. L’avidità di scoprire facilmente «i segni dei tempi» può farci dimenticare l’ambiguità spesso possibile della valutazione dei fatti osservati; e ciò tanto più se dobbiamo riconoscere al «Popolo di Dio», cioè ad ogni credente, un’eventuale capacità di discernere «i segni della presenza o del disegno di Dio» (Gaudium et spes, n. 11): «il sensus fidei» può conferire questo dono di sapiente veggenza, ma l’assistenza del magistero gerarchico sarà sempre provvida e decisiva, quando l’ambiguità della interpretazione meritasse d’essere risolta o nella certezza della verità, o nell’utilità del bene comune.

Pericolo secondo sarebbe costituito dall’osservazione puramente fenomenica dei fatti dai quali si desidera estrarre l’indicazione dei «segni dei tempi»; ed è ciò che può avvenire quando tali fatti sono rilevati e classificati in schemi puramente tecnici e sociologici. Che la sociologia sia scienza di grande merito per se stessa e per lo scopo che qui c’interessa, cioè per la ricerca d’un senso superiore e indicativo dei fatti medesimi, volentieri noi ammettiamo. Ma la sociologia non può essere criterio morale a se stante, né può sostituire la teologia. Questo nuovo umanesimo scientifico potrebbe mortificare l’autenticità e l’originalità del nostro cristianesimo e dei suoi valori soprannaturali.

L'ARTE DELLA VIGILANZA CRISTIANA

Altro pericolo potrebbe nascere dal considerare come prevalente l’aspetto storico di questo problema. Vero è che lo studio qui verte sulla storia, verte sul tempo, e cerca di ricavarne segni propri del campo religioso, che per noi tutto è raccolto nell’avvenimento centrale della presenza storica di Cristo nel tempo e nel mondo, donde deriva il Vangelo, la Chiesa e la sua missione di salvezza. Cioè l’elemento immutabile della verità rivelata non dovrebbe soggiacere alla mutabilità .dei tempi, nei quali si diffonde e talvolta fa la sua apparizione con «segni», che non lo alterano, ma lo lasciano intravedere e lo realizzano nell’umanità pellegrina (cfr. CHENU, Les signes des temps, in Nouv. Revue Théol. 1-1-65, pp. 29-39). Ma tutto questo non fa che richiamarci all’attenzione, allo studio dei «segni dei tempi», che devono rendere sagace e moderno il nostro giudizio cristiano e il nostro apostolato in mezzo alla fiumana delle trasformazioni del mondo contemporaneo. È l’antica, sempre viva parola del Signore che risuona ai nostri spiriti: «Vigilate» (Luc. 21, 36). La vigilanza cristiana sia l’arte per noi nel discernimento dei «segni dei tempi».


LE SOCIETÀ BIBLICHE CATTOLICHE

On April 24 of last year We were pleased to receive the late Cardinal Bea and some of you, who are also present today, at the end of the first conference held in Rome to study how Catholic Biblical Associations and others engaged in the biblical apostolate could implement the very important goals set forth in Chapter Six of the Second Vatican Council’s Constitution on Divine Revelation. It is a great consolation to Us that so many others have joined you in this vital work, and that the study has resulted in practical proposals and programs.

We felt it was a providential thing when Cardinal Bea came to Us not long after the close- of the Ecumenical Council and asked if the Secretariat which he headed might begin studying the implementation of the final chapter in the conciliar document on the Bible. As a Scripture scholar, Cardinal Bea was esteemed by Christians everywhere; as President of the Secretariat for Promoting Christian Unity, he had won the confidence and even affection of leaders and members of Christian Churches and Communities throughout the world.

We were pleased to approve the Cardinal’s request, and We are very grateful that the work for easy access to the Scriptures that he then began has produced such fruitful results: the «Guiding Principles for Interconfessional Cooperation in Translating the Bible», published on Pentecost Sunday of last year; various programs of cooperation with the United Bible Societies which have been approved by Episcopal Conferences in many countries and which make the Scriptures available to people who would not otherwise have them; and finally the proposal for an international Catholic Federation for the Biblical Apostolate, which is intended to serve the Bishops in their pastoral responsibilities concerning wider use and knowledge of the Bible.

We understand that this proposal for the International Catholic Federation has been prepared in consultation with the Secretariat for Promoting Christian Unity and representatives of Sacred Congregations concerned with the various aspects of the biblical apostolate. We trust that the details of the plans will be carefully studied and, after approval of the appropriate authority, will be of service to the Bishops throughout the world.

In the course of each day there are many things to which We must give Our attention for the good of the Church and for the good of souls everywhere, but an occasion like this meeting with you today gives Us the welcome opportunity to stress the fundamental importance of God’s revealed word in all that we do and say. “The word of God should be available at all times”, declared the Second Vatican Council. Yes, always, and easily, and ever more widely. It is not only priests, religious brothers and sisters who should have the Scriptures, read them, meditate on them, and meet Christ our Lord daily in this way. As the Second Vatican Council said, «all the faithful» should have easy access to the Scriptures, in the liturgy, through the Scripture readings and the homily, and also in daily private life. All are called to this meeting with Christ our Lord.

The Second Vatican Council has made it clearer than ever before that We and Our brother Bishops throughout the world have a serious responsibility to do all we can to help provide people with easy access to the Scriptures. When dedicated people like yourselves come forward to help Us in this great task, We rejoice and give heartfelt thanks.

It is a special cause of joy to Us that, as has been said already by Bishop Willebrands, President of the Secretariat for Promoting Christian Unity, cooperation in translating the Scriptures and making them easily accessible to all people results in bringing Christians closer together. If, as has also been said, fraternal collaboration in this work renders the Christian message more credible and appealing to non-Christians, it is clear how much this work should be esteemed by everyone.

For all these reasons, We gladly impart Our special paternal Apostolic Blessing to you, your families and religious communities, your collaborators and supporters.

I SACERDOTI: «LA PUPILLA DEI NOSTRI OCCHI»

Particolari gruppi di sacerdoti partecipano all’udienza odierna, e non vogliamo lasciare di nominarli segnatamente.

Salutiamo anzitutto i più giovani, che hanno iniziato con l’ordinazione, testé ricevuta, la loro santa missione: sono i sacerdoti novelli del Collegio Internazionale «Teresianum» dei Padri Carmelitani scalzi, venuti stamane dal Papa con i familiari, che hanno preso parte ai loro sacrifici come partecipano ora alla loro letizia.

Salutiamo poi i veterani; i dilettissimi sacerdoti che, con pensiero di grande fede, hanno voluto celebrare a Roma il loro XXV anniversario di prima Messa: sono quelli dell’Arcidiocesi di Modena, e quelli della Diocesi di Treviso, accompagnati dai rispettivi Vescovi, i venerati Pastori Monsignor Giuseppe Amici e Monsignor Antonio Mistrorigo, ai quali va la espressione della Nostra affezione e della Nostra stima.

Diletti figli!

Vi ringraziamo per la vostra presenza: incoraggiamo i nuovi sacerdoti, tutti presi dall’arcano stupore dell’immensa grazia loro conferita, di rinnovare il sacrificio di Cristo, di comunicare la sua grazia attraverso i sacramenti, di essere eco fedele della sua voce; ed esprimiamo il Nostro compiacimento ai loro confratelli, che ormai da venticinque anni, con fervore ogni giorno rinnovato, compiono il loro umile, nascosto, insostituibile ministero per la gloria di Dio, al servizio e nell’obbedienza del Vescovo, a bene delle anime, approfondendo il significato del sacerdozio con una dedizione che cresce col crescere degli anni, con una gratitudine che non verrà mai meno.

Voi siete, sacerdoti carissimi, la pupilla dei Nostri occhi; voi siete i collaboratori dei successori degli Apostoli; voi siete il sale della terra, la luce del mondo (cfr. Matth. 5, 13, 14); voi siete i testimoni di Cristo, ai quali è stato affidato il mistero del Regno di Dio (cfr. Marc. 4, 11). Progredite di virtù in virtù, di santità in santità, di splendore in splendore, per rispecchiare la gloria del Signore (cfr. 2 Cor. 3, 18): Cristo ve lo chiede, la Chiesa ne ha bisogno, le anime aspettano questo vostro dono totale per la salvezza del mondo. Sappiate che per questo il Papa vi ama, vi segue, prega per voi, e vi benedice con tutto il Suo affetto di Padre.

LAVORATORI PREMIATI

Ci rallegriamo con Voi, e con quanti hanno partecipato alle vostre pacifiche competizioni: ciò vuol dire che voi lavoratori, in piena conformità con la natura spirituale dell’uomo, da Dio creata a sua immagine e somiglianza, volete vivificare e animare la vostra fatica, volete ampliare le vostre esperienze umane, volete accompagnare l’attività quotidiana, spesso pesante monotona, con l’espressione della genialità artistica e tecnica, con la cultura dell’intelletto, con la tenacia dello studio, la bontà dello svago. La vostra presenza è perciò tanto confortante, e getta una luce particolare sulle forze lavoratrici italiane, tanto benemerite del progresso sociale della Nazione; essa parla di impegno, di qualificazione, di elevazione costante; e, con testimonianza degli «anziani», parla soprattutto di fedeltà, di attaccamento, di coscienza del dovere compiuto, quella che sola dà pace e serenità all’esistenza umana, specie quando è illuminata da una fede cosciente e coerente, nel rispetto della volontà di Dio.

ASSOCIAZIONE CATTOLICA DI PROPAGANDISTI SPAGNUOLI

Venerable Hermano,
Señor Presidente y Señores
de la «Asociación Católica Nacional de Propagandistas»

No habéis querido que trascurriese el sesenta aniversario de fundación de vuestra organización, sin poner de relieve en esta visita, que agradecemos cordialmente, los sentimientos e ideales que os caracterizan.

En vuestro ya largo camino hay nombres e iniciativas que sintetizan un espíritu de fé dinámica y reflejan vuestras ansias de servir a la Iglesia como ella quiere ser servida. ¿Qué deseamos de vosotros? En síntesis, que apliquéis con fidelidad cuanto el Concilio ha dicho, particularmente en las Constituciones Lumen Gentium y Gaudium et spes, sobre la formación y actividad de los seglares, dando sin desmayo testimonio de Cristo, honrando siempre la verdad, la justicia y la caridad.

Os confiamos una invitación anhelante: mirad y preparad, con esperanza y amor, a los jóvenes. Cuánto nos preocupa que su ardor de vida se ilumine con una energía sobrenatural, que transluzcan con personalidad responsable su conciencia cristiana en la sociedad temporal, que acrecienten su educación cívica y política con un patriotismo abierto. a la comunidad internacional, sin egoísmos ni violencias, en el respeto de la libertad y de la dignidad de las personas.

A vosotros, a la gran familia de la «Asociación Católica Nacional de Propagandistas» Nuestra complacencia por el fecundo pasado y, en prenda de copiosos dones celestiales que animen la tarea que os incumbe, Nuestra especial Bendición Apostólica.

Un «segno dei tempi»

Il tema di queste Nostre parole, sempre semplici e familiari com’è costume in queste udienze generali, si riferisce a realtà storiche, che non esitiamo a definire altamente significative e importanti.

Ecco che Ci è offerta oggi l’occasione per darne a voi una prova, che riempie il Nostro animo di profonda commozione e di alti pensieri. Ecco un «segno dei tempi».

È a Noi rivolto invito ufficiale di recarCi a Ginevra per intervenire alla celebrazione del cinquantesimo anniversario della fondazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro; celebrazione, che è prevista per la prima metà del prossimo mese di giugno.

A tale invito, tanto inatteso ed onorifico, e tanto rispondente ai Nostri sentimenti di stima per così benemerito e così rappresentativo Organismo Internazionale, e tanto congeniale con la Nostra missione di giustizia, di pace e di fraternità, abbiamo deciso di rispondere, con umile riconoscenza, affermativamente.

                            



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