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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 6 luglio 1977

 

Restaurare la coscienza cristiana

Quando noi vediamo davanti a noi l’assemblea che voi siete, visitatori fedeli desiderosi di vedere il Papa e di ascoltare una parola da lui, ovvero pellegrini curiosi di fare l’esperienza di questo incontro con noi e di giudicare da questa momentanea vostra assistenza ad una udienza del Papa questioni gravissime e assai difficili a risolversi con la semplice e immediata impressione derivante da questa ora singolare, noi siamo molto lieti e commossi, e sempre sorpresi da una fantastica visione, quella di vedere i vostri animi aperti, come libri personali, davanti a noi; libri sui quali ci sembra leggere una semplice, ma decisiva domanda, di cui conserviamo memoria per averla letta nei primi capitoli del Vangelo, là dove gli uditori del selvatico, ma sapiente Profeta del deserto Giordanico, Giovanni, il Battezzatore, gli domandano: «Che cosa dunque dobbiamo noi fare?» (Luc. 3 , 10-12).

Sì, cari visitatori; pare a noi di leggere nelle vostre anime una simile domanda. Voi ci chiedete una parola orientatrice, la quale consoli, rinfranchi, diriga i vostri singoli spiriti, e illumini così il cammino della vostra vita. Noi crediamo di non sbagliare. Voi siete qui, avidi d’avere da noi un indirizzo spirituale per la guida della vostra esistenza, per la sicurezza della vostra navigazione nel mare tempestoso della quotidiana esperienza, e nella direzione generale del vostro cammino vitale.

Questa nobile curiosità può essere considerata come un fenomeno normale e generale. Andare in udienza dal Papa provoca in ogni persona cosciente un atto riflesso di domanda interiore: qual è, si chiede appunto una persona cosciente, la mia posizione effettiva davanti a colui che si definisce «Vicario di Cristo»? Posizione tranquilla, posizione coerente, posizione seguace, ovvero posizione indifferente, o fors’anche posizione polemica? La presenza del Papa è di per sé provocatoria d’una definizione cosciente e interiore del punto spiritualmente astronomico, in cui un’esistenza si trova; e noi, a voi parlando, voi salutando, voi benedicendo, abbiamo presenti tutti codesti stati d’animo; e vogliamo, con l’assistenza operante di Cristo nel nostro umile ministero, dare a voi quell’istante di luce, di energia, di beatitudine ch’è nelle nostre intenzioni, e nelle vostre particolari necessità spirituali. Dio voglia che così sia, e con l’abbondanza, la pienezza propria della bontà divina che vuole servirsi a tal fine del nostro apostolico ministero!

Ma non possiamo trascurare la situazione morale dell’ora presente in campo religioso e in campo del costume pubblico. Osservate: noi siamo in un periodo tremendamente agitato in ordine ai principii basilari dello stile morale e religioso, che dobbiamo supporre presenti alle sorgenti della nostra coscienza operante. Esistono ancora principii-cardini del nostro operare? Ovvero non prevale nel nostro stile di vita una serie di assiomi negativi, che tolgono alla nostra pratica navigazione nel mare del costume moderno ogni timone, ogni esigenza, ogni linea distintiva tra il bene ed il male, ogni imperativo volontario di rettitudine, ogni supremazia del dovere, ogni vincolante supremazia dei valori religiosi? Non siamo anche noi spesso «relativisti», cioè predisposti ad ogni adattamento all’opportunità, all’interesse personale, all’indifferenza circa il valore etico delle nostre azioni?

Ebbene, davanti a simile situazione, la quale si sta generalizzando e aggravando, con progressiva noncuranza sia del senso del dovere, sia della sensibilità religiosa, sia della fierezza personale in ordine al bene proprio ed altrui, noi oggi che cosa vi diremo, che possa corrispondere al vostro tacito desiderio di avere da noi una effusione di luce? Non una sola parola vi dovremmo dire; ma quante! Ma quante! Bastino ora due sole; e sono queste: prima, la necessità d’un ordine morale, derivato da una coscienza istruita sulla grande dottrina del bene e del male. Necessità, diciamo, pensando alla Croce! seconda, la facilità relativa della moralità voluta e osservata; la felicità anzi che risulta dall’essere «buoni» con l’aiuto della grazia divina. Gesù lo ha detto: «il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero» (Matth. 11, 30). Fratelli e Figli! Facciamone tutti la prova! Con la nostra Benedizione Apostolica.

Ad una delegazione di giapponesi appartenenti alla religione Konko-kyo

We welcome with sincere respect the Japanese delegation of the Konko-kyo religion. You recognize that God is the Father of al1 human beings, that we are al1 his children, members of one family, and that therefore no one is a stranger to us under the sun. God is indeed our loving Father, who made us, cares for us and is our fina1 goal. It is his will that unity and love be fostered among human beings. We pray to him to bestow his favour on you and on all.

                                   



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