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DISCORSO DI PAOLO VI
AI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI
DELLE CONFERENZE EPISCOPALI PER LE MISSIONI

Venerdì, 11 aprile 1975 

 

Venerati e amatissimi Fratelli,

Vi accogliamo ben volentieri nella giornata conclusiva della riunione che avete tenuto a Roma, organizzata dalla nostra diletta Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; e vi diciamo il nostro pieno compiacimento per quest’incontro. Più di un titolo vi raccomanda alla nostra attenzione, alla nostra stima, alla nostra benevolenza, oltre quello dell’Episcopato che ci fa partecipi della grazia e del dono di Cristo Sommo Pastore e Maestro e Sacerdote: siete infatti, ciascuno, in qualità di Presidenti delle Commissioni Episcopali per le Missioni presso le Conferenze Episcopali di tutto il mondo, i primi responsabili, gli esperti qualificati dell’attività missionaria nella Chiesa, coloro a cui spetta, al livello più alto, promuovere, sensibilizzare, stimolare l’ansia apostolica nelle rispettive Nazioni, nella novella primavera missionaria che spira dappertutto nel mondo, infondendo energie e speranze nuove. Sappiamo quali pensieri vi occupino e quali ansie vi preoccupino, in questo che è l’impegno per eccellenza della Chiesa per espresso incarico di Cristo - «andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» (1 Marc. 16, 15) - ma che, in pari tempo, è anche il segno distintivo, il parametro, il banco di prova della vitalità spirituale e apostolica di ogni singola diocesi.

Vorremmo aver maggior tempo a nostra disposizione per soffermarci più a lungo con ognuno di voi, e sentire dalla vostra voce gli esperimenti, le iniziative, le opere che vengono sostenute nelle vostre rispettive Nazioni e Regioni sul piano dell’animazione missionaria. Ma certo non mancherà di informarci compiutamente lo zelantissimo Cardinale Agnelo Rossi, Prefetto di «Propaganda Fide». A voi vorremmo brevemente confidare le nostre consegne ed esprimere il nostro compiacimento per la presenza a questo convegno, i cui temi, senza dubbio, saranno fecondi di sviluppo ulteriore per l’azione che vi attende: un’azione da programmare con la sapienza e la preveggenza che merita un compito assolutamente prioritario.

Ci fa piacere specialmente che abbiate studiato a fondo, tra l’altro, il tema dell’evangelizzazione sotto l’aspetto teologico e spirituale. Esso costituisce la spina dorsale dell’azione ecclesiale; e soprattutto col recente Sinodo dei Vescovi, in cui è stato considerato nelle sue varie implicazioni, esso ha ricevuto una nuova spinta nella considerazione della Chiesa universale e delle Chiese locali, venendo riproposto in tutta la sua urgenza questo che è il problema-base, la conditio sine qua non dell’esistenza stessa della Chiesa, fondata da Cristo per la diffusione della lieta novella della salvezza. «Fine proprio dell’attività missionaria - infatti ha detto il Concilio Vaticano II - è l’evangelizzazione e l’impianto della Chiesa in quei popoli e gruppi, in cui ancora non ha messo radici . . . Il mezzo principale di questo impianto è la predicazione del Vangelo di Gesù Cristo, per il cui annunzio il Signore inviò nel mondo intero i suoi discepoli, affinché gli uomini, rinati mediante la Parola di Dio, siano col Battesimo aggregati alla Chiesa, che, in quanto corpo del Verbo incarnato, riceve nutrimento e vita dalla parola di Dio e dal pane eucaristico» (Ad Gentes, 6). L’evangelizzazione è dunque il punto focale, verso cui deve convergere continuamente l’opera dell’intera comunità ecclesiale. Noi facciamo voti che la considerazione del problema sia feconda di applicazioni per il compito primario e insostituibile dell’annuncio del Vangelo nelle singole Nazioni, anche in quelle di antica cristianità, ove il problema di attualizzare il Vangelo e di farlo giungere nelle forme consone alle varie categorie di persone diventa sempre più grave: come è annunciato il Vangelo ai poveri? Ai bambini? alla gioventù? ai lavoratori? ai professionisti, nella vasta gamma delle loro esigenze spirituali? È necessario un ampio e severo esame di coscienza. E là dove l’azione missionaria specifica è ben organizzata, un riflusso benefico di indicazioni e di iniziative non può non riversarsi a vantaggio della catechesi ai diversi livelli, per sostenere la fiamma che deve bruciare nel cuore di ogni vero sacerdote.

Così ci fa piacere che abbiate considerato il tema della cooperazione missionaria, che oggi ha bisogno e di stimolo e di coordinamento, perché tante ricche energie e idee non vadano disperse; né vogliamo lasciare senza una lode speciale l’attenzione che dedicate alle Pontificie Opere Missionarie - e per le quali si sta studiando un nuovo progetto di statuti - le quali sono come il polmone benefico che dà ossigeno a tutto il vasto organismo delle opere missionarie, che vivono nel mondo, in condizioni, spesso, di estremo bisogno.

Dio vi ricompensi, Fratelli carissimi, per tutto quanto fate nel suo Nome: del resto, è Lui stesso che ha promesso, per mezzo del Figlio suo, la mercede dell’apostolo a chi si prodiga per sostenere l’apostolo e il profeta (Cfr. Matth. 10, 41-42; Marc. 9, 41). Siate perciò fiamme che ardono, fiaccole che brillano affinché nelle vostre nazioni sia sempre di più ascoltato e seguito l’impulso dello Spirito Santo, che infonde «nel cuore dei fedeli quello spirito missionario, da cui era stato spinto Gesù stesso» (Ad Gentes, 4), e così l’ideale missionario dia risultati sempre maggiori, in vocazioni, in personale, in generosità per le iniziative di evangelizzazione e per le opere sociali e di beneficenza. E specialmente la «scientia Crucis», negli scacchi apparenti, negli ostacoli, nelle difficoltà, come nella preziosa collaborazione dei malati e dei sofferenti, opportunamente sensibilizzati, vi sia sempre maestra di vita e speranza di Redenzione!

Sia pegno di questi voti la nostra Benedizione Apostolica, che di gran cuore impartiamo a voi e a tutte le dilette Nazioni che oggi rappresentate davanti ai nostri occhi, qui al centro della Chiesa.

 



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