DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL II CONGRESSO INTERNAZIONALE
DEI DELEGATI DEI CENTRI ACCADEMICI
DI STUDI ECCLESIASTICI IN CORSO IN VATICANO
Mercoledì, 1° dicembre 1976
Signor Cardinale e carissimi Delegati delle Università e Facoltà di Studi Ecclesiastici!
Questa nostra visita nell’Aula del Sinodo, dove siete riuniti da oltre una settimana per mettere a servizio della Chiesa, nello spirito della più aperta collaborazione, la qualificata vostra competenza di ricercatori e di docenti, risponde certamente a molteplici ragioni ma s’ispira soprattutto e si esprime in due sentimenti: 1a gratitudine per ciascuno di voi, la stima per il vostro lavoro. Convenuti da diversi Paesi e dai Centri Accademici che promuovono e trasmettono le discipline teologiche e quelle che ad esse si riconnettono, voi avete accolto l’invito della Sacra Congregazione per 1’Educazione Cattolica, al fine di dare attuazione ad una precisa disposizione conciliare: rivedere, cioè, la Costituzione Apostolica «Deus Scientiarum Dominus», e mettere a punto un accurato progetto della nuova legge che dovrà sostituirla (Cfr. Gravissimum Educationis, 11, 5 2: «Ecclesiasticae Facultates, propriis ipsarum legibus opportune recognitis . . .»). A questo vostro impegno così premuroso ed anche generoso, tenuto conto delle distanze e delle varie difficoltà di tempo e di luogo, va, dunque, il Nostro grazie sincero e si rivolge, insieme, la Nostra fiduciosa attesa.
Vi confesseremo che, prima ancora che per motivi oggettivi, è per motivi di ordine personale e psicologico che Noi annettiamo grande importanza alla vostra attività, e la seguiamo, perciò, con attento interesse, essendo convinti che la fede cristiana – di fronte alla sfida di certa scienza profana o, più esattamente, dello scientismo moderno - proprio dagli Istituti Superiori di studi sacri si attende non semplicemente un’efficace e puntuale apologetica, ma una più esatta collocazione, altresì, pari alla trascendente sua dignità, un più definito rapporto di presenza e di contatto nell’ordinamento generale dell’umana cultura, l’accesso più diretto e spedito alle sue sorgenti evangeliche, la conferma della sua incidenza nel segnare e dirigere la vita morale. Al riguardo, vi ripeteremo col Concilio che «la Chiesa si aspetta moltissimo dall’attività delle Facoltà di Scienze Sacre» (Gravissimum Educationis, 11, initium), e ciò vale anche a spiegare il compito che vi è stato assegnato in questa circostanza, di sottoporre ad opportuna revisione, come primi destinatari e diretti interessati, le leggi che regolano le medesime Facoltà.
Ritorniamo così al tema peculiare, ch’è come l’asse del presente Congresso: se spetterà alla Santa Sede emanare a suo tempo – speriamo al più presto - il testo aggiornato di dette leggi, a voi ora è richiesto il contributo della vostra preparazione, della vostra riflessione, della vostra esperienza, della ricchezza stessa delle diverse istanze che qui rappresentate e delle voci distinte, che potete inserire nella discussione preliminare. Difatti, è da considerare concluso il tempo della sperimentazione delle «Normae Quaedam», che scaturirono dal 1 Congresso Internazionale del 1967: gli anni abbastanza numerosi e non di rado cruciali, da allora trascorsi rendono ormai indilazionabile la redazione definitiva.
Da parte nostra, pensiamo - ed è una delle ragioni dell’odierno incontro - di avere qualcosa da dirvi in proposito, rifacendoci alla missione primaria della Chiesa: l’evangelizzazione, un argomento questo che proprio in questa sede è stato approfondito dal più recente Sinodo dei Vescovi, e che Noi abbiamo poi ampiamente trattato nell’Esortazione Apostolica «Evangelii Nuntiandi» (Cfr. PAULI PP. VI Evangelii Nuntiandi: AAS 68 (1976) 5-76). Una tale missione ha carattere onnicomprensivo, sicché, come si è sempre parlato di evangelizzazione a tutti i livelli, a tutti gli ambienti ed a ciascuna categoria di persone, così abbiamo in quel documento parlato di «evangelizzazione delle culture e della cultura» («Evangelio perfundere culturas atque etiam culturam hominis») (Ibid. 19 et 20: AAS 18-19; cfr. etiam Gaudium et Spes, 53); al qual fine sono elettivamente deputate le nostre e vostre Università e Facoltà. Chi potrà, infatti, negare che, nell’ambito di tanto nobile funzione, le Facoltà teologiche e le Facoltà «sorelle» di filosofia, morale, diritto, liturgia, pedagogia, ecc., occupano un posto singolare?
Esse svolgono, innanzitutto, un ruolo dottrinale: in tutti coloro che vi lavorano è espressamente e realmente presente la Chiesa: ivi si insegna, ivi si scruta la fede, il cui deposito è affidato alla Chiesa. Questa, pertanto, non può esservi estranea o rimanere lontana, ma vi si ritrova, in particolare, nella persona di quelli che hanno la responsabilità apostolica ed il conseguente dovere di custodire quel prezioso deposito, di vigilare alla sua purezza ed integrità, di raccogliere e mettere a frutto i lavori che ivi si compiono. Questa attenta presenza del Magistero non può non apparire come un segno della nobiltà, della necessità, della rilevanza del servizio che «pro causa fidei» è svolto all’interno di tali Istituzioni.
Collegato e del pari importante è il loro ruolo pedagogico, perché è in esse specialmente che si formano i futuri maestri della Parola e, tra questi stessi, gli educatori dei Sacerdoti. Questo punto intendiamo richiamare con particolare insistenza alle Facoltà Teologiche ed alle altre Facoltà: è opinione unanime ed universalmente diffusa che le sorti del Sacerdozio e dei Centri di formazione sacerdotale dipendono, per gran parte, dalla scienza e dalla virtù, dalle qualità dottrinali e morali, dagli insegnamenti e dagli esempi degli uomini che educano i futuri Sacerdoti. Sono uomini chiamati da tutte le parti e, se la Chiesa conta molto su di loro, è in definitiva sulle stesse Facoltà che conta, perché lì essi si preparano ed operano. Grande, dunque, è la responsabilità dei Rettori e dei Professori accademici nei confronti dei loro allievi: come sarebbe facile dare loro una piega pericolosa, così è esaltante preparare degni e capaci educatori di Sacerdoti. Ché se oggi la Chiesa guarda con soddisfazione all’accresciuto interesse dei laici per le scienze teologiche e affini ed alla loro affluenza nelle relative Facoltà, essa non dimenticherà mai le cure ben maggiori che si richiedono per la formazione dei sacri ministri.
Inquadrati così i ruoli principali dei vostri Istituti nella missione ecclesiale dell’evangelizzazione, Ci piace aggiungere l’augurio che i lavori del presente Congresso forniscano valide e positive indicazioni, da cui si possano ricavare le linee di una saggia ed appropriata legislazione. Diciamo una legislazione non costrittiva né gretta, ma aperta, protesa al futuro, ricettiva di nuovi succhi vitali. Basterà, a tal fine, che essa sia simultaneamente fedele all’ispirazione della retta fede e alla realtà della vita, cioè conforme alle istanze permanenti della Parola di Dio e del Magistero ecclesiastico, ai suggerimenti dell’esperienza, alle legittime esigenze della gioventù d’oggi. Pensiamo ad una equilibrata legislazione, non pesante e pedante, non lassista e mollemente permissiva, la quale costituisca una guida orientatrice ed un chiaro punto di riferimento contro gli arbitrii e le fantasie temerarie. Se così sarà, essa fornirà le condizioni adatte e quasi l’humus naturale, da cui scaturiranno salutari ed originali iniziative in un settore che non è nostro ma è del Cristo Gesù, autore e perfezionatore della fede (Hebr. 12, 2).
Grazie, dunque, al vostro apporto Ci arride la speranza di poter presto promulgare la nuova Costituzione. Lasciateci, però, ricordare ancora la «Deus Scientiarum Dominus», specie per la mirabile sintesi introduttiva, nella quale il Nostro Predecessore Pio XI di v.m. ha delineato con lucida efficacia le tappe storico-culturali-scolastiche, percorse dalla Chiesa maestra nelle diverse sue età. Ne abbiamo individuate alcune: dalla prima èra apostolica, in cui lo Spirito Santo stesso, con l’abbondanza dei suoi carismi, fu diretto Maestro ai fedeli, al secondo secolo durante il quale fiorirono a Smirne, a Roma, ad Alessandria, ad Edessa eletti domicili di sapienza cristiana; e, più tardi, dagli illustri e celebrati «didascalèia» di Alessandria, di Cesarea e di Antiochia, donde uscirono gli ingegni più alti - «veluti scientiarum optimates» - nella stagione rigogliosa della grande Patristica, fino al sorgere ed al moltiplicarsi delle Scuole Episcopali e Monastiche, quando furono le Chiese ed i Conventi i rifugi sicuri dell’antica cultura ed insieme le fucine operose della incipiente civiltà medioevale. Infine incontriamo il «gloriosum illud mediae aetatis Institutum», cioè le Università degli Studi o Studi Generali, che hanno avuto nella Chiesa - lo ripetiamo, senza iattanza, col Nostro Predecessore - la loro provvida madre e patrona, e che nell’originale e sostanzialmente immodificato disegno son continuati fino ai nostri giorni (Cfr. AAS 23 (1931) 241-247).
Nella successione progrediente di queste tappe, è possibile intravedere una nuova tappa? Sì, dopo le vicende e le trasformazioni incessanti di questo secolo, ormai avviato alla sua conclusione; dopo l’evento provvidenziale del Concilio Vaticano II; dopo i recenti fermenti e i travagli - perché tacerli? - del mondo giovanile e universitario, che non potevano non toccare anche i nostri Centri Accademici, questa tappa è lecito ed auspicabile attenderla. Sarà una tappa - crediamo - di un cammino che non può arrestarsi, ubbidendo esso ad uno stimolo primordiale che Dio ha posto nel cuore dell’uomo: la ricerca inesausta, insaziata, e perciò ricorrente della Verità, il combattimento animoso per la Verità, che non è che Dio stesso! Quel Dio che ha voluto suffragare l’umano sapere con una sorgente ulteriore di divina rivelazione, a cui la fede risponde, e di cui il magistero della Chiesa è custode ed interprete, sollevando e allargando la mente dell’umano pensiero all’intelligenza d’ineffabili verità e confortandola di beatificanti certezze (Cfr. DENZ.-SCHÖN., 3015 ss.). Il lavoro, che state svolgendo in questi giorni, nella misura che servirà a raggiungere o favorirà il raggiungimento di questo ulteriore, ideale traguardo, se ne arricchisce e nobilita.
Con questo auspicio impartiamo a voi ed ai vostri collaboratori la Benedizione Apostolica, pegno di memore benevolenza e propiziatrice dei lumi dell’eterna Sapienza.
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