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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XI
ALL' AMBASCIATORE D'ITALIA,
IL CONTE E SENATORE
CESARE MARIA DE VECCHI DI VAL CISMON*

Martedì, 25 giugno 1929

 

Ringraziamo anche Noi, veniamo anzi da tempo ringraziando il buon Dio Ottimo Massimo datore di ogni bene, e particolarmente Lo ringraziamo, in questo momento, di averCi fatto vivere questa ora e anche questa felice novità di cose che è la sua presenza, signore ambasciatore, nella quale culminano e trovano il loro ultimo compimento avvenimenti così importanti come quelli, dai quali usciamo e che (possiamo ben dirlo) hanno fatto trasalire di gioia, non solo tutta l’Italia, ma tutto il mondo. E dividiamo con lei l’intera fiducia che questa novità di cose, questa novità di rapporti che così bene si avviano, sarà l’annuncio di un avvenire sempre più propizio, sempre più benefico e per la Società e per la Chiesa e per la patria italiana e per la Religione santa nostra.

Parlando di novità di rapporti così felicemente iniziata, lo diciamo, signor conte, con riguardo particolare alla sua persona, lieti che questa novità di cose si inizi e prenda avviamento da quello che Ella rappresenta, di persone e di opere, da quello che Ella è venuta già, facendo per il bene, non solo del Paese, ma anche delle nostre Missioni. Quello che S. M. il Re ci dice delle qualità, dei meriti Suoi, pienamente, anzi in modo del tutto particolare, ci affida così che l’ora che salutiamo ci dà l’augurio sicuro di altre molte belle, sempre più belle e più benefiche, ore. E’ dirle, signor conte, con quali sentimenti la salutiamo qui, in quella che amiamo sempre dire (perché è la grande e bella verità) casa del Padre comune di tutti i fedeli e perciò stesso casa di tutti i figli suoi; è dirle quanto Ella possa contare non solo, sulla Nostra paterna benevolenza, ma anche sul contributo che, con tutto il Nostro cuore, con tutte le Nostre possibilità Noi vogliamo dare all’opera che Ella professa di volere così nobilmente intraprendere; è dirle con qual cuore, con quali sentimenti Noi Le impartiamo tutte quelle benedizioni che ci veniva chiedendo per sé, per il Sovrano che a Noi la invia, S. M. il Re d’Italia, per la Reale famiglia tutta quanta, per tutto il Paese, per l’opera che Ella sta per intraprendere, sicuri che colla benedizione Nostra si accompagni la benedizione di Dio il cui Divino aiuto ci assisterà sempre così, come, colla Sua assistenza, siamo arrivati a quest’ora che, ancora una volta, salutiamo con tutta la soddisfazione, con tutta la compiacenza, con tutta la riconoscenza verso Dio e la Divina Provvidenza alla quale Ella pure elevava così opportunamente e nobilmente il suo pensiero e la sua parola.


*La Civiltà Cattolica, 1929, III, p.171.

 



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