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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII 
AI
PARTECIPANTI AL PRIMO CONVEGNO DEGLI ADDETTI
AGLI ARCHIVI ECCLESIASTICI ITALIANI SVOLTOSI A ROMA*

Castel Gandolfo - Martedì, 5  novembre 1957

 

A coloro che hanno partecipato
in Roma al primo Convegno degli addetti
agli Archivi ecclesiastici italiani.
 

Quanto gradita Ci riesca la vostra visita, Venerabile Fratello e diletti figli, venuti nella eterna Città per celebrare il primo Convegno degli Archivisti Ecclesiastici d’Italia, promosso dalla benemerita « Associazione Archivistica Ecclesiastica », sotto l’alto patronato del degnissimo e dottissimo Signor Cardinale Eugenio Tisserant, Bibliotecario ed Archivista di S.R.C., potrete agevolmente arguire dalla costante sollecitudine da Noi nutrita per il buon ordinamento, la conservazione ed amministrazione di quegl’inestimabili tesori, che sono gli archivi ecclesiastici. Come avemmo il conforto, sin dai primi anni del Nostro Pontificato, di ottenere dagli Ordinari d’Italia il primo loro regolare censimento e la raccolta dei loro inventari-sommari, così vivamente trepidammo per la loro sorte a cagione degli eventi bellici, e Ci adoperammo con ogni cura presso le Autorità civili e di occupazione, affine di preservare gli archivi ecclesiastici e di altro genere da distruzioni e danni, quantunque non si poté impedire che un certo numero di essi, con Nostra profonda amarezza, andassero dispersi.

Nel vedervi pertanto alla Nostra presenza, numerosi ed animati da fervidi propositi nel cercar di perfezionare la vostra opera, mediante il comune studio e il fraterno scambio di notizie, di esperienze e di norme, il Nostro cuore si allieta e vi esprime compiacimento e riconoscenza.

Nel primo annunzio il vostro Convegno era presentato ancora come posto « sotto l’alto Patronato dell’Eminentissimo Signor Cardinale Giovanni Mercati »; ma la Divina Provvidenza ha disposto, nel frattempo, di chiamare al premio dei giusti la elettissima anima dell’umile ed operoso vegliardo, dopo un’intiera vita dedicata agli studi. È giusto e doveroso di ricordare in questa circostanza il suo nome e la sua opera, unitamente al fratello Angelo, mancato ai vivi due anni or sono, come lui appassionato cultore dei tesori del passato. Il grande merito di Angelo Mercati, durante i trent’anni che resse la prefettura dell’Archivio Segreto Vaticano, può commisurarsi dall’immenso lavoro di conservazione e di ordinamento in quel « mare magnum » di atti e documenti di ogni genere, che è stato detto « il centro di ricerche storiche più importante del mondo », non solo per la cospicua mole delle sue raccolte e per la importanza di esse, ma anche perché è sostegno di ogni seria ricerca, miniera inesauribile di scoperte e quasi polo d’attrazione di ogni studioso, nel campo dell’archivistica ecclesiastica.

È ben noto che in tali benemerenze a vantaggio dell’Archivio e della Biblioteca Vaticana si distinse sommamente il fratello di lui, Cardinale Giovanni Mercati, specialmente dall’anno 1936 in poi, quando fu designato all’ufficio di Bibliotecario ed Archivista di S.R.C. A buon diritto si può dire di lui che fosse nato per ricoprire l’uno e l’altro incarico, dotato, com’era, in grado insigne di tutti i requisiti, che quegli alti uffici richiedono. Egli fu uno scienziato nel senso pieno della parola e conforme alla gloriosa tradizione di questa Sede Apostolica. Con l’innata propensione alla erudizione si accompagnava in lui la passione della ricerca, il felice intuito della scoperta, il senso severo della critica, la pazienza nell’accertare, l’ordine nel documentare, l’acume nel coordinare. La sua scrupolosità di scienziato, che coltiva in sommo grado il rispetto verso la verità storica, lo manteneva immune da quegli errori, spesso cagionati dalla fretta, dalle lusinghe o dalla polemica. Una eloquente testimonianza, di tutte queste doti è offerta dal famoso palinsesto degli « Esapla », da lui scoperto nel 1893 all’Ambrosiana, ma che, dopo oltre 60 anni, tre giorni prima della sua morte, era ancora sul tavolo di lavoro, sottoposto al vaglio della sua critica « incontentabile ». Quest’opera, tuttavia, non gli aveva impedito di attendere ad arricchire sempre più il suo ingente patrimonio di erudizione e di pubblicare oltre 420 monografie od articoli intorno ai più svariati argomenti. Il Cardinale Mercati si è dimostrato, in una parola, degno successore di quegli insigni luminari, che lo avevano preceduto, compreso e formato, e con cui aveva collaborato, con amichevole intesa di mente e di cuore, quali il Cardinale Francesco Ehrle, Achille Ratti, che fu poi Nostro glorioso Predecessore nel Pontificato, il Beato Contardo Ferrini, Antonio Ceriani ed altri.

Ma, quantunque dedito agli studi, egli attese con pari diligenza e fervore agli obblighi pratici che gli derivavano dai predetti uffici, curando in modo speciale il buon andamento ed il felice sviluppo dei Corsi di Paleografia e Diplomatica, come anche di quelli di Archivistica e di Biblioteconomia. A lui inoltre Noi stessi siamo debitori, se il Nostro desiderio di censire gli archivi ecclesiastici d’Italia ebbe un felice risultato. Egli attese all’incarico, e lui affidato nel 1942, con ogni diligenza e con paziente fermezza nel superare gli ostacoli frapposti dagli eventi bellici. Lo schedario di questo censimento, depositato nell’Archivio Vaticano, non dà soltanto informazioni preziose sul contenuto dei singoli archivi vescovili, capitolari, parrocchiali, di santuari, monasteri, conventi ed istituti religiosi, ma parla altresì dell’alacre diligenza e della serietà di metodo del Cardinale Mercati, ed insieme della valida cooperazione così dei suoi egregi collaboratori, come dei Vescovi, Superiori religiosi e loro Archivisti, trascinati dall’esempio di Lui.

In tal modo è giusto che la dedizione dei due fratelli Mercati, Giovanni ed Angelo, alla Biblioteca e all’Archivio della Sede Apostolica sia perennemente ricordata negli annali di questi insigni Istituti Pontifici.

E poiché le recenti benemerenze non sono che i più vicini anelli dell’aurea catena nella tradizione archivistica della Santa Sede, Ci sembra opportuno nella presente circostanza di spingere lo sguardo più addietro, per commemorare, sia pure con rapidi cenni, quei Nostri Predecessori, che maggiormente si adoperarono nel promuovere la conservazione e l’ordinamento degli archivi ecclesiastici, specialmente italiani.

Innanzi tutto merita di essere menzionato Pio V, il Santo tra i Papi del cinquecento. Alle brevi disposizioni del Concilio di Trento, sull’obbligo di conservare i documenti ecclesiastici [1], San Carlo Borromeo aveva dato per tutta la Provincia milanese una esecuzione assai minuta [2], riguardante gli argomenti da notare, i registri da tenere, gli inventari da fare in tre copie, di cui una sempre per l’archivio vescovile, anche per ciò che riguardava i monasteri femminili, ove, fra l’altro, s’imponeva alla Superiora l’obbligo di ricordare ai genitori della postulante la scomunica sancita dal Concilio di Trento [3] contro coloro che costringono una fanciulla riluttante ad abbracciare lo Stato religioso [4]. Al quale proposito si potrebbe essere tentati di pensare alla celebre narrazione, in cui Alessandro Manzoni nei « Promessi Sposi » ha messo in luce alcuni lati, in verità ben tristi, della civiltà del seicento. Pio V [5] confermò quei regolamenti e statuti del santo Arcivescovo di Milano.

Il suo, sebbene non immediato, successore Sisto V con la idea di un Archivio ecclesiastico generale o centrale per tutta l’Italia dà l’impressione di essere, per così dire, del tempo nostro. In ogni modo egli resterà nella storia dell’archivistica e biblioteconomia come riformatore della conservazione degli archivi ecclesiastici in Italia, e degli archivi notarili nei territori dello Stato Pontificio.

Alle sapienti e lungimiranti prescrizioni di ambedue questi Sommi Pontefici si debbono attribuire la ricchezza e il valore relativamente alto degli archivi ecclesiastici in Italia, che fanno di questa terra quasi uno scrigno di tesori storici a vantaggio della religione e della cultura.

Due Papi, che per il nostro argomento conviene siano nominati insieme, sono Clemente VIII e Paolo V, i quali ressero la Chiesa tra la fine del cinquecento e l’inizio del seicento. Al primo spetta il merito di aver tentato la fondazione di un Archivio segreto pontificio; al secondo di averla attuata. Già dall’inizio del quattrocento, documenti di speciale importanza vennero custoditi in Castel Sant’Angelo. Sisto IV vi fece trasportare i più preziosi « privilegi della Chiesa Romana ». Clemente VIII mise a disposizione di quella raccolta di documenti una bella sala nel piano superiore del Castello. Pensò di collocarvi tutti i tesori di archivio della Santa Sede, ed è noto che egli per l’incremento della Biblioteca Vaticana, come per i suoi tentativi archivistici, ebbe collaboratori di primo ordine, quali il Baronio e Domenico Rainaldi.

Quello che Clemente VIII aveva ideato, la fusione cioè dei tesori archivistici della Santa Sede in un solo Archivio segreto, Paolo V condusse a compimento, però non a Castel Sant’Angelo, ma accanto alla Biblioteca Vaticana, nella lunga ala parallela ai giardini vaticani. Numerosi volumi dei famosi « Registri », grandi fondi dell’archivio della Camera Apostolica e la maggior parte di quel materiale archivistico che si trovava nella guardaroba papale, vale a dire là dove poi fu collocato l’archivio della Segreteria di Stato, infine una parte dell’archivio di Castel Sant’Angelo: tutto ciò formava il contenuto dell’Archivio Segreto Vaticano. Ma la sua vera grandezza apparve con quell’atto generoso e di larga veduta, col quale Leone XIII aprì nel 1881 l’Archivio Segreto Vaticano alla ricerca scientifica. Prima però di parlare, sia pur brevemente, di questo memorabile evento storico, desideriamo attirare la vostra attenzione sopra un altro Nostro Predecessore, Pontefice piissimo e di santa vita, la cui azione proprio per quello che interessa il vostro Convegno, è specialmente di esempio e di sprone: intendiamo dire Benedetto XIII.

Il suo pontificato, del resto relativamente breve, non lasciò in verità larghe o profonde tracce; egli fu però fervido fautore e promotore esemplare degli archivi ecclesiastici.

Già come Vescovo di Manfredonia (Siponto) e di Cesena, e come Arcivescovo di Benevento, Vincenzo Maria Orsini, il futuro Benedetto XIII, aveva messo grande sollecitudine nella fondazione, nell’ordinamento e nella visita regolare di archivi vescovili o della diocesi, dei capitoli e delle parrocchie. Egli stesso li eseguì con ottimo risultato: raccolse nell’archivio arcivescovile di Benevento non meno di 13.837 pergamene in 908 volumi. L’attenzione dello studioso viene destata dal fatto, che a Benevento (e certamente anche altrove), già nel trecento era comminata la scomunica contro coloro che avessero sottratto documenti dalle curie vescovili; più tardi, sotto l’Arcivescovo Orsini, il 15° Concilio Provinciale del 1698 lamentava « non defuisse qui, cathedrali suo viduata pastore, in episcopale archivium, conniventibus qui custodire tenebantur, manus iniecisse[nt]; et ne delictorum cognitio vel vindicta uspiam consequatur, processus surripuisse[nt] et occultasse[nt] » e stabiliva di procedere contro i colpevoli, applicando le pene già previste per simili casi dal precedente Concilio Provinciale del 1693 [6].

A ciò corrisponde una serie di disposizioni, altrettanto minuziose quanto sagge, emanate da Benedetto XIII, con la Costituzione « Maxima vigilantia » del 14 Giugno 1727 [7], la quale mirava alla salvaguardia degli archivi vescovili anche durante la vacanza della Sede. Prescriveva essa infatti (n. 6) « un catalogo, inventario e sommario delle scritture chiuse in archivio », anche (n. 8) per « le chiese conventuali, collegi, seminari, convitti, congregazioni, confraternite, ospedali, monti di pietà e altri luoghi pii ». « Nei monasteri femminili», così disponeva nel n. 7, « e nei conservatori l’inventario e il catalogo saranno composti e firmati da persona deputata dal Vescovo od Ordinario, davanti al confessore e all’abbadessa o priora, superiora e vicaria del monastero ». Degli inventari e dei cataloghi — proseguiva —si debbono fare « due copie uguali » di cui una sarà conservata nell’archivio vescovile, l’altra presso il relativo prelato o superiore o superiora (n. 9). Per prevenire abusi e truffe, gli archivi saranno chiusi « con due chiavi diverse » che sono conservate da due persone diverse (n. 10). La Costituzione dava inoltre regole esatte, fra l’altro, sulla visita degli archivi (n. 13-15), la elezione di archivisti (n. 16), e sui documenti o libri da conservarsi negli archivi stessi (n. 17-18).

Questo importante Documento, per esplicito riconoscimento degli storici, ebbe assai buon effetto sugli archivi ecclesiastici, ed anche in tempi recenti lo stesso Stato Italiano si dimostrò riconoscente per le indicazioni contenute nei libri parrocchiali, e in quelli sullo stato delle anime, perché assai utili all’avanzamento dei moderni studi demografici [8].

Abbiamo già accennato all’atto dell’immortale Pontefice Leone XIII, con cui aprì l’Archivio Vaticano alle indagini degli studiosi. Fu quello un atto coraggioso, ispirato dalla tranquilla coscienza della Chiesa circa il passato, dalla certezza che « la storia, studiata nelle sue vere fonti con animo sgombro di passione e di pregiudizî, riesce spontaneamente per sé stessa la più splendida apologia della Chiesa e del Papato » [9]. Nessuno invero, umanamente parlando, sapeva, e, considerata la vastità dei fondi dell’Archivio, non solo nel loro insieme, ma anche per i singoli Pontificati, specialmente per i più lunghi, nessuno poteva, né può ancora sapere in precedenza, se mai forse vi si trovasse o vi si trovi alcunché di non confacente alla dignità e all’onore della Chiesa. I fatti però hanno del tutto giustificato la magnanimità e la fiduciosa sicurezza di quel grande Pontefice. Le ricerche nell’Archivio e le pubblicazioni consecutive non hanno diminuito, ma invece aumentato, e non poco, il rispetto e l’autorità morale dei Sommi Pontefici, della Santa Sede e della Chiesa. Spesso quelle pubblicazioni hanno provocato una gradevole sorpresa, specialmente presso non-cattolici. Anche questo Archivio quindi riecheggia la parola del Signore: « Et ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi »[10].

Occorre qui aggiungere una osservazione di principio: I Sommi Pontefici, anche dopo l’apertura del loro Archivio, sono stati sempre consapevoli di poterne disporre da Sovrani. L’Archivio Segreto Vaticano ha primariamente uno scopo espresso [11] con le note parole: « …serve prima di tutto e principalmente al Romano Pontefice e alla sua Curia, ossia alla Santa Sede » nell’amministrare la Chiesa universale. Né si può parlare di un obbligo di rendere conto di questa amministrazione al pubblico o alle generazioni future. La « suprema ratio » che vale anche qui, sarà il « bonum commune », quello della Chiesa, ed anche quello degli Stati e delle Autorità civili, con cui la Chiesa era od è in rapporti. In questo « bonum commune » può entrare ed entrerà spesso l’intenzione dei Sommi Pontefici di spiegare dinanzi alla posterità il loro modo di pensare e di agire.

Quell’atto di Leone XIII aveva anche un altro effetto: per lo studio e le indagini, e del resto anche per l’uso amministrativo, era raccomandabile di riunire tutti i fondi archivistici pontifici in un Archivio centrale. Così nei decenni che hanno susseguito l’apertura dell’Archivio Segreto Vaticano, quasi tutti quei vari fondi, del Laterano, delle Congregazioni Romane, degli Uffici e Tribunali Pontifici, delle Nunziature, di fondi particolari e archivi aggiunti, come quelli delle famiglie pontificie Borghese, Rospigliosi, Boncompagni ed altre, acquistati nel frattempo dalla Santa Sede, sono stati inseriti nel già esistente Archivio Segreto Vaticano.

In tal guisa, — Ci sia permessa una semplice similitudine — come i ruscelli scaturiti da balze montane, ignari l’uno dell’altro, se abbandonati al loro corso, spesso si disperdono inutilmente in aridi deserti, se invece sono raccolti e condotti con perizia là ove ne sia il bisogno, apportano fecondità e refrigerio ad intiere regioni; così i singoli archivi, dopo secoli di premure e d’indefesso lavoro da parte dei Sommi Pontefici e di valenti archivisti, preservati prima da manomissioni e fatti quindi confluire nell’alveo dell’Archivio Segreto Vaticano, sono ora fonti di universale erudizione. Questo, infatti, per la immensità e il valore delle sue raccolte, mentre è sostegno degli altri archivi ecclesiastici, può essere anche additato come loro modello, e tale sarà ogni giorno più, poiché dalla Sede Apostolica si è fatto e si fa di tutto, da una parte, per conservare e ordinare i suoi fondi, dall’altra, per rendere il loro uso, quanto è possibile, agevole e comodo.

Il medesimo scopo si prefissero le istruzioni emanate dalla S. Sede per l’incremento degli altri archivi ecclesiastici, particolarmente con la Lettera Circolare del Cardinale Segretario di Stato ai Vescovi d’Italia del 15 Aprile 1923. Secondo lo spirito di queste prescrizioni e raccomandazioni, vi esortiamo anche a pubblicare, ove sia opportuno e possibile, per mezzo vostro o di altri, quanto nei vostri archivi vi è dato trovare di vero interesse storico o di utilità, specialmente per la Teologia pastorale e per la cura delle anime.

Lasciatevi pure muovere ad indagare nei vostri archivi non solo dal nobile impulso, vorremmo dire, di esploratori della erudizione, ma anche dallo zelo della gloria di Dio e dell’onore della Sposa di Cristo, poiché è lecito supporre che molto del vero, del bello, del pio resta ancora nascosto tra i fogli ingialliti dal tempo, che, se interrogati, saprebbero anche oggi dare fulgida testimonianza a Colei che vive e vivrà perennemente nella storia del mondo, la Santa Chiesa.

Affinché il vostro primo Convegno sia in tal modo ricco e fecondo di frutti anche spirituali, impartiamo di cuore a voi qui presenti e ai vostri studi la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


[1] Cf. Sess. XXIV de reform. matrim., cap. 1 e 2.

[2] Acta Ecclesiae Mediolanensis ab eius initiis usque ad nostram aetatem, opera et studio presb. Achillis Ratti, vol. II, Mediolani 1890, col. 112-113, 263-265, 275-276, 1710 e segg.

[3] Sess. XXV de reform., cap. 18.

[4] Acta Eccl. Mediol. ecc., col. 133.

[5] Col Breve « Inter omnes » del 6 giugno 1566. Bullar. Rom., t. IV, p. 2, Romae, 1745, pp. 299-301.

[6] Constit. I, c. 2. Synodicon Dioecesanum S. Beneventanae Ecclesiae, II, Beneventi 1723, p. 48.

 [7] Bullar. Rom., t. XII, Romae 1736, pp. 221-225.

[8] Cf. Lettera del Card. Mercati del 1° novembre 1942, capov. « L’uno è che presentemente ».

[9] Lettera di Leone XIII del 18 agosto 1883. Ep. ad Principes. Registro 1882-83.

[10] Matth., 28, 20.

[11] Nel Regolamento del 1927 [n. 1] approvato dal S.P. Pio XI.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIX,
 Diciannovesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1957-1° marzo 1958, p. 551-558
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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