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DISCORSO DI PAOLO VI
AL SACRO COLLEGIO

Sabato, 24 maggio 1967

 

Signori Cardinali!

Ancora una volta la divina Provvidenza Ci concede questo incontro augurale, doppiamente commemorativo, della festa cioè del Santo, che, ricevendo Noi il santo Battesimo, Ci fu dato per nome, a Nostra protezione e a Nostro esempio, e che, quasi a conferma ed a segno della missione messianica della santa Chiesa romana, è da lei onorato come titolare della sua Basilica Cattedrale; incontro commemorativo altresì come Ella, Signor Cardinale Decano, si compiaceva testé di ricordare, del quarto anniversario della Nostra elezione a Successore dell’Apostolo Pietro in questa Sede episcopale e pontificale. I voti, di cui ora abbiamo ascoltato l’eletta e cordiale espressione, rendono l’animo Nostro pieno di quei sentimenti, che al tempo stesso lo sollevano e lo umiliano, lo inebriano e lo confondono. Ci è spontaneo appoggio a questa spirituale trepidazione tutto rivolgere a Dio, al Cui Nome soltanto vogliamo che sia onore e gloria, e in Lui riconoscere il segreto e il paterno principio delle vicende, onde la Nostra umile vita acquista senso e dovere di apostolico servizio; e quindi Ci è doveroso sollievo ricambiare le parole devote e gentili, che Ci sono state rivolte, con quelle della Nostra riconoscenza, e non solo per esse, ma ancor più per l’aiuto altresì e per l’assistenza che il Sacro Collegio, e con esso la Curia Romana, ed il Nostro Vicariato diocesano, prestano all’opera Nostra nel governo pastorale della Chiesa intera e dell’Urbe.

E voglia il Signore tradurre questi Nostri sentimenti di stima e di riconoscenza in grazie copiose per le loro venerate persone, Signori Cardinali, e per quanti Ci sono benevoli, fedeli e validi collaboratori nei gravi e molteplici uffici di questa Sede Apostolica, affidata alle Nostre cure, umili e deboli, ma pur vigilanti ed amorose.

Il Signor Cardinale Decano ha voluto accennare ad alcuni atti della Santa Sede in quest’ultimo periodo successivo al Concilio. Questo rapido sguardo Ci invita a completare l’elenco di tali atti, ricordando fra i principali quelli rivolti alla esecuzione dei Decreti conciliari.

ATTI DI ESECUZIONE DEI DECRETI CONCILIARI

1. Il Motu Proprio Ecclesiae Sanctae del 6 agosto 1966, nel quale sono contenute importanti norme esecutive di ben quattro Decreti conciliari: l’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa, il ministero e la vita dei Sacerdoti, il rinnovamento della vita religiosa, l’attività missionaria.

2. Con altro Motu Proprio Catholicam Christi Ecclesiam, del giorno dell’Epifania, furono costituiti due nuovi organismi della Santa Sede: il «Consilium de Laicis», per il servizio e la promozione dell’apostolato dei laici, e la Commissione «Iustitia et Pax», che rappresenta l’attuazione dell’ultimo voto del Concilio, e del quale corona l’edificio, con la specifica funzione «di tener desto l’occhio, sensibile il cuore e pronta la mano della Chiesa» per l’opera di giustizia e di pace che essa è chiamata a svolgere nel mondo. I due organismi hanno già iniziato il loro lavoro: hanno effettuato una prima riunione plenaria dei rispettivi membri e consultori, delineando - sotto la guida del loro Presidente - il programma da svolgere nei prossimi mesi.

L’Enciclica Populorum progressio, pubblicata nella settimana di Pasqua e accolta nel mondo con vivo interesse e favore, costituisce in particolare per i membri della Commissione «Iustitia et Pax» un testo basilare, che orienterà la loro riflessione ed azione.

3. Nel settore del rinnovamento liturgico si è avuta una copiosa produzione di nuovi documenti, dei quali ricordiamo:

- l’Istruzione Musicam Sacram, resa pubblica il 5 marzo, Domenica «Laetare», nella quale sono stabilite le norme principali che devono regolare l’esecuzione della musica e del canto sacro nelle funzioni liturgiche;

- l’Istruzione Tres abhinc annos, pubblicata il giorno dell’Ascensione (4 maggio), che viene ad aggiungersi alla Istruzione Inter Oecumenici, del 26 settembre 1964, nella quale e stabilita una serie di adattamenti da introdursi nei sacri riti, per rendere sempre più cosciente ed attiva la partecipazione dei fedeli alla Sacra Liturgia, ed in particolare al santo Sacrificio della Messa;

- l’Istruzione de Cultu Mysterii Eucharistici, emanata nella festa del «Corpus Domini» (25 maggio), che, accanto ai principi generali per la catechesi al popolo sul Mistero eucaristico, espone i criteri e le norme per rendere più comprensibili i segni sotto i quali «la Cena del Signore», l’Eucaristia, è celebrata come «memoriale della morte del Signore» ed è adorata nella Chiesa come «Sacramento permanente».

4. Nel campo dell’ecumenismo sono, in particolar modo, da menzionare:

- il Decreto della Sacra Congregazione «pro Ecclesia Orientali», del 22 febbraio scorso, con nuove norme sui matrimoni misti fra cattolici ed orientali non-cattolici battezzati, il quale si aggiunge all’Istruzione Matrimonii Sacramentum della Sacra Congregazione «pro Dottrina Fidei» sui matrimoni misti, promulgata il 18 marzo dello scorso anno;

- la prima parte del Direttorio per l’applicazione delle decisioni del Concilio sull’Ecumenismo, reso pubblico il giorno di Pentecoste (14 maggio) dal Segretariato per l’Unione dei Cristiani con la Nostra approvazione. I principi e le norme di questo documento - ne siamo certi - serviranno a far diffondere in tutti i fedeli il sano spirito ecumenico, che esige anzitutto rinnovamento di vita cristiana, esclude l’irenismo, l’indifferentismo ed i compromessi sulla verità, e implica invece carità e fedeltà alla linea tracciata dal Concilio.

5. Vi è un altro settore dell’organizzazione della Chiesa, nel quale le deliberazioni e i voti del Concilio si trovano ormai in fase di avanzata realizzazione: quello cioè delle Conferenze Episcopali, del ripristino del Diaconato permanente e del «Synodus Episcoporum».

- È a tutti noto che le Conferenze Episcopali non rappresentano un’innovazione del Concilio: in numerosi Paesi o Regioni, infatti, esse da vari anni svolgono un’efficiente funzione di coordinamento delle attività pastorali dei Vescovi. Il Concilio ha voluto che le Conferenze nazionali dei Vescovi venissero inserite, in forma stabile, nell’ordinamento della Chiesa, secondo principi e norme comuni, alle quali devono uniformarsi gli Statuti di ogni Conferenza. Molti Episcopati hanno già elaborato i nuovi Statuti, ottenendone la dovuta approvazione da questa Sede Apostolica; in altri Paesi o territori, dove non si aveva traccia di tali Conferenze, i Vescovi del luogo le hanno stabilite, in conformità con le norme del Decreto Christus Dominus.

- Per quanto riguarda il ripristino del Diaconato, nello scorso mese di febbraio si riunì qui in Roma un gruppo speciale di studio, composto di Arcivescovi e Vescovi dei cinque continenti; dopo attento esame delle proposte ivi elaborate, sta ora per essere pubblicato il documento pontificio che darà alla questione la sua conveniente norma canonica.

- Come già annunziammo in occasione degli auguri natalizi, il 29 settembre prossimo si riunirà per la prima volta il «Synodus Episcoporum», al quale sono state date le norme che ne dovranno disciplinare lo svolgimento. Noi Ci attendiamo un’attiva partecipazione dei rappresentanti di tutto l’Episcopato cattolico, chiamati ad esprimere il loro saggio parere su argomenti di grande importanza e gravità. Si tratta, infatti, di questioni dottrinali che da qualche tempo sembrano polarizzare l’attenzione e la preoccupazione dei Pastori e dei fedeli; questioni che tendono a ricercare i metodi adeguati per una migliore preparazione dei candidati al sacerdozio; questioni che si riferiscono ai criteri ai quali dovrà essere informata la nuova redazione del Codice di Diritto Canonico o ai nuovi adattamenti di alcuni sacri riti liturgici.

6. Sono da ricordare, infine, anche altri documenti pontifici, i quali, pur non connessi direttamente col Concilio, da esso hanno preso ispirazione e norma: - la Costituzione Apostolica Paenitemini, del 17 febbraio 1966, sulla disciplina penitenziale della Chiesa, che richiama il significato e l’importanza interiore del precetto divino della Penitenza;

- la Costituzione Apostolica Sacrarum Indulgentiarum recognitio, del 1° gennaio dell’anno in corso, in virtù della quale si sta attuando l’auspicata riforma delle Indulgenze;

- l’Enciclica Sacerdotalis Caelibatus, pubblicata ieri, che, col riguardo dovuto alla disciplina delle Chiese Orientali, ripropone al Sacerdozio cattolico la conferma della legge vigente e la valorizzazione cosciente della sua piena consacrazione a Cristo e alla Chiesa.

CARATTERI DEL LAVORO COMPIUTO

Questi sono gli atti pubblici che, con l’aiuto dell’Altissimo, si sono emanati durante i diciotto mesi trascorsi dalla chiusura del Concilio, nel lungo e sovente arduo cammino dell’attuazione delle sue decisioni e dei suoi voti.

L’attività svolta dalla Santa Sede in questo periodo, come ognuno può vedere, riveste due caratteri: intensità di lavoro e fedeltà al Concilio. Si vorrà riconoscere che si procede con alacrità e fermezza, e con spirito di sincera fedeltà alla lettera e soprattutto allo spirito del Concilio.

La mole del lavoro eseguito attesta altresì la buona efficienza della Curia Romana, non che la vitalità della Chiesa, la quale, perennemente ringiovanita dallo Spirito di Dio, studiandosi di interpretare le istanze dei tempi nuovi, dal Concilio ha tratto e trae continuamente nuova luce e forza per adempiere la sua missione salvatrice per tutti.

FEDELTÀ AL CONCILIO

Ma oltre il lavoro che potremmo chiamare legislativo e normativo, proprio della Sede Apostolica, è doveroso ricordare la intensissima ed efficace azione pastorale condotta su larga scala in tutta la Chiesa nel periodo postconciliare. Lo Spirito di Dio ha veramente continuato la sua opera.

Ci è pertanto gratissimo segnalare al plauso e alla riconoscenza della Chiesa universale i molteplici ed illustri esempi offerti dai Nostri venerati Fratelli nell’Episcopato, i quali non hanno risparmiato sforzi per animare le loro Chiese secondo le norme e secondo lo spirito del Concilio.

Anche da parte Nostra non abbiamo trascurato occasione alcuna - e Ci sembra di poterlo affermare, «coram Deo», con tranquilla coscienza - per richiamare gli insegnamenti del Concilio, mantenerne vivo ed operante nella Chiesa lo spirito, incoraggiarne e stimolarne l’applicazione. Abbiamo più volte illustrato il ricco e positivo bilancio del Concilio, affermando che le sue conclusioni sono altamente impegnative per tutti, e che la sua preziosa eredità è destinata a non estinguersi, ma a guidare l’azione e la vita della Chiesa in avvenire, penetrando profondamente negli animi mediante l’interiore rinnovamento di cui il Concilio stesso si è fatto promotore.

Per non venir meno al Nostro dovere dottrinale e pastorale, abbiamo dovuto più volte nei Nostri discorsi rettificare le tendenze rivolte a interpretazioni inesatte e arbitrarie degli insegnamenti conciliari, e a stimolare il senso d’una sincera ortodossia verso la dottrina autentica della Chiesa, raccomandando per ciò stesso l’imprescindibile necessità di un continuo confronto e di una leale adesione al magistero ecclesiastico, a cui si deve riconoscere il carisma d’una perenne ed operante assistenza dello Spirito animatore della Chiesa e Maestro di ogni rivelata verità.

Abbiamo perciò richiamato talora quanti ascoltano la Nostra umile e franca voce a farsi del Concilio un giusto concetto dottrinale, di conferma, di coerenza, di sviluppo del patrimonio dogmatico della Chiesa, evitando il pericolo di certe diffuse opinioni, che insinuano una arbitraria valutazione del Concilio, quasi che questo grande avvenimento ecclesiale possa giustificare una concezione del cattolicesimo difforme da quella già ben definita, e autorizzare libere ipotesi di diverse e discordanti ideologie religiose (se pur della religione cattolica conservano sempre il senso e l’amore). E così abbiamo messo in guardia il Popolo di Dio da visioni inadeguate o capziose del Concilio; ed ancora lo facciamo e lo faremo, fidando nel consenso corale dell’Episcopato, nell’ausilio da Noi sollecitato, anche in occasione del Congresso internazionale di Teologia, degli studiosi e dei maestri nella Chiesa di Dio, e fidando parimente nel senso della fede proprio delle anime buone, credenti e seguaci della Parola di Cristo, quale la Chiesa madre e maestra loro annuncia ed interpreta.

Assecondando la voce dello Spirito, con visione chiara e realistica dei veri bisogni della Chiesa, Ci siamo fatti pellegrini di preghiera a Fatima, ivi dichiarando che la prima Nostra intenzione era rivolta alla Chiesa, «alla sua pace interiore», affinché taluni turbamenti avvertiti in certi segni sintomatici di disorientamento, non abbiano a prevalere, disperdendo le molte energie e speranze, che il Concilio ha suscitate nel seno della Chiesa, bensì queste ne «abbiano a maturare in larghissima misura i frutti» (cf. L’Osservatore Romano, 14 maggio 1967).

AMORE ALLA CHIESA

Con la fedeltà al Concilio deve crescere, Noi pensiamo, in ciascuno di noi, lasciateci dire, l’amore alla Chiesa: amore che è ammirazione per il disegno divino che in essa si compie; amore che è gaudio per l’appartenenza alla «stirpe eletta e al regale sacerdozio»; amore che è fonte dell’imperioso bisogno di transfondere negli altri la fortuna della vocazione cristiana, affinché essi pure abbiano ad inserirsi nel Corpo mistico di Cristo.

Noi vorremmo che la stessa fiducia manifestata verso la Chiesa che ieri ha convocato il Concilio, venisse da tutti rivolta, in forma altrettanto piena e leale, verso la stessa Chiesa che oggi interpreta il Concilio e con ogni mezzo ne favorisce e ne sollecita l’applicazione. Sì. Dobbiamo amare la Chiesa, se vogliamo che lo Spirito di Dio abiti in mezzo a noi. Ce lo dice in modo perentorio S. Agostino: «Anche noi riceviamo lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa, se siamo compaginati dalla carità, se godiamo del nome e della fede cattolica. Crediamolo, fratelli: nella misura in cui uno ama la Chiesa, egli ha lo Spirito Santo» (In Io. Tract. 32, 8; P.L. 35, 1645-46).

Riconosciamo che l’insegnamento ecclesiastico ha davanti a sé un arduo compito: quello di formulare la fede cristiana in termini adeguati e comprensibili per la mentalità moderna e di rispondere ai tanti problemi che le pongono il progresso dell’esegesi e degli studi religiosi, nonché lo sviluppo del pensiero scientifico. Esso, tuttavia, non deve cadere nel relativismo e nel soggettivismo propri di certa mentalità moderna; non deve cedere a quanto il pensiero umano o non comprende o non vuole accogliere; esso non deve tentare una deformazione della fede, bensì illuminarla, farla risplendere di nuovo splendore, affinché sia «luce vera, che illumina ogni uomo» (cf. Io. 1, 9); esso infine non deve sostituire con uno arbitrario e soggettivo il compito vero ed autentico assegnato dal Nostro venerato Predecessore Giovanni XXIII al Concilio: «. . . ut iterum magisterium ecclesiasticum affirmetur».

DOVERI E SPIRITO DELLA CURIA ROMANA

Questi brevi accenni, che meriterebbero ben più largo sviluppo, vogliono riallacciarsi a quanto Ella, Signor Cardinale Decano, Si è compiaciuto di rievocare sulla difesa da Noi prestata alla dottrina religiosa; e rievocano nel Nostro spirito la Nostra esortazione rivolta alla Curia Romana raccolta per la celebrazione del Giubileo straordinario, nella quale chiedevamo «un’adesione schietta e senza riserve, volonterosa anzi e pronta a dare suffragio di pensiero, di azione e di condotta» alle conclusioni del Concilio (cf. L’Osservatore Romano, 24 aprire 1966).

Alla fedeltà al Concilio e all’amore alla Chiesa, ora delineati, sarà sempre ispirata, non ne dubitiamo, la vostra opera di diretti collaboratori del Nostro pastorale ministero. Voi continuerete a darne le prove più sincere ed evidenti con la dedizione disinteressata al servizio della Santa Sede e della Chiesa, che Noi conosciamo; col mostrarvi strumenti sempre idonei e competenti per il grande lavoro proprio del centro della Chiesa, senza mai per questo tralasciare di mantenere vivo il vostro sacerdozio in qualche contatto diretto con le anime; attendendo con fiduciosa serenità il graduale completamento della riforma della Curia, che si avrà introducendo le modifiche strutturali consigliate dalle esigenze del tempo per dare maggiore efficienza ai suoi vari organismi.

Avrete la Nostra fiducia e l’a Nostra riconoscenza; e siamo certi che vorrete seguirci esemplarmente nel cammino che, a servizio della Chiesa, il Signore Ci assegna ancora da percorrere.

PENSIERI DI PACE

Ella, finalmente, Signor Cardinale, ha accennato con nobili parole alla Nostra umile opera a favore della pace. Quanto ameremmo veder progredire la pace, la vera pace nel mondo!

Continueremo a sostenere la pace che sta percorrendo le sue difficili vie, sicuri di interpretare il Messaggio del Figlio di Dio fatto Uomo e l’anelito dell’umanità.

Nello svolgimento della Nostra missione pastorale la causa della pace trova fondamentali ragioni e valido sostegno, perché Dio, Padre di tutti, ci chiama ad una fratellanza universale.

Abbiamo già detto altra volta che la pace «è un bene risultante, un bene derivato»; essa scaturisce, infatti, dal rapporto che l’uomo instaura con Dio e con i suoi fratelli.

La volontà di pace esclude l’adorazione di sé e l’egoismo, perché suppone l’adorazione di Dio e l’amore di Dio e del prossimo, nella purezza e sincerità del cuore. Così la pace, se è un dono che scende da Dio, ha da essere anche una espressione di buona volontà, che sale dal cuore dell’uomo, punto strategico da vivificare con la luce e la grazia di Dio.

BENEDIZIONE

Ispirati a questi pensieri di pace, fiduciosi nella vostra preghiera e nella vostra collaborazione, ringraziamo Voi, Signori Cardinali, per averci onorati della vostra presenza; e a Voi, ai Membri della Prelatura e della Curia Romana impartiamo di cuore la Nostra Apostolica Benedizione.

                              



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