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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA IV RIUNIONE PLENARIA
DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE PER L’AMERICA LATINA

Venerdì, 23 giugno 1995

 

Signori Cardinali,
Amati Fratelli nell’Episcopato,
Cari sacerdoti, religiosi e laici,

1. Con sommo piacere questa mattina ricevo i partecipanti alla IV Riunione Plenaria e alla Sessione Generale della Pontificia Commissione per l’America Latina, organismo della Curia Romana che ha come obiettivo originario quello di “promuovere ed animare la Nuova Evangelizzazione di tale Continente” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII/2 [1989] 1459). Questa Pontificia Commissione serve anche per la comunione fra le Chiese di quelle Nazioni del Continente della speranza e la Sede di Pietro. Ringrazio vivamente il Signor Cardinale Bernardin Gantin per le gentili parole che, a nome di tutti, ha voluto rivolgermi.

2. Mi ha fatto molto piacere sapere che avete iniziato i vostri lavori con una riflessione teologico-biblica su Gesù Cristo Evangelizzatore. Egli è “il primo ed il più grande Evangelizzatore” (Evangelii Nuntiandi, 7), “Vangelo del Padre” ed “Evangelizzatore vivente nella sua Chiesa” (Documento di Santo Domingo, I e II). Egli guida il cammino della Chiesa universale e, conseguentemente, quello delle Comunità ecclesiali dell’America Latina verso il terzo millennio cristiano.

Quando il nome di Gesù fu annunciato per la prima volta nel Nuovo Mondo cinquecento anni fa, “il mistero di Cristo, Salvatore dell’uomo” iniziò a diffondersi fra quei “popoli del Continente americano”: uomini e donne “erano conosciuti sin dall’eternità da Dio, e da lui sempre abbracciati con la paternità che il Figlio ha rivelato “nella pienezza del tempo” (cf. Gal 4, 4)” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV/1 [1992] 3).

3. Cinque secoli di Evangelizzazione, con tutte le sue vicissitudini, luci ed ombre – “più luci che ombre” – (cf. I Cammini del Vangelo, 8), hanno pian piano plasmato un cattolicesimo che nell’ultimo secolo, senza escludere prove dolorose ed intense, ha fatto sì che in quel Continente questo sia anche il “secolo della Chiesa”.

Il Concilio Plenario Latinoamericano, convocato dal mio predecessore, il Papa Leone XIII, e tenutosi qui a Roma nell’anno 1899, e le quattro Conferenze Generali dell’Episcopato Latinoamericano – Rio de Janeiro, Medellin, Puebla e Santo Domingo – sono andati sempre più in profondità nella linea della Nuova Evangelizzazione di quei popoli. A ciò ha contribuito in maniera notevole anche il CELAM, che prossimamente compirà 40 anni di esistenza (cf. Messaggio al CELAM, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII/1 [1995] 1002 ss.). A ciò contribuirà anche, in modo efficace ed incisivo, il Sinodo d’America che è già in preparazione.

4. Come fu messo in risalto nel Discorso inaugurale della Conferenza di Santo Domingo, “condizione indispensabile per la Nuova Evangelizzazione è poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV/2 [1992] 336; cf. Pastores dabo vobis, 82). Per questo è assai appropriato il tema scelto per la vostra Riunione. Dinnanzi all’avvento del terzo millennio avete esaminato il problema degli Evangelizzatori: Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, tenendo presente l’importanza della solidarietà e della cooperazione, in ordine ad uno scambio di doni fra le Chiese.

Ai Vescovi, con i presbiteri, loro immediati collaboratori, spetta, per mandato divino e per la natura gerarchica della Chiesa, un compito primario nell’Evangelizzazione. In effetti tra le loro funzioni principali emerge l’annuncio del Vangelo (cf. Lumen Gentium, 25). Da ciò la necessità della presenza assidua, attiva, vigilante e stimolante dei Pastori fra i loro collaboratori e fra i propri fedeli.

Anche i religiosi e le religiose, per la loro vocazione e dedizione, hanno una funzione speciale nell’opera di evangelizzazione. Ben conosciuto è il grande lavoro missionario tanto generoso ed efficace che essi hanno realizzato e che continuano a realizzare (cf. I Cammini del Vangelo, 2-3).

La Chiesa, inoltre, è cosciente del fatto che per portare a termine quest’opera ha bisogno della cooperazione attiva dei laici e, fra essi, di quella dei giovani, chiamati ad essere evangelizzatori degli stessi giovani. In quest’opera anche la famiglia, santuario domestico dove iniziano e si consolidano la vita cristiana e la vocazione all’apostolato, detiene un ruolo fondamentale.

5. Per questo intendo chiedere alle famiglie cattoliche dell’America Latina di essere generose nell’agevolare i propri figli e le proprie figlie a seguire la chiamata al sacerdozio e alla vita consacrata (cf. Pastores dabo vobis, 82), in modo che una fioritura di vocazioni assicuri la diffusione ed il sostegno del cristianesimo in quel caro Continente, così come l’azione apostolica e missionaria.

Ai giovani rivolgo un appello a farsi più disponibili nella loro donazione a Cristo al servizio della Chiesa (cf. Pastores dabo vobis, 82). Essi sanno bene che al Signore, se non si dà tutto, non si è dato niente. Per questo voglio ricordare che “ho una grande fiducia nella capacità [dei giovani] di essere autentici interpreti del Vangelo” (Messaggio, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/1 [1995] 1248). Essi saranno gli artefici dell’Evangelizzazione nel terzo millennio e dipende da loro se l’America Latina, Continente evangelizzato in questi cinquecento anni, diventerà nel terzo millennio un Continente evangelizzatore che guarda all’Europa, l’Africa e i popoli dell’Asia, così come è il caso delle Isole Filippine, che furono evangelizzate dalla Spagna attraverso il Messico.

 

© Copyright 1995 - Libreria Editrice Vaticana

 



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