PIO XI
(1857-1939)
Ambrogio Damiano Achille Ratti, che diverrà Papa col nome di Pio XI, nasce a Desio (Milano) il 31 maggio 1857, quartogenito di Francesco — direttore della locale filanda di Pietro Conti di Pusiano, di cui verrà proprietario alla fine del 1863 — e di Teresa Galli.
Educato negli anni dell’infanzia dal cappellano scolastico don Giuseppe Volontieri, che su incarico della Congregazione della Carità desiana aveva aperto presso la sua abitazione corsi di un solo anno, frequenta dal 1863 al 1866 nel limitrofo borgo di Seregno le prime classi elementari con la maestra Maria Cantù, detta Marzellina, così come Achille Locatelli, che Pio XI eleverà alla porpora cardinalizia nel suo primo Concistoro nel 1922. Ospite dello zio don Damiano Ratti, prevosto di Asso, frequenta la terza elementare dal maestro Eugenio Prina nell'anno scolastico 1866-1867. Il Padre Francesco, dopo aver ceduto la filanda nella primavera del 1867 ai Fratelli Bozzotti di Milano, si trasferisce a Milano, nel vicolo del Cantoncello nella Contrada del Bottonuto, presso Porta Romana, e con la moglie Teresa e tre dipendenti gestisce un albergo. Achille il 5 novembre 1867 entra nel Seminario ginnasiale di San Pietro Martire a Seveso.
Il padre nell'autunno del 1870 ritorna all'antico lavoro chiamato a Carugate (Milano) a dirigere la filanda dei Fratelli Riva e qui rimane sino al 1876. IL giovane Achille, dopo aver frequentato i primi quattro anni al Seminario di San Pietro a Seveso, passa al primo biennio di liceo nel Seminario di Monza ed al terzo corso nel Collegio San Carlo di Milano, dove si prepara per la licenza liceale, conseguita da privatista presso il liceo Parini nell'anno scolastico 1874-1875. Allievo, successivamente, del Seminario Maggiore di Milano dall'anno scolastico 1875-1876 per i primi tre anni di teologia e per l'ultimo (1878-1879) al Seminario di San Pietro Martire a Seveso, dove insegnerà alla quarta classe del Collegio S. Martino, trasferito da Mozzate in quella sede.
Nel frattempo avviene un nuovo trasferimento del padre Francesco, che assume nel 1876 la direzione del Setificio Gottardo Guest a Pinerolo (Torino), dove risiede con la famiglia sino al 1879. Il giovane Achille nell'ottobre 1879 viene trasferito a Roma presso il Seminario Lombardo. Due mesi dopo, il 20 dicembre 1879, a ventidue anni e mezzo di età, viene ordinato sacerdote nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Il padre Francesco è presente alla cerimonia, ma nel frattempo ha assunto la direzione della filanda dei Fratelli Gadda a Caronno Milanese (Varese) dove rimarrà sino alla morte, il 4 luglio 1881.
Il 1882 è l’anno della sua consacrazione culturale. Il 13 marzo presso la Pontificia Facoltà della Sapienza consegue la laurea in teologia; il 9 giugno dello stesso anno, presso l’Università Gregoriana, la laurea in diritto canonico e il 23 giugno, presso la Pontificia Accademia di San Tommaso, la laurea in filosofia.
Tornato a Milano, alla fine del 1882 viene chiamato ad insegnare sacra eloquenza e teologia dogmatica in quello stesso Seminario teologico del quale era stato alunno. Nel novembre 1888 viene cooptato fra i dottori della famosa Biblioteca Ambrosiana, della quale diviene prefetto nel 1907 e dove rimane fino al 1912. In questi anni trascrive e pubblica rarissimi codici e documenti d’archivio; riordina la Biblioteca della Certosa di Pavia, la Biblioteca e la Pinacoteca Ambrosiana, il Museo Settala; recupera e restaura i codici e le pergamene del Capitolo del Duomo di Milano danneggiati da un incendio; si adopera impegnativamente in diverse iniziative culturali ottenendo fra l’altro il riconoscimento di membro effettivo della Regia Deputazione di Storia Patria per le antiche province lombarde e di socio del Regio Istituto Lombardo e Veneto di scienze e lettere. Nel frattempo egli svolge con zelo la sua attività sacerdotale quale cappellano, per oltre vent’anni, delle Suore di Nostra Signora del Cenacolo di Milano. Compatibilmente con il tempo a disposizione, innamorato com’è della montagna, si dedica all’alpinismo, compiendo ardite imprese addirittura sul Monte Rosa nel 1889 e sul Monte Bianco nel 1890.
Chiamato a Roma nel febbraio 1912 dal Pontefice Pio X quale vice-prefetto della Biblioteca Vaticana, ne diviene prefetto il 1° settembre 1914. Nonostante le difficoltà dell’ora, causate dalla prima guerra mondiale dichiarata dall’Austria-Ungheria contro la Serbia il 28 luglio 1914 e dalla Germania contro la Russia il successivo 1° agosto, il bibliotecario Achille Ratti (elevato alle dignità di Canonico vaticano e di Protonotario apostolico soprannumerario) consacra alla Biblioteca Vaticana le sue eccezionali doti culturali e la sua consolidata competenza professionale unificando i diversi cataloghi degli stampati, continuando la catalogazione dei manoscritti, promuovendo l’edizione fototipica della Geografia di Tolomeo e incrementando il gabinetto del restauro.
Improvvisamente egli è costretto ad interrompere la sua attività di bibliotecario. Nel maggio 1918 il Papa Benedetto XV, vedendo in lui la persona adatta, lo manda in Polonia e in Lituania, dotato della qualifica di Visitatore apostolico, con il compito di ricostituire in quelle nazioni le sconvolte condizioni della Chiesa. Impegnandosi senza cedimenti — com’è nel suo severo carattere — egli si adopera a rivitalizzare quel vasto mondo cattolico, spossato dalla guerra, da quattro anni di occupazione tedesca nonché da sanguinose lotte regionali. Poiché il Governo polacco ripristina relazioni diplomatiche con la Santa Sede, il 3 luglio 1919 il Visitatore apostolico Achille Ratti viene confermato rappresentante dell’autorità pontificia con il titolo di Nunzio apostolico, e il successivo 28 ottobre viene consacrato Arcivescovo nella Cattedrale San Giovanni di Varsavia, alla presenza del Presidente della Repubblica Polacca.
Ma nell’agosto 1920 la Polonia viene invasa dalle truppe bolsceviche. Tutti i diplomatici fuggono, ma il Nunzio Achille Ratti resta al suo posto dichiarando a padre P. Theissling, generale dei Domenicani, presente in quei giorni a Varsavia: «Mi rendo perfettamente conto della gravità della situazione, ma questa mattina, celebrando la messa, ho offerto la mia vita a Dio. Io sono prete in qualsiasi circostanza ». Più tardi, ottemperando all’ordine di Benedetto XV, sulla fine dell’anno lascia la Polonia e rientra in Italia per assumere l’incarico di Arcivescovo di Milano e per ricevere la nomina a Cardinale, con il titolo presbiterale di San Martino ai Monti.
L’8 settembre 1921, nel corso della cerimonia svoltasi nel Duomo per la « presa di possesso » della diocesi di Milano, il nuovo Arcivescovo, forte delle tante esperienze maturate in diversi paesi stranieri ed in linea con la sua consolidata convinzione a dover giungere al superamento della « questione romana », esalta Roma quale capitale del mondo: « È sovrattutto stando all’estero che si vede e tocca con mano fino a qual punto il Papa è il più grande decoro d’Italia: per lui tutti i milioni di cattolici che sono nell’universo mondo si rivolgono all’Italia come a una seconda patria; per lui Roma è veramente la capitale del mondo; e bisogna chiudere gli occhi all’evidenza per non vedere — almeno nell’attuale rivolgersi di tutti gli Stati al Papa — per non vedere, dico, quale prestigio e quali vantaggi potrebbero dalla sua presenza derivare al nostro paese, quando fosse tenuto il debito conto del suo essere internazionalmente e sopranazionalmente sovrano, che i cattolici di tutto il mondo gli riconoscono per divina istituzione ».
Nei pochi mesi trascorsi nella capitale lombarda, l’8 dicembre 1921 il Cardinale arcivescovo Achille Ratti ha la soddisfazione di inaugurare — anche quale Legato pontificio — l’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la fondazione della quale si era ripetutamente adoperato in passato associandosi a padre Agostino Gemelli sulla necessità d’istituire in Italia un ateneo nel quale si realizzasse « l’armonia della fede e della ragione… Soltanto un istituto di alta cultura scientifica, dove il Dio delle scienze e la scienza di Dio tengano il posto che loro serbarono Dante e Manzoni, soltanto una tale istituzione può procurare alla restaurazione e rinascita cristiana della società i più utili elementi di azione e di reazione, di direzione soprattutto ».
A seguito della morte di Benedetto XV (22 gennaio 1922), il successivo 2 febbraio si riunisce il Conclave con l’intervento di 53 cardinali. Quattro giorni dopo, al quattordicesimo scrutinio, Achille Ratti viene eletto Papa con 42 voti (6 più del quorum richiesto). Egli assume il nome di Pio XI e, con gesto dirompente, impartisce la tradizionale benedizione «Urbi et orbi » dalla loggia esterna di San Pietro, che era rimasta chiusa da quando nel 1870 il Regno d’Italia si era impadronito del Vaticano. I fedeli assiepati nella piazza acclamano gridando «Viva Pio XI. Viva l’Italia ». Si tratta di un episodio che va registrato fra quelli che porteranno alla soluzione della « questione romana ».
Questo, della riconciliazione fra la Santa Sede e l’Italia, costituisce uno degl’impegni programmatici più convinti del nuovo Papa, che sceglie la pace quale motto del suo pontificato: « Pax Christi in regno Christi ». Pace fra gli uomini, pace fra tutte le realtà. Fin dal 1905, come mi riferì mons. Giovanni Galbiati in un lungo incontro nella Biblioteca Ambrosiana e come pubblicai nel quotidiano « il Resto del Carlino » di Bologna del 20 gennaio 1959, Achille Ratti aveva ripetutamente auspicato con lui la Conciliazione: « Se al Papa si garantisse in sicurezza di proprietà il Vaticano, e non solo in uso come prevede la legge delle Guarentigie, qualunque Pontefice addiverrebbe alla Conciliazione con lo Stato italiano ». Ed effettivamente, fra i tanti meriti che vanno riconosciuti a Pio XI, quello di aver assicurato la pace religiosa agl’italiani rappresenta un titolo privilegiato.
Già nella prima Enciclica, la Ubi arcano del 23 dicembre 1922, egli richiama il problema: « L’Italia nulla ha o avrà da temere dalla Santa Sede: il Papa, chiunque egli sia, ripeterà sempre: Ho pensieri di pace, non di afflizione; pensieri di pace vera, e perciò stesso non disgiunta da giustizia, sicché possa dirsi: La giustizia e la pace si sono baciate. A Dio spetta addurre quest’ora e farla suonare; agli uomini savi e di buona volontà non lasciarla suonare invano; essa sarà tra le ore più solenni e feconde per la restaurazione del Regno di Cristo e per la pacificazione d’Italia e del mondo ».
E l’ora suonerà quando l’11 febbraio 1929 verrà sottoscritto il Trattato con il quale la Santa Sede « riconosce il Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia con Roma capitale dello Stato italiano » e a sua volta « l’Italia riconosce lo Stato della Città del Vaticano sotto la sovranità del Sommo Pontefice »
Pio XI, a buon diritto, esprime ripetutamente e in più sedi la propria soddisfazione per il risultato raggiunto, che si accompagna sul piano diplomatico agli altri undici Concordati con altrettanti Stati e ai cinque Accordi internazionali da lui conclusi su particolari questioni.
Assai numerosi sono i titoli di merito che il Papa Ratti può vantare per l’attività svolta in diversi settori nel corso dei diciassette anni, 1922-1939, in cui ha governato la Chiesa.
Sul piano strettamente religioso e dottrinario è doveroso ricordare — oltre la celebrazione di alcuni grandi Santi, quali San Francesco di Sales, San Tommaso d’Aquino, San Giosafat, San Francesco d’Assisi e Sant’Agostino — le quattro Encicliche definite « magnifiche colonne » dal Vescovo Angelo Giuseppe Roncalli, che diverrà Papa con il nome di Giovanni XXIII.
Nella Divini illius Magistri del 31 dicembre 1929 Pio XI rivendica alla Chiesa e alla famiglia il diritto primario di educare i giovani: diritto inviolabile ed anteriore a quello dello Stato. L’educazione voluta dalla Chiesa ha come fine proprio e immediato di cooperare con la grazia divina per formare il vero e perfetto cristiano. «Non si deve mai perdere di vista che il soggetto dell’educazione cristiana è l’uomo tutto quanto, spirito congiunto al corpo in unità di natura, in tutte le sue facoltà, naturali e soprannaturali, quale ce lo fanno conoscere e la retta ragione e la Rivelazione: cioè l’uomo decaduto dallo stato originario, ma redento da Cristo e reintegrato nella condizione soprannaturale di figlio adottivo di Dio, benché non nei privilegi preternaturali dell’immortalità del corpo e dell’integrità o equilibrio delle sue inclinazioni ».
Nella Casti connubii del 31 dicembre 1930, richiamandosi all’Enciclica Arcanum Divinae del 10 febbraio 1880 di Leone XIII, Pio XI condanna il neopaganesimo che, sostenendo una formale emancipazione della donna, insidia in realtà la famiglia saldata da Dio nell’unità matrimoniale. «Quanto grande sia la dignità del casto connubio, si può principalmente riconoscere da ciò che Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio dell’Eterno Padre, quando assunse la natura dell’uomo decaduto, in quella amorosissima economia con la quale compì la totale riparazione del nostro genere umano, non solo volle comprendere in maniera particolare anche questo principio e fondamento della società domestica e quindi del consorzio umano, ma richiamandolo inoltre alla primitiva purità della istituzione divina, lo elevò a vero e grande sacramento della Nuova Legge, affidandone perciò tutta la disciplina e la cura alla Chiesa sua Sposa ».
Nella Quadragesimo anno del 15 maggio 1931, Papa Ratti celebra, spiega ed integra l’Enciclica Rerum novarum di Leone XIII pubblicata il 15 maggio 1891, illustrando analiticamente nel rapporto imprese-lavoratori quel vasto complesso d’insegnamenti che caratterizza il « cattolicesimo sociale ». « Essendo dunque l’ordinamento economico moderno fondato particolarmente sul capitale e sul lavoro, devono essere conosciuti e praticati i precetti della retta ragione, ossia della filosofia sociale cristiana, concernenti i due elementi menzionati e le loro relazioni. Così, per evitare l’estremo dell’individualismo da una parte, come del socialismo dall’altra, si dovrà soprattutto avere riguardo del pari alla doppia natura, individuale e sociale propria, tanto del capitale o della proprietà, quanto del lavoro ».
Nell’Enciclica Ad Catholici sacerdotii del 20 dicembre 1935, Pio XI esalta la sublimità del sacerdozio cattolico e la sua provvidenziale missione nel mondo. « Il sacerdote è, per vocazione e mandato divino, il precipuo apostolo e l’indefesso promotore dell’educazione cristiana della gioventù; il sacerdote in nome di Dio benedice il matrimonio cristiano e ne difende la santità ed indissolubilità contro gli attentati e le deviazioni suggerite dalla cupidigia e dalla sensualità; il sacerdote porta il più valido contributo alla soluzione o almeno alla mitigazione dei conflitti sociali, predicando la fratellanza cristiana, a tutti ricordando i mutui doveri della giustizia e della carità evangelica, pacificando gli animi inaspriti dal disagio morale ed economico, additando ai ricchi e ai poveri gli unici beni a cui tutti possono e devono aspirare ».
Ricordando l’attività religiosa di Papa Ratti, è doveroso registrare che nel corso del suo lungo pontificato ha canonizzato Giovanni Fisher (1469-1535) e Tommaso Moro (1478-1535), vittime dello scisma di Enrico VIII; Giovanni Bosco (1815-1888), fondatore dei Salesiani e Teresa del Bambino Gesù (1873- 1897), modello di semplicità e di carità. Inoltre, ha dichiarato dottori della Chiesa Alberto Magno (1193-1280), Pietro Canisio (1521-1597), Giovanni della Croce (1542-1591) e Roberto Bellarmino (1542-1621). Ma non deve assolutamente essere ignorata la coraggiosa azione anche politica che Pio XI ha svolto in difesa dei valori cristiani.
Già nel 1926, quando nel Messico i cattolici vengono barbaramente perseguitati, egli insorge il 18 novembre con l’Enciclica Iniquis afflictisque condannando i sopraffattori: « Se nei primi secoli della Chiesa e in altri tempi successivi si trattarono i cristiani in modo più atroce, non accadde forse mai e in nessun luogo che, conculcando e violando i diritti di Dio e della Chiesa, un ristretto numero di uomini, senza alcun riguardo alle glorie avite, senza sentimento di pietà verso i propri concittadini, soffocasse in ogni modo la libertà della maggioranza con arti così meditate, aggiungendovi una parvenza di legislazione per mascherare l’arbitrio ». Analoghe condanne delle ripetute persecuzioni messicane vengono energicamente espresse dal Pontefice con le Encicliche Acerba animi del 29 settembre 1932 e Fermissimam constantiam del 28 marzo 1937: « Si è cercato di colpire un punto vitale della Chiesa: l’esistenza del clero e della gerarchia cattolica, nel tentativo di eliminarle gradatamente dalla Repubblica ». « Di fronte alle frequenti accuse fatte alla Chiesa di essere indifferente ai problemi sociali, o inetta a risolverli, non si rinunci a proclamare che soltanto la dottrina e l’opera della Chiesa, assistita com’è dal divino suo Fondatore, possono portare rimedio ai gravissimi mali che travagliano l’umanità ».
Difficile, senza dubbio, è l’intervento che Pio XI è costretto a compiere il 29 giugno 1931 con l’Enciclica Non abbiamo bisogno nei confronti del Governo italiano che, sotto la spinta di estremisti fascisti, ha sciolto le Associazioni giovanili ed universitarie dell’Azione Cattolica. Nonostante il Pontefice goda ancora della luce derivatagli dai recenti Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929 (luce, peraltro, contestata fin da allora da minoranze laiciste ad oltranza), tuttavia non usa mezzi termini per denunciare « durezze e violenze, fino alle percosse ed al sangue, e irriverenze di stampa, di parola e di fatti, contro le cose e le persone, non esclusa la Nostra, che precedettero, accompagnarono e susseguirono l’esecuzione dell’improvvisa poliziesca misura, che bene spesso ignoranza o malevolo zelo estendeva alle associazioni ed enti neanche colpiti dai superiori ordini, fino agli oratori dei piccoli ed alle pie congregazioni di Figlie di Maria ». La protesta ottiene un parziale accoglimento da parte del Governo fascista, che con un accordo del 2 settembre 1931 riconosce nuovamente l’Azione Cattolica Italiana, ma in forma diocesana, senza una direzione centrale.
I drammatici avvenimenti verificatisi nella cattolica Spagna dopo gli esiti elettorali del 12 aprile 1931 che vedono la vittoria dei socialisti e dei repubblicani e, due giorni dopo, la caduta della monarchia, richiamano l’attenzione preoccupata della Santa Sede. Nel gennaio 1932 i Gesuiti vengono espulsi dal paese, e nel settembre dello stesso anno vengono confiscati tutti i loro beni. Dopo qualche mese, questo provvedimento viene esteso alle proprietà di tutti gli ordini religiosi. Chiese e conventi sono devastati. L’educazione dei giovani viene secolarizzata. Con l’Enciclica Dilectissima Nobis del 3 giugno 1933 Pio XI protesta energicamente. «Ora non possiamo non levare nuovamente la voce contro la legge, testé approvata, intorno alle confessioni e congregazioni religiose, costituendo essa una nuova e più grave offesa non solo alla religione e alla Chiesa, ma anche a quegli asseriti princìpi di libertà civile sui quali dichiara basarsi il nuovo Regime Spagnolo ». …«Da quanto abbiamo esposto, appare evidente… che la lotta mossa alla Chiesa nella Spagna, più che a incomprensione della fede cattolica e delle sue benefiche istituzioni, si debba imputare all’odio che contro il Signore e il suo Cristo nutrono sètte sovvertitrici di ogni ordine religioso e sociale, come purtroppo vediamo avvenire nel Messico e nella Russia ».
Gli anni di pontificato di Papa Ratti sono stati attraversati intensamente da due violente ideologie politiche abbracciate e sostenute da potenti Stati: il nazionalsocialismo dalla Germania di Hitler e il comunismo dall’Unione Sovietica di Stalin. Nel 1937, quando risultano superati tutti i limiti della sopportazione diplomatica, Pio XI interviene con due energiche Encicliche: il 14 marzo con la Mit brennender Sorge (Con viva ansia) contro il Reich nazista e il 19 marzo con la Divini Redemptoris contro il comunismo ateo dominante in Russia. Condannando senza riserve il neopaganesimo tedesco, il Papa afferma che « non Ci stancheremo neanche nell’avvenire di rinfacciare francamente alle autorità responsabili l’illegalità delle misure violente prese finora, e il dovere di permettere la libera manifestazione della volontà ». Analogamente, il Pontefice si esprime con risoluta sentenza contro il materialismo ateo: «Dove il comunismo ha potuto affermarsi e dominare, — e qui Noi pensiamo con singolare affetto paterno ai popoli della Russia e del Messico — ivi si è sforzato con ogni mezzo di distruggere (e lo proclama apertamente) fin dalle sue basi la civiltà e la religione cristiana, spegnendone nel cuore degli uomini, specie della gioventù, ogni ricordo. Vescovi e sacerdoti sono stati banditi, condannati ai lavori forzati, fucilati e messi a morte in maniera inumana; semplici laici, per aver difeso la religione, sono stati sospettati, vessati, perseguitati e trascinati nelle prigioni e davanti ai tribunali ».
Sacerdote nel più ampio significato della parola, Pio XI si è preoccupato di accrescere l’attività missionaria, consacrando in San Pietro sei Vescovi cinesi il 28 ottobre 1926 (si veda in proposito l’omelia Iam finis) e successivamente altri Vescovi indigeni; si è impegnato affinché fossero conosciuti e tenuti nel debito conto i problemi delle Chiese orientali; si è dedicato con zelo e convinzione alla formazione ed alla santificazione del clero; ha dato un forte impulso agli studi umanistici ed alla valorizzazione dell’arte sacra; ha promosso tre Giubilei accolti con larghissima partecipazione dalla cattolicità.
Un riconoscimento particolare viene riservato al Papa Ratti dal mondo della comunicazione sociale. Il 12 febbraio 1931, nel nono anniversario della sua incoronazione, presentato da Guglielmo Marconi egli inaugura la potente stazione della Radio Vaticana, inviando a tutti, in lingua latina, il messaggio Qui arcano Dei. Lo storico documento è indirizzato specificatamente da Pio XI, Pontefice della Chiesa universale, « a tutto il creato, a Dio, ai cattolici, alla gerarchia, ai religiosi, ai missionari, a tutti i fedeli, agli infedeli e dissidenti, ai governanti, ai sudditi, ai ricchi, ai poveri, agli operai e ai datori di lavoro, agli afflitti e perseguitati ». Del modernissimo servizio radiofonico il Pontefice si servirà altre volte anche negli anni successivi, inviando messaggi ad uditori lontani, riconoscente a Guglielmo Marconi che l’11 febbraio 1933 gli metterà a disposizione anche la Stazione radio ad onde ultracorte, dal Pontefice definita « primato di scientifica utilità ».
Ammalatosi gravemente nel gennaio 1939, il Papa Achille Ratti si è spento il successivo 10 febbraio, alla vigilia di compiere il diciassettesimo anno di pontificato. Le sue spoglie riposano nelle Grotte Vaticane, accanto alle tombe di Benedetto XV e Pio X.
La voce che prima di morire egli stesse redigendo un documento contro la discriminazione razziale ed il regime fascista non ha trovato conferma. Il testo dell’ultimo incompleto discorso di Pio XI, rimasto a lungo inedito, è stato reso noto dal Papa Giovanni XXIII il 6 febbraio 1959. Esso verrà pubblicato alla fine del prossimo volume dedicato al Papa Ratti.
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