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CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

 

PER PROMUOVERE E CUSTODIRE LA FEDE

Dal Sant’Uffizio alla Congregazione per la Dottrina della Fede

 

INDICE

 

Prefazione

Testo

Origine ed evoluzione del Sant’Uffizio

Le riforme del primo Novecento

La Congregazione per la Dottrina della Fede

Il Dicastero secondo la costituzione apostolica Pastor bonus

Personale, uffici, procedure

L’esame delle dottrine

Normativa per i delitti riservati

La Pontificia Commissione Biblica

La Commissione Teologica Internazionale

La Pontificia Commissione Ecclesia Dei

Documentazione

Appendice 1Serie dei Cardinali Segretari (1602–1966) e Prefetti (dal 1966)

Appendice 2Lettera apostolica sotto forma di motu proprio Integrae servandae

Appendice 3Costituzione apostolica Pastor bonus (articoli 48–55)

 


 

PREFAZIONE

 

I Pastori della Chiesa, che hanno la missione di annunziare la parola della salvezza ricevuta nella divina Rivelazione, hanno il dovere di custodire integro il deposito della fede affidato loro da Cristo. Per adempiere al meglio tale compito, nel corso della plurisecolare storia della Chiesa i Sommi Pontefici si sono serviti di diversi strumenti secondo le necessità che si presentavano. Con il tempo sono sorti vari Dicasteri, allo scopo di facilitare il governo della Chiesa tutelando l’osservanza delle leggi emanate, favorendo le iniziative per realizzare i fini propri della Chiesa, risolvendo le controversie eventualmente sorte. In questo contesto va inquadrata l’origine della Congregazione per la Dottrina della Fede. La rinnovata ricerca documentaria sulla storia di questa istituzione ci sta oggi consegnando  una immagine a tinte meno fosche di quanto non fosse avvenuto per il passato, immagine che ha consentito di superare i pregiudizi di carattere ideologico e sfatare molti luoghi comuni ad essa collegati. Tale nuova immagine si fonda anche su alcune apprezzabili iniziative editoriali che stanno mettendo a disposizione di un vasto pubblico testi poco conosciuti al di fuori della cerchia ristretta degli addetti ai lavori.

Il progresso degli studi è stato favorito dall’apertura dell’archivio storico della Congregazione per la Dottrina della Fede. In quella occasione, il 23 gennaio 1998, l’allora Prefetto Card. Joseph Ratzinger, ebbe a dichiarare: «L’apertura del nostro Archivio si ispira al compito stesso assegnato dal Santo Padre alla nostra Congregazione di “promuovere e tutelare la dottrina sulla fede e i costumi di tutto l’orbe cattolico”. Sono sicuro che aprendo i nostri Archivi si risponderà non solo alle legittime aspirazioni degli studiosi, ma anche alla ferma intenzione della Chiesa di servire l’uomo aiutandolo a capire se stesso leggendo senza pregiudizi la propria storia» (Card. Joseph Ratzinger, «La soglia della verità», in Avvenire, 23 gennaio 1998, p. 21).

In questo contesto di nuova e favorevole stagione si colloca il presente opuscolo, il cui scopo è insieme informativo (livello storico) e formativo (educazione alla fede). In esso vengono presentati: L’origine e l’evoluzione del Sant’Uffizio; Le riforme del primo Novecento; La Congregazione per la Dottrina della Fede; Il Dicastero secondo la costituzione apostolica Pastor bonus. Si offrono altresì informazioni dettagliate per quanto riguarda la struttura e l’organizzazione sia della Congregazione per la Dottrina della Fede (personale, uffici, procedure, esame delle dottrine, normativa per i delitti riservati), sia degli altri organismi ad essa collegati: la Pontificia Commissione Biblica, la Commissione Teologica Internazionale e la Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

La Congregazione per la Dottrina della Fede, come ogni altro Dicastero della Curia Romana, è un’istituzione di diritto ecclesiastico, a servizio del Santo Padre, nella sua missione universale, per ciò che riguarda la dottrina sulla fede e sulla morale. Essa ha il compito di vigilare affinché la professione della retta fede sia la guida di tutta l’attività della Chiesa: la liturgia, la predicazione, la catechesi, la vita spirituale, l’azione ecumenica, la dottrina sociale, ecc.

Nell’attuale contesto della società e della Chiesa, contrassegnato da rapidi cambiamenti culturali, politici, tecnici ed economici, nonché da un’opinione pubblica sempre più omologata a modelli e indirizzi proposti dai mezzi di comunicazione sociale di massa, si può comprendere come la Congregazione per la Dottrina della Fede sia posta quotidianamente di fronte ad una sfida assai ardua.

Lo sforzo del Dicastero è quello di riuscire a discernere nel flusso delle problematiche culturali e delle opinioni teologiche emergenti i nuclei di pensiero e le proposte più significative. Occorre quindi studiare questi problemi, approfondirli nelle loro radici ultime e proporre in merito una valutazione e linee orientative che si ispirano al Vangelo ed alla Tradizione cattolica. Questa azione viene condotta in conformità con la natura specifica della Chiesa, Popolo di Dio, nella sua duplice dimensione di comunità universale e di comunità locale.

La vita nella Congregazione per la Dottrina della Fede è fatta di colloqui, di sessioni di studio, di fitta corrispondenza con Vescovi, Nunzi e Superiori di Istituti in tutto il mondo. I rapporti con i principali Dicasteri della Santa Sede si fanno più intensi in occasione della elaborazione di documenti ufficiali o della preparazione di decisioni che concernono la dottrina della fede e la vita morale. Così si comprende anche la presenza, presso la Congregazione, della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale, che le offrono l’ausilio di una consulenza variegata e competente nei diversi campi. E allo stesso tempo con i loro documenti aiutano anche il cammino di approfondimento della fede di tutta la Chiesa.

L’attività di ascolto si esplica in particolare nelle periodiche visite ad limina, in cui tutti i Vescovi hanno la possibilità di esporre le problematiche dei loro Paesi e di chiedere indicazioni in proposito. Periodicamente inoltre alcuni rappresentanti della Congregazione si recano nei diversi continenti, per un incontro con i Presidenti delle Commissioni Dottrinali delle Conferenze Episcopali, allo scopo di esaminare insieme i problemi dottrinali più rilevanti. Si cura anche una periodica rassegna delle riviste teologiche di tutto il mondo, per essere costantemente informati sui nuovi sviluppi della teologia. Per certe questioni più difficili la Congregazione stessa provvede ad un approfondimento del tema tramite specifici Simposi di esperti mondiali.

Possa questo utile strumento favorire tra i fedeli la crescita e la maturazione della fede, perché la Parola di Dio si diffonda e porti frutto.

Gerhard Card. Müller, Prefetto

Città del Vaticano, 19 marzo 2015
Solennità di San Giuseppe

 


 

PER PROMUOVERE E CUSTODIRE LA FEDE

Dal Sant’Uffizio alla Congregazione per la Dottrina della Fede

 

La trasmissione della fede cristiana è affidata alla Chiesa intera. Questo compito fondamentale spetta dunque a tutti i cristiani, ma in modo speciale la promozione e la custodia della fede sono assicurate dal Papa e dai Vescovi in comunione con la Chiesa di Roma. Così, fin dai primi secoli la preoccupazione  di difendere l’ortodossia è stata presente nel cristianesimo, in forme ovviamente differenti a seconda dell’evolvere dei diversi contesti storici.

Alla prima metà del XIII secolo, sotto il pontificato di Gregorio IX (1227–1241) risalgono invece le origini dell’inquisizione medievale, nata con il fine principale di reprimere ogni forma di eresia. A partire da quell’epoca, la repressione antiereticale, in precedenza affidata agli Ordinari diocesani, fu esercitata anche direttamente dalla Santa Sede attraverso la nomina di speciali legati e, in seguito, di appartenenti agli ordini religiosi, in particolare domenicani e francescani. Si venne così sviluppando una peculiare istituzione ecclesiastica – l'inquisizione, appunto – formata da una rete di tribunali, i cui titolari, in forza di espressa delega pontificia, erano chiamati a giudicare e, eventualmente, condannare gli imputati del delitto di eresia. Secondo la prassi in vigore in tutti i sistemi giudiziari europei fino al XVIII secolo, la procedura prevedeva, in circostanze ben precise, il ricorso alla tortura e, nei casi più gravi, la condanna a morte sul rogo. L'esecuzione delle sentenze capitali era tuttavia affidata alle autorità civili (il cosiddetto “braccio secolare”). Il potere temporale, infatti, si dimostrava generalmente pronto a collaborare alla lotta contro l'eresia, in quanto l'eretico veniva percepito come una minaccia alla coesione della società.

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEL SANT’UFFIZIO

Verso la metà del XV secolo, l'inquisizione era ormai una istituzione in declino. Con l'estinzione dei movimenti ereticali di massa (come quello dei catari), alcuni tribunali erano scomparsi, altri erano inattivi o svolgevano un'azione giudiziaria ridotta.

Una nuova fase nella storia dell’istituzione si aprì con la fondazione dell’inquisizione spagnola. Nel 1478 Sisto IV, accogliendo una pressante richiesta dei re cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, accettò di ripristinare ed estendere ai regni e domini peninsulari l'inquisizione. La concessione era motivata dall’allarme suscitato dalla diffusione del criptogiudaismo, l'eresia, cioè, commessa dagli ebrei convertiti al cristianesimo, i quali, dopo aver ricevuto il battesimo, tornavano a praticare clandestinamente la religione dei loro avi.

Superato un primo periodo transitorio, il sistema si stabilizzò secondo il seguente schema: i sovrani indicavano al Pontefice il nome del candidato alla carica di inquisitore generale di Spagna (diritto regio di presentazione). A lui il Pontefice conferiva la giurisdizione in materia di delitti contro la fede, concedendogli la facoltà di subdelegare i propri poteri agli inquisitori periferici. I tribunali locali applicavano il diritto inquisitoriale pontificio, anche se successivi privilegi finirono con l'attribuire all'intero apparato un certo grado di autonomia rispetto all'autorità papale.

Analoghi privilegi, per i medesimi motivi, furono poi concessi da Paolo III ai sovrani di Portogallo, tra il 1536 e il 1547: nasceva così, accanto a quella spagnola, l'inquisizione portoghese.

In quegli stessi anni era stata eretta la cosiddetta inquisizione romana. Sorta sulle ceneri della preesistente inquisizione medievale, essa era sorta con la finalità di combattere e reprimere la penetrazione nella penisola italiana delle dottrine riformate. Di fronte alla diffusione del protestantesimo, infatti, Paolo III istituì, con la costituzione Licet ab initio del 21 luglio 1542, una speciale Commissione composta da sei Cardinali competenti a giudicare i delitti in materia di fede. È probabile che, sin dagli inizi, i Cardinali fossero affiancati da teologi e canonisti in veste di consultori. Negli anni immediatamente successivi, l'organigramma della Commissione si andò ampliando: in data imprecisata, ma certamente non posteriore al 1548, ne divenne membro ex officio il Maestro dei Sacri Palazzi (il titolo anticamente portato dal Teologo della Casa Pontificia), nel 1551 fu creata la carica di Commissario, con funzioni di segretario, e nel 1553 quest’ultimo fu affiancato da un prelato con titolo di Assessore.

L’organismo – poi denominato Congregazione della Santa Romana e Universale Inquisizione (o Congregazione del Sant’Uffizio) e la cui sfera d’azione, almeno in teoria, doveva estendersi a tutta la cristianità, a cominciare dall’Italia e dalla Curia romana – aveva la facoltà di inviare, dove se ne fosse presentata la necessità, propri delegati che potevano decidere gli eventuali appelli e avevano il potere di agire contro apostati, eretici, sospetti di eresia e loro difensori, seguaci e fautori, qualunque ne fosse stata la dignità e il grado, con la possibilità per gli inquisitori generali di ricorrere anche al braccio secolare.

Lo stabilirsi dell’inquisizione romana con il suo carattere universale, esplicitamente dichiarato nella sua stessa denominazione, stava quindi a significare l’accentramento a Roma, sede del papato, della giurisdizione in materia di eresia. Di fatto, tuttavia, come si vedrà più oltre, tale giurisdizione universale non fu pienamente esercitata prima degli inizi del XIX secolo.

L’immediata conferma, agli inizi del 1550, della Romana e Universale Inquisizione costituì uno dei primi atti di governo di Giulio III. Il Papa dispose che essa dovesse occuparsi in particolare della vita religiosa in Italia, dove si avvertiva ancora la presenza di numerosi eretici, e ribadì che tale organismo costituiva per tutti i Paesi cristiani l’autorità centrale competente a procedere giudizialmente in difesa della vera fede. Il Pontefice provvide poi a emanare il 15 febbraio 1551 la costituzione Licet a diversis, nella quale condannava la pretesa delle autorità civili di alcuni stati di interferire nei processi a carico degli eretici, come si era verificato, per esempio, nella Repubblica di Venezia.

Gian Pietro Carafa, fervente promotore dell’inquisizione romana e fin dalla sua istituzione dimostratosi uno dei più attivi Cardinali inquisitori generali, asceso al soglio pontificio nel maggio del 1555 con il nome di Paolo IV, si adoperò subito in favore dell’istituzione. Di questo provvide a fare restaurare la sede in via di Ripetta, che lui stesso da Cardinale aveva procurato a proprie spese al momento della fondazione nel 1542. Il Papa accordò inoltre, con il motuproprio Attendentes onera dell’11 febbraio 1556, tanto all’edificio quanto a coloro che vi prestavano servizio, una serie di privilegi e di esenzioni fiscali, oltre alla concessione di nuove facoltà ai membri del tribunale, con un considerevole ampliamento della sua sfera giurisdizionale. Quest’ultima oltrepassò i confini dei dogmi veri e propri, e vennero così sottoposti all’inquisizione anche i delitti di lenocinio, stupro, prostituzione e sodomia, con ulteriore aggiunta di quanto poteva cadere sotto l’imputazione di «eresia simoniaca», secondo la definizione data dallo stesso Paolo IV, e cioè la vendita dei sacramenti, l’ordinazione di minorenni, gli abusi in materia beneficiale, e così via. In considerazione dell’esteso ambito delle competenze di questo tribunale, il Pontefice provvide anche ad accrescere il numero dei Cardinali membri: tra il dicembre del 1558 e il maggio del 1559, risulta che erano ascritti alla Congregazione ben 17 porporati.

A ridimensionare l’eccessivo potere attribuito da Paolo IV all’inquisizione e ai suoi membri si adoperò subito Pio IV, fortemente impressionato peraltro dalla devastazione del palazzo di via di Ripetta, sede del tribunale, e dalla distruzione e dispersione degli atti processuali, messe in atto, il giorno stesso (18 agosto 1559) della morte del predecessore, dalla folla in rivolta contro il rigore esercitato dagli inquisitori. Abbandonando tuttavia la prima idea di abolire addirittura l’inquisizione, Pio IV cercò di riportarne le funzioni ordinarie nell’alveo della normalità, cominciando infatti col ridurre, in una congregazione dell’11 gennaio 1560, la giurisdizione dei Cardinali inquisitori, ricondotti ad assolvere il proprio compito istituzionale relativo alla tutela dell’integrità della fede.

Riconoscendo l’efficacia dell’azione fino ad allora svolta dal Sant’Uffizio, Pio IV delineò quindi nuovamente, con la costituzione Pastoralis officii munus del 14 ottobre 1562, le funzioni dei Cardinali membri, stabilendo in pari tempo l’ambito esatto della loro giurisdizione, che divenne ancora più estesa. Il 31 ottobre successivo, con il motuproprio Saepius inter arcana, confermò poi all’inquisizione romana il potere di procedere pure contro Prelati, Vescovi, Arcivescovi, Patriarchi e Cardinali, riservando però sempre al Papa la pronuncia della sentenza finale in concistoro. Ancora, con il motuproprio Cum sicut accepimus del 2 agosto 1564 riportò a otto il numero dei Cardinali inquisitori (in precedenza avevano raggiunto la cifra di 23), ai quali tuttavia ne aggiunse un nono precisandone le funzioni, e infine, con il motuproprio Cum inter crimina del 27 agosto seguente, concesse ai Cardinali inquisitori la facoltà di possedere e di leggere libri eretici, o comunque proibiti, e di permetterne a loro volta ad altri il possesso e la lettura.

Il domenicano Michele (al secolo Antonio) Ghislieri, commissario dell’inquisizione sin dalla istituzione della carica e sotto Paolo IV Cardinale inquisitore generale, divenuto Papa con il nome di Pio V il 17 gennaio 1566, fornì l’organismo di una nuova sede. Questa si rendeva necessaria dopo la distruzione di quella originaria in via di Ripetta che aveva costretto i Cardinali inquisitori a tenere le riunioni in casa del più anziano tra essi. A tal fine Pio V acquistò nel 1566, facendolo restaurare, un edificio situato nelle vicinanze della erigenda basilica vaticana, i cui lavori vennero interrotti al preciso scopo di accelerare la ristrutturazione del nuovo palazzo del Sant’Uffizio. Agibile già dal 1569, l’edificio fu completato nel 1586, quando Sisto V vi fece aggiungere le carceri. Queste furono demolite nel secolo scorso, durante i lavori di ampliamento (1921–1925) del palazzo dove ha sede l’odierna Congregazione per la Dottrina della Fede, che l’occupa in gran parte.

Pio V ordinò anche la costituzione di un apposito archivio per la conservazione di tutti gli atti processuali – di cui era espressamente vietato rilasciare copia, ma che all’occorrenza avrebbero potuto essere consultati sul posto – e rese più rigoroso l’obbligo del segreto su tutte le questioni trattate nei processi, considerandone l’infrazione come offesa personale al Papa. Emanò poi ulteriori disposizioni per proteggere da minacce e violenze i Cardinali inquisitori e gli addetti all’ufficio, e per salvaguardare i testimoni da eventuali molestie e rappresaglie da parte degli stessi imputati o dei loro parenti e amici. Con il motuproprio Cum felicis recordationis del 5 dicembre 1571, il Pontefice stabilì che per la validità delle decisioni del Sant’Uffizio era sufficiente l’intervento di due soli Cardinali, anziché di tre, com’era prescritto per ogni altro organismo curiale.

La Sacra Romana e Universale Inquisizione fu affiancata dalla Congregazione dell’Indice, istituita da Pio V nel 1571, ma formalmente eretta dal suo successore Gregorio XIII, il 13 settembre 1573, con il compito specifico di esaminare le opere sospette, di correggere (espurgare) quelle che, dopo i debiti interventi censori, potevano continuare a circolare e di aggiornare periodicamente l’elenco dei libri vietati (Index librorum prohibitorum).

A meno di cinquant’anni dopo la sua erezione, il Sant’Ufficio romano pervenne a una posizione di assoluto privilegio in seguito alla generale riorganizzazione del governo centrale della Chiesa e dello Stato pontificio operata da Sisto V con la costituzione apostolica Immensa aeterni Dei del 22 gennaio 1588. Infatti, in testa alle quindici congregazioni stabilite da Sisto V (incluse le cinque già esistenti) fu collocata, conservando il carattere di tribunale, la Congregatio sanctae Inquisitionis haereticae pravitatis.

Posta sotto la diretta presidenza del Pontefice per l’importanza delle questioni trattate, l’inquisizione romana venne dotata da Sisto V delle più ampie facoltà, per cui rientrava nella sua sfera giurisdizionale tutto quanto poteva riguardare la fede, con estensione dei suoi poteri non solo a Roma e nello Stato pontificio, ma dovunque e nei confronti di chiunque, cosicché tanto i latini quanto gli orientali venivano a dipendere direttamente da essa, ad eccezione dei tribunali appartenenti alle inquisizioni spagnola e portoghese, i cui rispettivi privilegi non potevano essere modificati senza l’espresso assenso del Pontefice. A dispetto della circostanza che la Congregazione fosse investita, in teoria, di una giurisdizione universale, di fatto la documentazione finora nota dimostra che il dicastero esercitò le proprie competenze, oltre che sui tribunali italiani, soltanto su quelli di Malta, Avignone (allora dominio pontificio), Besançon, Carcassona, Tolosa (nell’attuale Francia) e Colonia (Sacro Romano Impero di Germania).

Comunque sia, la Congregazione fu investita di giurisdizione assoluta su tutti i delitti concernenti la fede – eresia, scisma, apostasia, divinazione, sortilegi, magia – e della facoltà di dispensare dagli impedimenti di mista religione e di disparità di culto, con speciale competenza circa il cosiddetto privilegio paolino nello scioglimento del vincolo matrimoniale. La Congregazione era anche competente su tutto quello che, pur non riferendosi propriamente alla fede, avesse con essa relazione, cioè il delitto di sollecitazione ad turpia, i voti religiosi, la santificazione delle feste, il digiuno e l’astinenza.

Nonostante il silenzio della costituzione sistina, il Sant’Uffizio restò incaricato anche della censura e proscrizione dei libri riconosciuti eretici, in quanto all’esame delle opere sospette provvedeva la Congregazione dell’Indice, confermata da Sisto V. L’attività di questo Dicastero veniva a integrare l’azione che nel settore era chiamata a esplicare la stessa inquisizione, la quale, impegnata nella risoluzione delle questioni più gravi riguardanti la fede e la morale, si trovava nell’impossibilità di esercitare una completa sorveglianza sulle opere che sempre più numerose venivano stampate ovunque.

La grande importanza a cui era assurta con Sisto V la Congregazione dell’Inquisizione accresceva tra i membri del Sacro Collegio il desiderio di appartenervi. Dopo l’ampia riorganizzazione sistina della Curia romana, la Congregazione dell’Inquisizione mantenne la sua posizione preminente tra le varie Congregazioni, rimanendo pressoché inalterata nella sua struttura e nei suoi compiti istituzionali sino agli inizi del Novecento.

Gregorio XV con la costituzione Universi dominici gregis del 30 agosto 1622 confermò la competenza della Congregazione dell’Inquisizione contro il delitto di sollecitazione ad turpia, competenza ribadita da Benedetto XIV con la costituzione Sollicita ac provida del 9 luglio 1753, elaborata e scritta personalmente dal Papa. Il Pontefice esortò i membri della Congregazione dell’Indice a un esame più attento e imparziale delle opere loro sottoposte per prevenire le lamentele degli autori e dispose che ai teologi fossero affiancate persone eminenti per cultura, in procedimenti più obiettivi e che prevedessero anche l’ascolto degli accusati o di loro rappresentanti. Il Papa cercò di dirimere la questione, mai risolta, della giurisdizione concorrente in materia di censura tra Sant’Ufficio e Congregazione dell’Indice. Stabilì pertanto che quest’ultima doveva occuparsi soltanto delle opere espressamente denunciate come pericolose, sempre che esse non fossero già sottoposte all'esame della Congregazione dell’Inquisizione.

Verso la fine del Settecento vennero dapprima sottoposti alla giurisdizione di quest’ultima taluni delitti che non erano mai stati considerati in stretta relazione con l’ambito dottrinale, e poi, con Pio VI, le fu aggiunta tutta la materia riguardante gli ordini sacri tanto per la parte dogmatica quanto per quella disciplinare.

Nell’Ottocento, sotto il pontificato di Gregorio XVI, inoltre, l’inquisizione venne incaricata per qualche tempo di occuparsi anche delle cause dei santi, sempre però per ciò che riguardava la dottrina e in specie il concetto di martirio.

LE RIFORME DEL PRIMO NOVECENTO

Un ultimo incremento alle competenze della Congregazione dell’Inquisizione, prima della grande riforma curiale attuata da Pio X nel 1908, fu quello apportatovi da questo stesso Papa con il motuproprio Romanis pontificibus del 17 dicembre 1903, in virtù del quale veniva decretata la fusione dell’antica Congregazione sopra l’Elezione dei Vescovi con il Sant’Uffizio. A questo fu pertanto deferita, fatte le opportune eccezioni, la materia relativa alla scelta e alla promozione dei Vescovi di tutto il mondo, eccettuati i territori dipendenti rispettivamente dalla Congregazione di Propaganda Fide e da quella degli Affari Ecclesiastici Straordinari.

Varie e più significative innovazioni nella vetusta Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione furono introdotte con la prima riforma totale della Curia romana nel Novecento. Questa fu dovuta quasi esclusivamente all’iniziativa personale di Pio X, passò attraverso il vaglio di ben cinque diversi progetti – uno dei quali elaborato dallo stesso Pontefice – e venne da lui realizzata, con la costituzione Sapienti consilio del 29 giugno 1908, per imprimere ai vari organismi curiali un indirizzo moderno rispondente alle mutate esigenze dei tempi.

Relativamente alle sue competenze, restò sottratta al Sant’Uffizio tutta la materia attinente all’osservanza dei precetti della Chiesa, devoluta alla Congregazione del Concilio (l’odierna Congregazione per il Clero), venendo accolto il rilievo fatto dallo stesso Pio X nel suo personale progetto di riforma. Quanto si riferiva all’elezione dei Vescovi fu trasferito alla Congregazione Concistoriale (l’attuale Congregazione per i Vescovi), mentre le dispense dai voti religiosi furono riservate alla nuova Congregazione dei Religiosi (l’odierna Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica). Alla Congregazione del Sant’Uffizio fu invece attribuita l’intera materia riguardante le indulgenze.

Alla costituzione Sapienti consilio seguì la pubblicazione dell’Ordo servandus in sacris congregationibus tribunalibus officiis Romanae curiae, con norme generali e peculiari che dovevano essere osservate da ciascuna Congregazione o dai diversi organismi della Curia romana. Per il Sant’Uffizio si stabilì formalmente che il grado di officiali maggiori sarebbe stato riconosciuto solo all’assessore e al commissario. Si ordinò, peraltro, di redigere quanto prima la ratio agendi della Congregazione, che sarebbe stata pubblicata nel 1911 con il nome di Lex et ordo Sancti Officii e con la quale venne definita la normativa propria della Congregazione con l’indicazione precisa dei ruoli, delle funzioni e degli organismi del Dicastero.

In seguito alla riforma di Pio X la rinnovata Congregazione del Sant’Uffizio fu mantenuta al primo posto tra le varie Congregazioni romane e a essa venne conferito successivamente anche il titolo di Suprema, derivatole pure dal fatto di essere presieduta dallo stesso Papa. Nella sua sfera giurisdizionale rientravano innanzitutto la difesa della dottrina della fede e dei costumi, i procedimenti contro le eresie e tutti gli altri reati che inducono a sospetto di eresia (celebrazione della messa e ascolto della confessione da parte di chi non abbia ancora ricevuto l’ordinazione sacerdotale, sollecitazione ad turpia comunque fatta da parte di sacerdoti confessori, divinazione, sortilegi, malefici, e così via), la concessione del privilegio paolino e delle dispense dagli impedimenti di disparità di culto e di mista religione, e tutta la materia attinente alle indulgenze.

In merito alle competenze specifiche del Sant’Uffizio intervenne anche Benedetto XV, il quale, decretando con il motuproprio Alloquentes del 25 marzo 1917 la soppressione dell’antica Congregazione dell’Indice come organismo autonomo, disponeva altresì il suo riaccorpamento al Sant’Uffizio, già peraltro inizialmente prospettato nella stessa riforma da Pio X, e che si rendeva necessario per ovviare ai conflitti di competenza fra i due Dicasteri. Con il medesimo documento, tuttavia, Benedetto XV, per alleggerire le incombenze del Sant’Uffizio, gli sottrasse tutta la materia riguardante l’uso e la concessione delle indulgenze per trasferirla interamente alla Penitenzieria Apostolica, salvo l’esame dottrinale delle nuove preghiere e devozioni.

Anche dopo la ristrutturazione operata da Pio X, la prefettura del Sant’Uffizio rimase riservata al Papa, la cui relativa azione direttiva veniva normalmente esercitata da un Cardinale segretario, carica rivestita a lungo dal decano dei Cardinali membri del Dicastero, comunque denominati inquisitori generali, l’ultima volta in un decreto del 2 agosto 1929. L’organico della Congregazione del Sant’Uffizio era composto da un certo numero di officiali. I primi due, detti maggiori, erano l’assessore e il commissario. L’assessore, appartenente al clero secolare, coadiuvava il Cardinale segretario nel disbrigo degli affari ordinari e soprintendeva alla disciplina generale. Il commissario, un religioso domenicano, aveva l’incarico di provvedere all’istruttoria delle cause penali che dovevano essere giudicate dalla Congregazione stessa in funzione di tribunale, assistito dal «primo compagno» e dal «secondo compagno», anch’essi domenicani. Tutti e tre appartenevano alla provincia domenicana di Lombardia in virtù di un privilegio accordato a essa da Pio V, che da religioso era stato commissario dal 1551 al 1556 facendo parte di quella provincia. Terzo officiale maggiore della Congregazione era considerato anche il sostituto preposto alla speciale Sezione delle indulgenze, durante il decennio della sua attività (1908–1917).

Il complesso degli officiali minori era costituito da: due avvocati, detti uno «fiscale» (sino al 1920, e poi denominato promotore di giustizia) e l’altro «dei rei», incaricati di sostenere rispettivamente l’accusa e il patrocinio d’ufficio degli accusati che non avessero potuto o voluto nominare un proprio difensore; un «sommista», che provvedeva alla preparazione del ristretto dei processi; un notaio, con alcuni sostituti, per la stesura degli atti processuali; un archivista per l’ordinamento e la custodia della documentazione.

Facevano parte della Congregazione anche numerosi consultori, scelti tra il clero secolare e regolare, teologi e giuristi, tra i quali figuravano, secondo il diritto antico, il maestro generale dei domenicani, il maestro dei Sacri Palazzi e un teologo appartenente all’ordine dei francescani conventuali, in quanto considerati «consultori nati» del Sant’Uffizio. Oltre a costoro, erano addetti alla Congregazione vari «qualificatori», che costituivano una categoria particolare di consulenti (da non confondersi con i consultori) scelti tra i più noti ed eminenti teologi e canonisti residenti a Roma. Questi venivano chiamati a esprimere e presentare il loro parere scritto, da sottoporre all’esame dei consultori, sul grado di errore di un libro o di una dottrina deferiti al giudizio della Congregazione. Accolta nel Codex iuris canonici del 1917, la normativa riguardante la ristrutturata Congregazione del Sant’Uffizio scaturita dalla riforma di Pio X venne fissata, con le modificazioni apportate da Benedetto XV, nel canone 247.

LA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Le mutate condizioni culturali, sociali e politiche contemporanee indussero i Padri del Concilio Vaticano II a sostenere l’opportunità di un aggiornamento anche dei Dicasteri della Curia romana, sottolineata in particolare nel decreto Christus Dominus del 28 ottobre 1965, che auspicava una nuova riforma generale di tutto l’apparato curiale. La riforma della Curia era stata d’altronde uno dei primi proponimenti di Paolo VI, da lui stesso enunciato all’inizio del pontificato nel famoso discorso ai membri della Curia stessa il 21 settembre 1963, in cui tra l’altro disse: «Sono passati molti anni; è spiegabile come tale ordinamento sia aggravato dalla sua stessa venerabile età, come risenta la disparità dei suoi organi e della sua prassi rispetto alle necessità ed agli usi dei nuovi tempi, come senta al tempo stesso il bisogno di semplificarsi e decentrarsi e quello di allargarsi e abilitarsi a nuove funzioni». Mentre l’apposita Commissione cardinalizia lavorava a questo progetto, Paolo VI lo anticipò riformando il Dicastero più prestigioso e discusso della Curia romana, cioè la Suprema Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, con il motuproprio Integrae servandae, emanato il 7 dicembre 1965, vigilia della conclusione del Concilio, e qui riprodotto in appendice.

Il riconoscimento del diritto di difesa, garantito a tutti gli autori «imputati», è una delle più importanti innovazioni introdotte dal motuproprio Integrae servandae. Il documento ha così provveduto a eliminare definitivamente una delle maggiori critiche rivolte al Sant’Uffizio, relativa appunto all’impossibilità di difendersi in cui veniva a trovarsi ogni autore di opere in esame presso il Dicastero, in vista soprattutto di una eventuale messa all’Indice, da ritenersi ormai abolito non trovandosene più menzione nel motuproprio di Paolo VI.

Presentate tuttavia interpellanze circa la sua sorte da parte di molti Vescovi, il Cardinale Alfredo Ottaviani, Pro-prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, provvide a emanare, in data 14 giugno 1966, le nuove disposizioni per la tutela della fede e della morale nelle manifestazioni della stampa con una speciale Notificazione. In questa si dichiarava che, benché l’Indice non avesse più valore giuridico di legge ecclesiastica con le sanzioni annesse, rimaneva comunque sempre in pieno vigore il suo valore morale, nel senso che esso richiamava a ogni coscienza cristiana il dovere di astenersi, in base allo stesso diritto naturale, dalla lettura di libri dannosi alla fede e ai costumi. La stessa Congregazione avrebbe provveduto pertanto a segnalarli in uno speciale bollettino – intitolato Nuntius, apparso all’inizio del 1967 e successivamente non più pubblicato – per aiutare sacerdoti e fedeli a valutarli ed eventualmente evitarli. Con un decreto del 15 novembre 1966, poi, la Congregazione per la Dottrina della Fede precisò che s’intendevano anche abrogati i canoni 1399 (elenco dei libri proibiti) e 2318 (scomunica per gli autori, editori, lettori e detentori di talune particolari categorie di libri) del Codex iuris canonici del 1917.

Se già nel 1908 era stata abbandonata la denominazione originaria di Sacra Romana e Universale Inquisizione, troppo legata al ricordo di antichi rigori, eccessivi e malvisti, quella nuova di Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede – assunta nel 1965 e più rispondente alle sue attuali funzioni – sostituiva anche quella di Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, che pure aveva sempre contraddistinto il Dicastero nei suoi quattro secoli di esistenza. Veniva contemporaneamente abolita anche la qualifica di Suprema, che stava a denotare la sua supremazia, negli ultimi tempi soltanto onorifica, su tutti gli altri organismi curiali.

Con il cambiamento del nome, anche le funzioni proprie del Dicastero hanno subito una profonda trasformazione, e sono rivolte a promuovere e custodire la fede più che a perseguire le eresie e a reprimere i delitti contro di essa. Furono poi sottratte alla sua sfera giurisdizionale le concessioni delle dispense dagli impedimenti di mista religione e di disparità di culto. Ulteriori modificazioni furono apportate anche nella composizione stessa del Dicastero, dal cui organico sono scomparsi il commissario con i suoi due compagni. Insieme a questi veniva abolita anche l’intera categoria dei qualificatori.

La normativa sancita con il motuproprio del 1965 fu accolta integralmente nella riforma generale della Curia romana realizzata da Paolo VI con la costituzione Regimini Ecclesiae universae del 15 agosto 1967. Si aggiungevano alcune novità intervenute nel frattempo. Di rilievo erano la decisione relativa alla prefettura del Dicastero – non più riservata al Papa ma conferita, con tutti i poteri inerenti, a un Cardinale, come in ogni altra Congregazione romana – e l’immissione ai suoi vertici di alcuni Vescovi diocesani come membri di pieno diritto, in conformità al motuproprio Pro comperto sane del 6 agosto 1967. Il compito primario della Congregazione per la Dottrina della Fede continua a essere quello di promuovere e di tutelare la dottrina riguardante la fede e i costumi in tutto il mondo cattolico.

IL DICASTERO SECONDO LA COSTITUZIONE PASTOR BONUS

Tale indirizzo è stato confermato dalla costituzione Pastor bonus del 28 giugno 1988, con cui a sua volta Giovanni Paolo II ha riordinato la Curia, aggiungendovi anche il compito di favorire «gli studi volti a far crescere l’intelligenza della fede» e di far sì che «ai nuovi problemi scaturiti dal progresso delle scienze o della civiltà si possa dare risposta alla luce della fede» (articolo 49). La Congregazione per la Dottrina della Fede non ha più un compito esclusivamente difensivo della fede, perché a esso si accompagna anche e soprattutto una missione di promozione della dottrina. Il Dicastero può essere di aiuto ai Vescovi – tanto ai singoli quanto agli organismi episcopali – nell’esercizio delle loro primarie funzioni di autentici maestri e dottori della fede, della cui integrità essi stessi sono tenuti a essere vigili custodi e solerti promotori (articolo 50).

Per potere adeguatamente esplicare l’azione in favore della fede e dei costumi la Congregazione per la Dottrina della Fede attua il suo mandato cercando di ovviare a eventuali danni che potrebbero derivare da errori comunque divulgati. Per questo deve innanzitutto esigere che libri e altri scritti riguardanti la fede e i costumi siano sottoposti al previo esame dell’autorità competente. Deve poi esaminare pubblicazioni e opinioni che appaiono contrarie alla retta fede o pericolose, e se risultassero opposte alla dottrina della Chiesa – data tuttavia ai rispettivi autori la possibilità di spiegare esaurientemente il proprio pensiero – le riprova tempestivamente, dopo avere preavvertito l’Ordinario diocesano interessato e usando, se opportuno, i rimedi più adatti. Deve infine adoperarsi affinché non manchi un’adeguata confutazione di errori e dottrine pericolose che potrebbero essere diffusi nel popolo cristiano (articolo 51).

In conformità all’articolo 52, rientra nelle competenze specifiche della Congregazione per la Dottrina della Fede giudicare «i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano a essa segnalati e, all’occorrenza, procede a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio».

Competente per quanto concerne il privilegium fidei, secondo la costituzione Pastor bonus (articolo 53), la Congregazione è altresì impegnata nell’esame delle cause di scioglimento del vincolo tra una parte battezzata e una parte non battezzata oppure fra due parti non battezzate quando non può essere applicato il privilegio paolino.

A garanzia dell’uniformità di indirizzo dottrinale nella vita della Chiesa, la costituzione Pastor bonus dispone (articolo 54) che i vari Dicasteri della Curia romana debbano sottoporre al giudizio previo del Dicastero tutti i documenti da pubblicarsi riguardanti comunque la dottrina circa la fede e i costumi. Tale potere di controllo viene, peraltro, richiamato e ribadito esplicitamente altre volte nella costituzione: nell’articolo 73, dove si prescrive che la Congregazione delle Cause dei Santi debba richiedere il voto della Congregazione per la Dottrina della Fede circa l’eminente dottrina di un santo a cui si vuole attribuire il titolo di Dottore della Chiesa; nell’articolo 94, allorché s’impone alla Congregazione per il Clero (e dal 2013, mediante il motuproprio Fides per doctrinam di Benedetto XVI, al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione) di chiedere il consenso del Dicastero per la pubblicazione di catechismi e altri scritti relativi all’istruzione catechetica; nell’articolo 137, dove si dispone che il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani debba procedere in stretto collegamento con la Congregazione per la Dottrina della Fede, specie quando si tratta di emanare pubblici documenti o dichiarazioni, in quanto tutta la materia che il consiglio deve trattare tocca spesso per sua natura questioni di fede; nell’articolo 161, in cui viene disposto che il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso è tenuto a procedere di comune intesa con il Dicastero quando lo richieda la materia da trattare.

In seguito alle innovazioni introdotte nel 1965 e confermate nella legislazione successiva, l’odierna Congregazione per la Dottrina della Fede ha perduto ogni giurisdizione circa la disciplina dei matrimoni misti e le cause relative, di competenza attualmente degli Ordinari locali, a tenore dei canoni 1124–1129 del Codex iuris canonici del 1983, salvo per le cause concernenti lo scioglimento dei matrimoni in favorem fidei; così pure non è più di sua competenza il digiuno eucaristico dei sacerdoti celebranti.

Nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, senza limiti di territorio né di persone, con eccezione dei Cardinali, la Congregazione per la Dottrina della Fede esercita, oltre all’ordinario potere amministrativo e grazioso, anche un potere strettamente giudiziale, perché funziona sia come foro di grazia sia come tribunale in senso proprio, procedendo tanto in prima istanza che in appello contro i delitti di eresia, di scisma, di apostasia dalla fede e i delitti più gravi (delicta graviora) contro la morale e nella celebrazione dei sacramenti.

PERSONALE, UFFICI, PROCEDURE

Sino alla grande riforma sistina della Curia romana, l’antica Congregazione del Sant’Uffizio era stata presieduta da un Cardinale con la qualifica di Capo e successivamente anche di Prefetto, ma, in considerazione della natura tanto delicata della materia trattata da questo importante Dicastero, Sisto V ne volle riservare nel 1588 la prefettura al Papa, che l’ha conservata per quasi quattro secoli, rappresentato tuttavia nella direzione effettiva dell’istituto da un Cardinale segretario, rimasto tale finché Paolo VI dispose che assumesse la denominazione di Pro-prefetto. L’Osservatore Romano del 9 febbraio 1966 nella rubrica ufficiale Nostre Informazioni pubblicava infatti la seguente notizia: «Per disposizione di Sua Santità agli Eminentissimi Signori Cardinali che dirigono le Sacre Congregazioni: della Dottrina della Fede, Concistoriale, per la Chiesa Orientale, delle quali è Prefetto la stessa Santità Sua, d’ora innanzi spetterà il titolo di Pro-Prefetto e agli Assessori e Sostituti quello rispettivamente di Segretario e Sottosegretario». La denominazione veniva mutata ancora il 1° marzo 1968, con l’entrata in vigore della costituzione Regimini Ecclesiae universae (n. 42), in quella definitiva di Prefetto, comune a tutti i Cardinali preposti alle singole Congregazioni. Così la Congregazione per la Dottrina della Fede rientra attualmente nella normalità della Curia romana, avendo pure perduto l’appellativo di «sacra», come tutte le altre Congregazioni dopo la pubblicazione, nel 1988, della costituzione Pastor bonus di Giovanni Paolo II.

Con il Cardinale Prefetto, che oggi regge effettivamente la Congregazione, la dirige e la rappresenta, compongono il Dicastero altri Cardinali, alcuni Vescovi diocesani, il Segretario, il Sottosegretario, il Promotore di giustizia e un adeguato numero di officiali dei vari gradi (capi ufficio, aiutanti di studio, addetti di segreteria, addetti tecnici e scrittori), distribuiti nei vari uffici in cui si articola il Dicastero. La Congregazione è assistita altresì da trenta consultori, di nomina pontificia e scelti tra personalità di tutto il mondo cattolico distintesi per dottrina, prudenza e specializzazione, rappresentanti pertanto delle particolari esigenze delle diverse culture. A questi possono essere aggiunti, se la materia lo esige, dei periti scelti in specie tra docenti universitari, che possono essere chiamati anche a partecipare, se necessario, alle riunioni della Consulta. Il Segretario – denominato sino al principio del 1966 assessore – è il più stretto collaboratore del Prefetto, che coadiuva nella gestione generale del Dicastero, prepara gli affari che debbono essere sottoposti alle Sessioni ordinaria e plenaria, designa i consultori per lo studio delle questioni più importanti e delicate e ne presiede le riunioni, distribuisce il lavoro tra i vari funzionari e ne segue l’attività, avvalendosi nell’esercizio di queste funzioni dell’opera del Sottosegretario (carica di più recente istituzione), dal quale può essere supplito in caso di assenza o impedimento.

Al Promotore di giustizia – chiamato sino al 1920 «avvocato fiscale» e la cui presenza indica la natura anche di tribunale della Congregazione – compete la trattazione in via giudiziale dei delitti contro la fede e di quelli più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, vigilando sulla retta applicazione del diritto comune e di quello proprio nella celebrazione dei processi e nell’applicazione delle pene. Spetta quindi a lui dare inizio e condurre i processi, curare la redazione degli interrogatori degli inquisiti e dei testimoni, redigere le controdeduzioni alle argomentazioni degli avvocati difensori, proporre le pene da irrogare, esaminare previamente eventuali ricorsi o appelli riferendone in sede appropriata.

L’Ufficio dottrinale si occupa delle materie che hanno attinenza con la promozione e la tutela della dottrina della fede e della morale, preparando a tale scopo documenti di promozione della dottrina e di chiarificazione nei confronti delle posizioni difformi dall’insegnamento del magistero, nonché l’esame degli scritti e delle opinioni che appaiono contrari alla retta fede e pericolosi. Cura anche, sotto l’aspetto dottrinale, l’esame dei documenti che vengono inoltrati da altri Dicasteri. Considera inoltre, sempre sotto il profilo dottrinale, le richieste di nulla osta per le varie nomine e onorificenze.

L’Ufficio disciplinare tratta i delitti contro la fede e quelli più gravi contro la morale e nella celebrazione dei sacramenti. Cura l’esame di altri problemi connessi con la disciplina della fede, come i casi di pseudo–misticismo, di presunte apparizioni, di spiritismo, di magia e di simonia. Si occupa delle ammissioni al sacerdozio di ex ministri acattolici; delle dispense, di competenza del Dicastero, dalle irregolarità e dagli impedimenti a ricevere gli ordini sacri; delle assoluzioni dalle scomuniche riservate alla Santa Sede, fatta salva la competenza della Penitenzieria Apostolica. Esamina le domande di nulla osta, sotto il profilo disciplinare, per le varie nomine e onorificenze.

L’Ufficio matrimoniale si occupa di quanto concerne il privilegium fidei. Si interessa delle cause di scioglimento di matrimoni in favorem fidei e, di conseguenza, dei dubbi circa la validità del battesimo e, d’intesa con l’Ufficio dottrinale, di altri aspetti del vincolo matrimoniale.

In considerazione della natura delle questioni da discutere e degli affari da trattare, la Congregazione suole procedere con minore o maggiore solennità, rispettivamente nei Congressi, nelle Consulte, nelle Sessioni ordinarie e nelle Sessioni plenarie.

Alle riunioni del Congresso prendono parte il Prefetto, il Segretario, il Sottosegretario, il Promotore di giustizia, per le questioni di sua competenza, e il Capo ufficio interessato, nonché gli officiali che seguono le questioni da trattare e un altro officiale che redige le decisioni. Il Congresso delibera circa la concessione di licenze, dispense, assoluzioni; decide sulle questioni che vengono sottoposte dai diversi uffici; indica la procedura, a norma della Agendi ratio, per l’esame degli scritti; designa i periti per la costituzione di eventuali commissioni di studio e colui che dovrà svolgere le funzioni di relatore a favore dell’autore; stabilisce i quesiti da sottoporre alla Consulta, alla Sessione ordinaria o a eventuali commissioni speciali; propone alla Sessione ordinaria la convocazione di simposi o convegni scientifici per favorire gli studi volti a far crescere l’intelligenza della fede.

La Consulta è convocata e presieduta dal Segretario del Dicastero e vi prendono parte i consultori addetti alla Congregazione o alcuni di essi, il Sottosegretario, il Promotore di giustizia per le questioni di sua competenza e un officiale per la redazione del verbale. Spetta ai membri della Consulta esaminare collegialmente le questioni proposte – corredate dalla necessaria documentazione e dalla relazione dell’ufficio – ed esprimere per scritto il proprio parere motivato. La Consulta può essere generale o ristretta, salva in ogni caso l’interdisciplinarità dei consultori convocati e la diversità delle scuole teologiche; vi possono essere cooptate anche altre persone particolarmente esperte, senza diritto di voto. Quando l’indole peculiare di una materia richieda uno studio speciale, la Congregazione può domandare il parere a carattere riservato di persone particolarmente esperte, le quali di norma daranno il loro voto per scritto, potendosi anche costituire una Commissione speciale di studio, composta di esperti designati dal Congresso.

Alla Sessione ordinaria – che si tiene normalmente il mercoledì (feria quarta) con la partecipazione di almeno cinque membri residenti a Roma, di eventuali altri e del Segretario con diritto di voto, nonché, senza diritto di voto, del Sottosegretario che redige il verbale, e del Promotore di giustizia per le questioni di sua competenza – spetta giudicare collegialmente sulle nuove dottrine e opinioni, comunque diffuse, dalla cui divulgazione può derivare pericolo alla fede e ai costumi, essendo altresì a essa riservate tutte le cause o le questioni che, a motivo della dignità delle persone o dell’importanza delle cose trattate, richiedono un particolare segreto o una specialissima consultazione.

La Sessione ordinaria decide inoltre sulle questioni o sui dubbi sottoposti dal Congresso, come pure sulla possibilità di un nuovo esame della questione da espletarsi eventualmente da altre persone; favorisce studi volti a far crescere l’intelligenza della fede; propone al Papa la concessione di grazie; giudica di diritto e di fatto le questioni sul privilegium fidei e sui graviora delicta.

La Sessione plenaria è convocata di regola ogni due anni per la trattazione degli affari di maggiore importanza della Congregazione e di altre questioni particolari, a giudizio del Cardinale Prefetto. Vi prendono parte tutti i membri (Cardinali e Vescovi) e il Segretario del Dicastero e vi partecipano anche, senza però diritto di voto, il Sottosegretario e il Promotore di giustizia per le questioni di sua competenza.

La maggior parte degli affari trattati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede è soggetta, in ragione della sua natura particolarmente delicata, al segreto pontificio. Istituito in sostituzione dell’antico segreto del Sant’Uffizio, il segreto pontificio è una forma di segreto, confermato con giuramento, che si rende necessario per la tutela delle cause e delle decisioni maggiori che interessano la vita della Chiesa, come pure per salvaguardare le persone che sono tenute a osservarlo. Già regolato da una speciale istruzione della Segreteria di Stato del 24 giugno 1968, tale segreto è stato nuovamente disciplinato da un’ulteriore apposita Instructio della stessa Segreteria di Stato, approvata da Paolo VI ex audientia il 4 febbraio 1974. La sua colpevole violazione comporta le sanzioni previste dal Regolamento generale della Curia Romana (articoli 36, § 2; 76, § 1, n. 3).

Le decisioni emanate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede possono essere, a seconda della materia trattata, dottrinali o disciplinari e, poiché sono di grande valore, in alcuni casi debbono essere approvate dal Papa. I documenti dottrinali, sempre approvati dal Santo Padre, partecipano quindi al magistero ordinario del Sommo Pontefice. I documenti pubblicati dopo il Concilio Vaticano II, che offrono risposte autorevoli a questioni nuove, tra l’altro, nel campo della cristologia, dell’ecclesiologia, dell’antropologia, della teologia della liberazione, della vocazione del teologo, della dottrina circa i sacramenti e della morale, sono raccolti nel volume Documenta inde a Concilio Vaticano secundo expleto edita (1966–2005), Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2005, e pubblicati sul sito vaticano (http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith). Il dominio elettronico è il seguente: www.doctrinafidei.va.

L’ESAME DELLE DOTTRINE

La procedura comunemente seguita nell’esame dottrinale di libri, di altri scritti divulgati a mezzo stampa e di discorsi dovunque e comunque tenuti in materia di fede, già stabilita nell’apposito Regolamento del 1971, è contemplata nella Agendi ratio in doctrinarum examine pubblicata il 29 giugno 1997, secondo la quale vengono esaminati i singoli testi segnalati alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Questo esame può avvenire, a seconda dei casi, con procedura ordinaria o con procedura urgente.

Si ricorre alla procedura ordinaria quando uno scritto – dopo un preliminare studio d’ufficio, compiuto sul testo originale e autentico dal Congresso del Dicastero con la collaborazione di consultori ed esperti – sembra contenere errori dottrinali gravi, la cui identificazione richiede attento discernimento e il suo eventuale influsso negativo sui fedeli non sembra rivestire particolare urgenza.

Costituita dall’investigazione previa, svolta nella sede della Congregazione, la fase interna ha inizio con la nomina di due o più esperti che hanno il compito di esaminare gli scritti, esprimere il proprio parere in merito e valutare se il testo «è conforme alla dottrina della Chiesa» (articolo 9); in pari tempo si provvede a nominare anche un relatore a favore dell’autore, il quale ha il compito specifico di mostrare con spirito di verità gli aspetti positivi della dottrina e i pregi dell’autore, di cooperare all’interpretazione genuina del suo pensiero nel contesto teologico generale e di esprimere un giudizio riguardo all’influsso delle opinioni in esame (articolo 10). Segue quindi la discussione nella Consulta, a cui possono intervenire, oltre ai consultori, al relatore a favore dell’autore e all’Ordinario dell’autore stesso (che non può farsi sostituire), anche gli esperti che hanno preparato i pareri, per formulare una valutazione globale degli scritti esaminati. Al termine toccherà ai soli consultori procedere alla votazione generale sull’esito dell’esame, spettando infine alla Sessione ordinaria della Congregazione decidere «se si deve procedere ad una contestazione all’autore e in caso affermativo su quali punti» (articolo 14), decisione da sottoporre da ultimo all’approvazione del Papa.

Se nella fase interna fosse stato deciso di contestare gli errori all’autore degli scritti, si dà allora corso alla fase esterna, cominciando con l’informarne l’Ordinario o gli Ordinari interessati alla questione, nonché i competenti Dicasteri della Curia romana. Viene intanto inviato un elenco delle proposizioni erronee e pericolose all’autore, a cui è riconosciuto peraltro il diritto di farsi assistere da un consigliere di sua fiducia (articolo 17), essendo previsto anche un incontro personale con i due. L’autore ha tre mesi di tempo per dare la sua risposta scritta, che verrà esaminata dal Congresso per valutare le argomentazioni addotte. Se dovessero emergere nuovi elementi dottrinali è possibile sottoporre ancora una volta il caso alla Consulta e alla Sessione ordinaria, la cui ulteriore decisione in merito dovrà ottenere l’approvazione pontificia, prima di essere comunicata all’Ordinario dello stesso autore, alla conferenza episcopale e ai Dicasteri interessati. In mancanza di una risposta scritta dell’autore, spetterà alla Sessione ordinaria della Congregazione prendere le opportune decisioni (articolo 19).

A norma invece dell’articolo 23 della Agendi ratio, si adotta la procedura urgente «quando lo scritto è chiaramente e sicuramente erroneo e allo stesso tempo dalla sua divulgazione potrebbe derivare o già ne deriva un danno grave ai fedeli». La rapidità con cui viene condotta tale procedura dipende dalla gravità del caso da esaminare, che rappresenta già un pericolo per i fedeli. Assicurata comunque la difesa per l’autore, il cui Ordinario e i Dicasteri interessati saranno tempestivamente informati dell’avvio di tale procedura, viene costituita dalla Congregazione una particolare Commissione incaricata per l’appunto di «determinare quanto prima le proposizioni erronee e pericolose» (articolo 24), che dovranno essere quindi esaminate dalla Sessione ordinaria della Congregazione e, qualora venissero giudicate effettivamente erronee e pericolose, una volta approvate dal Papa, «sono trasmesse all’autore, tramite l’Ordinario, con l’invito a correggerle entro due mesi utili». Rispetto alla precedente normativa, quella attuale ha il merito di offrire una serie di garanzie – presenza del relatore a favore dell’autore, eventuale assistenza di un consigliere di fiducia dell’autore, possibilità di un incontro personale tra l’autore e alcuni delegati della Congregazione – e di coinvolgere nella procedura l’Ordinario dell’autore per facilitare la soluzione del caso.

NORMATIVA PER I DELITTI RISERVATI

Nella trattazione dei delitti riservati, la Congregazione procede secondo quanto stabilito nel motuproprio di Giovanni Paolo II Sacramentorum sanctitatis tutela. Tale normativa contiene regole precise sia circa l’aspetto sostanziale, sia per quanto riguarda quello procedurale. Nel 2010 Benedetto XVI ha voluto revisionare il predetto motuproprio al fine di migliorarne l’operatività concreta e dare maggiore incisività all’azione della Chiesa. Per garantire un più rapido esame dei ricorsi circa i delitti riservati alla competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede, con Rescritto del Sommo Pontefice Francesco del 3 novembre 2014 è stato istituito uno speciale Collegio, di cui la Sessione ordinaria della Congregazione si è dotata per una maggiore efficienza.

LA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

La Pontificia Commissione Biblica fu istituita da Leone XIII, con il breve Vigilantiae studiique memores del 30 ottobre 1902, con il compito specifico di sciogliere qualsiasi dubbio che le venisse sottoposto sull’esatta interpretazione della Sacra Scrittura e di promuovere altresì il progresso degli studi biblici. Pio X provvide poco dopo ad ampliarne le facoltà allo scopo di permetterle di conferire i gradi accademici (licenza e laurea) in materia biblica, stabilendone in pari tempo le modalità con la lettera apostolica Scripturae sanctae del 23 febbraio 1904. Pio XI, con il motuproprio Bibliorum scientia del 27 aprile 1924 e la successiva costituzione Deus scientiarum Dominus del 24 maggio 1931, equiparò i titoli rilasciati dalla Commissione a quelli conferiti dagli atenei pontifici.

Completamente riformata da Paolo VI con il motuproprio Sedula cura del 27 giugno 1971, la Pontificia Commissione Biblica è ora coordinata e collegata, pur conservando inalterata la propria fisionomia, con la Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui Prefetto ne è il Presidente. Essa si compone di un Segretario (che è anche consultore della Congregazione), di un Segretario tecnico e di venti membri scelti tra i più insigni cultori di scienze bibliche, potendo essere chiamati a collaborare con le sottocommissioni di lavoro anche biblisti non cattolici, i quali però non acquisiscono per questo la qualità di membri dell’organismo. Le risposte date dalla Commissione rivestono grande importanza per gli studi biblici e possono essere consultate sul sito vaticano (http://www.vatican.va/roman_curia/congregation­s/cfaith). Gli ultimi documenti pubblicati hanno trattato i seguenti temi: L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993); Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (2001); Bibbia e morale. Radici bibliche dell’agire cristiano (2008); Ispirazione e verità della Sacra Scrittura. La Parola che viene da Dio e parla di Dio per salvare il mondo (2014).

LA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE

La Commissione Teologica Internazionale fu istituita da Paolo VI l’11 aprile 1969, in attuazione della proposta avanzata dal Sinodo dei Vescovi nella sua prima assemblea nell’ottobre del 1967, e ha il compito specifico di coadiuvare la Santa Sede e di collaborare in modo particolare con la Congregazione per la Dottrina della Fede nell’esame delle questioni dottrinali di maggiore importanza. Presieduta dal Prefetto della Congregazione, si compone di trenta membri, «esimii cultori di ricerche e di dottrine teologiche, fedeli all’insegnamento genuino della Chiesa docente», come dichiarò Paolo VI nel concistoro del 28 aprile 1969. Scelti tra i più esperti teologi fedeli al magistero della Chiesa e appartenenti alle diverse scuole di varie Nazioni, tutti i membri della Commissione sono nominati dal Papa ad quinquennium su proposta del Prefetto della Congregazione, precedentemente consultatosi con le conferenze episcopali.

Questa Commissione, i cui statuti definitivi sono stati promulgati da Giovanni Paolo II con il motuproprio Tredecim anni iam del 6 agosto 1982, è tenuta a riunirsi in assemblea plenaria almeno una volta all’anno, ma può anche esplicare la sua attività per mezzo di sottocommissioni incaricate dello studio di problemi particolari, le cui riunioni sono più frequenti. Sottoposti dapprima al Papa, i risultati degli studi della Commissione Teologica Internazionale sono quindi consegnati alla Congregazione perché possa utilizzarli nel modo più opportuno. I documenti pubblicati dalla Commissione sono raccolti nel volume Commissione Teologica Internazionale. Documenti 1969–2004 (Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2004) e presenti sul sito vaticano (http://www.vatican.va/roman_c­uria/congregations/cfaith). Tra i testi significativi più recenti si menzionano: L’interpretazione dei dogmi (1990); Alcune questioni riguardanti l’escatologia (1992); Il cristianesimo e le religioni (1997); Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato (2000); Il diaconato: evoluzione e prospettive (2003); Comunione e servizio: la persona umana creata a immagine di Dio (2004); La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo (2007) Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale (2009); Teologia oggi. Prospettive, principi e criteri (2012); Dio Trinità, unità degli uomini. Il monoteismo cristiano, principi e criteri (2014) Sensus fidei nella vita della Chiesa (2014).

LA PONTIFICIA COMMISSIONE ECCLESIA DEI

La Pontificia Commissione Ecclesia Dei venne istituita da Giovanni Paolo II con il motu proprio Ecclesia Dei del 2 luglio 1988 per «facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli religiosi e religiose finora in vario modo legati alla Fraternità fondata da Monsignor Marcel Lefèbvre, che desiderano rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica». La Commissione esercitò l’autorità della Santa Sede su istituti e comunità religiose da essa eretti, aventi come rito proprio la forma straordinaria del rito romano. La Commissione seguì e sollecitò la cura pastorale dei fedeli legati alla precedente tradizione liturgica latina in varie parti del mondo.

Con il motu proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 Benedetto XVI ampliò le facoltà della Commissione e con il motu proprio Ecclesiae unitatem del 2 luglio 2009 ne aggiornò la struttura, collegandola in modo stretto con la Congregazione per la Dottrina della Fede.

In data 30 aprile 2011, la Commissione Ecclesia Dei pubblicò l’Istruzione Universae Ecclesiae, circa l’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum.

La Commissione era presieduta dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e composta da un Segretario e da alcuni officiali. Compito della Commissione fu quello di trattare le principali questioni circa la celebrazione della Messa e dei Sacramenti nella allora forma straordinaria nonché l’integrazione di alcuni gruppi legati alla liturgia tradizionale nella piena comunione della Chiesa. Le questioni di carattere dottrinale venivano sottoposte al giudizio delle istanze ordinarie della Congregazione per la Dottrina della Fede e quindi sottomesse all’approvazione del Sommo Pontefice.

Con il motu proprio Da oltre trent’anni (17 gennaio 2019), Papa Francesco soppresse la Pontificia Commissione Ecclesia Dei e assegnò integralmente i suoi compiti alla Quarta Sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Successivamente, con il motu proprio Traditionis custodes (16 luglio 2021), Papa Francesco affidò alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica le competenze della sudetta Sezione sugli Istituti eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei e alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti le competenze circa la liturgia del Vetus Ordo.


DOCUMENTAZIONE

 

APPENDICE 1

 

Serie dei Cardinali Segretari (1602–1966) e Prefetti (dal 1968)

 

Camillo Borghese (Paolo v): 1602 – 16 maggio 1605

Pompeo Arrigoni: 1605 – 4 aprile 1616

Giovanni Garzia Millini: 1616 – 2 ottobre 1629

Antonio Barberini: 1629–1633

Francesco Barberini: 1633–1679

Cesare Facchinetti: 1679–1683

Alderano Cibo: 1683–1700

Galeazzo Marescotti: 1700–1716

Fabrizio Spada: 1716 – 15 giugno 1717

Nicolò Acciaioli: 1717 – 23 febbraio 1719

Francesco Giudice: 1719 – 10 ottobre 1725

Fabrizio Paolucci: 1725 – 12 giugno 1726

Pietro Ottoboni: 14 giugno 1726 – 28 febbraio 1740

Tommaso Ruffo: 29 agosto 1740 – 16 febbraio 1753

Neri Maria Corsini: 26 febbraio 1753 – 6 dicembre 1770

Giovanni Francesco Stoppani: 12 dicembre 1770 – 18 novembre 1774

Luigi Maria Torrigiani: 22 febbraio 1775 – 6 gennaio 1777

Carlo Rezzonico: 17 gennaio 1777 – 26 gennaio 1799

Leonardo Antonelli: 8 novembre 1800 – 23 gennaio 1811

Giulio Maria Della Somaglia: 1814 –30 marzo 1830

Bartolomeo Pacca: 5 aprile 1830 – 19 aprile 1844

Vincenzo Macchi: 25 aprile 1844 – 30 settembre 1860

Costantino Patrizi: 3 ottobre 1860 – 17 dicembre 1876

Prospero Caterini: 21 dicembre 1876 – 28 ottobre 1881

Antonio Maria Panebianco: 30 marzo 1882 – 25 gennaio 1883

Luigi Bilio: 25 gennaio 1883 – 30 gennaio 1884

Raffaele Monaco La Valletta: 15 febbraio 1884 – 14 luglio 1896

Lucido Maria Parocchi: 5 agosto 1896 – 15 gennaio 1903

Serafino Vannutelli: 17 gennaio 1903 – 31 dicembre 1908

Mariano Rampolla Del Tindaro: 31 dicembre 1908 – 16 dicembre 1913

Domenico Ferrata: 2 gennaio – 10 ottobre 1914

Raffaele Merry Del Val: 14 ottobre 1914 – 26 febbraio 1930

Donato Sbarretti: 4 luglio 1930 – 1° aprile 1939

Francesco Marchetti Selvaggiani: 30 aprile 1939 – 13 gennaio 1951

Giuseppe Pizzardo: 16 febbraio 1951 – 7 novembre 1959

Alfredo Ottaviani: 12 gennaio 1953 – 7 novembre 1959 (Pro–segretario); 7 novembre 1959 – 9 febbraio 1966 (Segretario); 9 febbraio 1966 – 6 gennaio 1968 (Pro–prefetto)

Franjo Šeper: 8 gennaio 1968 – 25 novembre 1981 (Prefetto)

Joseph Ratzinger (Benedetto xvi): 25 novembre 1981 – 2 aprile 2005

William Joseph Levada: 13 maggio 2005 – 2 luglio 2012

Gerhard Ludwig Müller: 2 luglio 2012 – 30 giugno 2017

Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I.: dal 1 luglio 2017

 


APPENDICE 2

 

Lettera apostolica sotto forma di motu proprio
INTEGRAE SERVANDAE
di Papa Paolo VI
Vengono mutati il nome ed il regolamento del Sant’Uffizio

 

I Pontefici Romani, in unione con il corpo Episcopale, hanno custodito nel corso dei secoli ed in mezzo alle umane vicissitudini il deposito della Religione rivelata, loro affidato da Dio per essere conservato integro, così che essi lo hanno trasmesso intatto fino ai nostri giorni, non senza l’intervento di un aiuto divino, poiché per mezzo loro agisce lo Spirito Santo, che è come l’anima del Corpo Mistico del Cristo.

Ma la Chiesa, che è di istituzione divina e si occupa delle cose divine, è composta di uomini e vive fra gli uomini: così, per adempiere i suoi compiti, essa si è servita di diversi strumenti secondo la diversità dei tempi e della cultura umana, dovendo infatti trattare di numerosi ed importanti affari ai quali e i Romani Pontefici stessi e i Vescovi, assorbiti da innumerevoli preoccupazioni, non avrebbero potuto provvedere da soli. È dunque dalla natura stessa delle cose che hanno avuto origine gli organi di amministrazione cioè della Curia: ad essi è stato affidato il compito di facilitare il governo della Chiesa tutelando l’osservanza delle leggi emanate, favorendo le iniziative per realizzare i fini propri della Chiesa, risolvendo le controversie eventualmente sorte.

Non c’è da meravigliarsi, dunque, se, mutando le condizioni dei tempi, in tali organismi furono introdotte delle modifiche: e in realtà più d’una volta in passato i Romani Pontefici Nostri Predecessori si sono preoccupati di introdurre riforme nella compagine della Curia Romana; a tal riguardo sono anzitutto degne di menzione le costituzioni Immensa Æterni Dei di Sisto V e Sapienti Consilio di san Pio X, le disposizioni delle quali sono state quasi integralmente incorporate nel Codice di Diritto Canonico.

Ma dopo queste costituzioni, anzi anche dopo la promulgazione stessa del Codice, le cose ed i tempi sono assai cambiati, come Noi stessi abbiamo detto nella allocuzione tenuta ai Cardinali ed al personale della Curia Romana il 21 settembre 1963 (cf. AAS 55 (1963), p. 793ss.).

Considerate tali cose e chiesto il parere dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali e dei Vescovi, Noi abbiamo decretato di realizzare una certa riforma della Curia Romana. E non c’è dubbio che si debba incominciare proprio dalla Congregazione del Sant’Offizio, per il fatto che ad essa sono affidati gli affari più importanti della Curia Romana, come sono in verità la dottrina circa la fede ed i costumi e le cause strettamente connesse a tale dottrina.

Il 21 luglio 1542 il Nostro Predecessore di f.m. Paolo III, con la costituzione apostolica Licet ab initio ha fondato la Sacra Congregazione dell’Inquisizione Romana ed Universale, alla quale affidò come fine proprio il compito di perseguire le eresie e per conseguenza di reprimere i delitti contro la fede, di proibire i libri pericolosi e di nominare degli inquisitori in tutta la Chiesa. Assai spesso poi la sua potestà si è estesa ad altri affari, o per le loro difficoltà o per la loro singolare importanza. Nel 1908, poiché l’appellativo di Inquisizione Romana ed Universale non era più rispondente alle circostanze del tempo, san Pio X con la costituzione Sapienti Consilio lo mutò in «Congregazione del Sant’Offizio».

Ma, poiché la carità esclude il timore (1Gv 4,18), alla difesa della fede ora si provvede meglio col promuovere la dottrina, in modo che, mentre si correggono gli errori e soavemente si richiamano al bene gli erranti, gli araldi del vangelo riprendono nuove forze. Inoltre il progresso della cultura umana, la cui importanza nel campo religioso non dev’essere trascurata, fa sì che i fedeli seguano con maggiore adesione ed amore le direttive della Chiesa, se, per quanto è possibile in materia di fede e di costumi, vengono fatti loro intendere con chiarezza i motivi delle definizioni e delle leggi.

Così, affinché d’ora in poi questa Sacra Congregazione adempia più perfettamente il suo compito di promuovere la sana dottrina e fattività della Chiesa nelle più importanti opere di apostolato, in virtù della Nostra Suprema Autorità Apostolica abbiamo stabilito le seguenti norme per cambiare il suo nome ed il suo regolamento:

1. Quella che finora è stata chiamata Sacra Congregazione del Sant’Offizio in avvenire avrà l’appellativo di Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui compito è di tutelare la dottrina riguardante la fede ed i costumi in tutto il mondo cattolico.

2. La presiede il Sommo Pontefice e la dirige il Cardinale Segretario con l’aiuto di un Assessore, di un Sostituto e del Promotore di Giustizia.

3. Sono di competenza della Congregazione tutte le questioni che riguardano la dottrina della fede e dei costumi o che hanno un legame con la stessa fede.

4. Essa esamina le nuove dottrine e le nuove opinioni in qualsiasi modo divulgate, promuove studi in questa materia, e favorisce Congressi di dotti; condanna quelle dottrine che risultano essere contrarie ai principi della fede, dopo aver tuttavia sentito il parere dei Vescovi di quelle regioni, se hanno particolare attinenza alle questioni.

5. Esamina con diligenza i libri che le vengono segnalati e, se sarà necessario, li condannerà, dopo aver tuttavia sentito l’autore, al quale si darà la facoltà di difendersi, anche per iscritto, e non senza aver prima avvertito l’Ordinario, come è già stato stabilito nella costituzione Sollicita ac provida del Nostro Predecessore di f. m. Benedetto XIV.

6. Parimenti è suo compito trattare giuridicamente o di fatto le questioni riguardanti il privilegio della fede.

7. Ad essa spetta pure giudicare circa i delitti contro la fede, secondo le norme del processo ordinario.

8. Provvede alla tutela della dignità del sacramento della Penitenza, procedendo secondo le sue norme emendate ed approvate che saranno comunicate agli Ordinari, dando al peccatore la facoltà di difendersi o di scegliersi un difensore tra quelli che sono autorizzati dalla Congregazione.

9. Tiene opportune relazioni con la Pontificia Commissione per gli studi biblici.

10. La Congregazione si avvale di un gruppo di Consultori che il Sommo Pontefice sceglie in tutto il mondo tra gli uomini che si distinguono per dottrina, prudenza e specializzazione.

Se la materia da trattarsi lo richiedesse, ai Consultori possono essere aggiunti degli esperti, scelti particolarmente tra professori di Università.

11. La Congregazione procede in duplice modo: o amministrativo o giudiziario, secondo la diversa natura delle cose da trattare.

12. Il regolamento interno della Congregazione sarà reso di pubblica ragione con una particolare Istruzione.

Quanto è stato da noi decretato con questa Lettera data motu proprio, comandiamo che sia stabile e ratificato nonostante qualsiasi cosa contraria.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 7 dicembre 1965, anno terzo del Nostro Pontificato.

 

PAOLO PP. VI

 


APPENDICE 3

Costituzione apostolica
PASTOR BONUS
(artt. 48–55) di Papa Giovanni Paolo II

 

Articolo 48

Compito proprio della Congregazione della Dottrina della Fede è di promuovere e di tutelare la dottrina sulla fede ed i costumi in tutto l'orbe cattolico: è pertanto di sua competenza tutto ciò che in qualunque modo tocca tale materia.

Articolo 49

Nell’adempiere il suo compito di promuovere la dottrina, essa favorisce gli studi volti a far crescere l'intelligenza della fede e perché, ai nuovi problemi scaturiti dal progresso delle scienze o della civiltà si possa dare risposta alla luce della fede.

Articolo 50

Essa è di aiuto ai Vescovi, sia singoli che riuniti nei loro organismi, nell’esercizio del compito per cui sono costituiti come autentici maestri e dottori della fede e per cui sono tenuti a custodire e a promuovere l'integrità della medesima fede.

Articolo 51

Al fine di tutelare la verità della fede e l'integrità dei costumi, si impegna fattivamente perché la fede ed i costumi non subiscano danno a causa di errori comunque divulgati. Pertanto:

1. ha il dovere di esigere che i libri ed altri scritti, pubblicati dai fedeli e riguardanti la fede e i costumi, siano sottoposti al previo esame dell’autorità competente;

2. esamina gli scritti e le opinioni che appaiono contrari alla retta fede e pericolosi e, qualora risultino opposti alla dottrina della Chiesa, data al loro fautore la possibilità di spiegare compiutamente il suo pensiero, li riprova tempestivamente, dopo aver preavvertito l'Ordinario interessato ed usando, se sarà opportuno, i rimedi adeguati;

3. si adopera, infine, affinché non manchi un'adeguata confutazione degli errori e dottrine pericolose, che vengano diffusi nel popolo cristiano.

Articolo 52

Giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano ad essa segnalati e, all'occorrenza, procede a dichiarare o ad infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio.

Articolo 53 Spetta ad essa parimenti di giudicare, in linea sia di diritto che di fatto, quanto concerne il privilegium fidei.

Articolo 54

Al suo previo giudizio sono sottoposti i documenti che debbano essere pubblicati da altri Dicasteri della Curia romana, in quanto essi riguardino la dottrina circa la fede e i costumi.

Articolo 55

Presso la Congregazione della Dottrina della Fede sono costituite la Pontificia Commissione Biblica e la Commissione Teologica Internazionale, le quali operano secondo le approvate loro norme e sono presiedute entrambe dal Cardinale Prefetto della medesima Congregazione.