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DICASTERO PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
DICASTERO PER LA CULTURA E L'EDUCAZIONE
ANTIQUA ET NOVA
Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana
I. Introduzione
1. [Antiqua et nova] Con antica e nuova sapienza (cf. Mt
13,52) siamo chiamati a considerare le odierne sfide e
opportunità poste dal sapere scientifico e tecnologico, in
particolare dal recente sviluppo dell’intelligenza artificiale
(IA). La tradizione cristiana ritiene il dono dell’intelligenza
un aspetto essenziale della creazione degli esseri umani «a
immagine di Dio» (Gen 1,27). A partire da una visione
integrale della persona e dalla valorizzazione della chiamata a
«coltivare» e «custodire» la terra (cf. Gen 2,15), la
Chiesa sottolinea che tale dono dovrebbe trovare espressione
attraverso un uso responsabile della razionalità e della
capacità tecnica a servizio del mondo creato.
2. La Chiesa incoraggia i progressi nella scienza, nella
tecnologia, nelle arti e in ogni altra impresa umana, vedendoli
come parte della «collaborazione dell’uomo e della donna con Dio
nel portare a perfezione la creazione visibile»[1].
Come afferma il Siracide, Dio «ha dato agli uomini la scienza
perché fosse glorificato nelle sue meraviglie» (Sir 38,6).
Le abilità e la creatività dell’essere umano provengono da Lui
e, se usate rettamente, a Lui rendono gloria, in quanto riflesso
della Sua saggezza e bontà. Pertanto, quando ci domandiamo cosa
significa “essere umani”, non possiamo escludere anche la
considerazione delle nostre capacità scientifiche e
tecnologiche.
3. È all’interno di questa prospettiva che la presente Nota
affronta le questioni antropologiche ed etiche sollevate
dall’IA, questioni che sono particolarmente rilevanti in quanto
uno degli scopi di questa tecnologia è di imitare
l’intelligenza umana che l’ha progettata. Per esempio, a
differenza di molte altre creazioni umane, l’IA può essere
addestrata sui prodotti dell’ingegnosità umana e quindi
generare nuovi “artefatti” con un livello di velocità e
abilità che spesso uguagliano o superano le capacità umane, come
generare testi o immagini che
risultano indistinguibili dalle composizioni umane, quindi
suscitando preoccupazione per il suo possibile influsso sulla
crescente crisi di verità nel dibattito pubblico. Oltre a ciò,
essendo una tale tecnologia progettata per imparare e adottare
in autonomia alcune scelte, adeguandosi a nuove situazioni e
fornendo soluzioni non previste dai suoi programmatori, ne
derivano problemi sostanziali di responsabilità etica e di
sicurezza, con ripercussioni più ampie su tutta la società.
Questa nuova situazione induce l’umanità a interrogarsi circa la
propria identità e il proprio ruolo nel mondo.
4. Tutto ciò considerato, vi è ampio consenso sul fatto che l’IA
segni una nuova e significativa fase nel rapporto dell’umanità
con la tecnologia, situandosi al cuore di quello che Papa
Francesco ha descritto come un «cambiamento d’epoca»[2].
La sua influenza si fa sentire a livello globale in un’ampia
gamma di settori, inclusi i rapporti interpersonali,
l’educazione, il lavoro, l’arte, la sanità, il diritto, la
guerra e le relazioni internazionali. Poiché l’IA continua a
progredire rapidamente verso traguardi ancora più grandi, è di
importanza decisiva prendere in considerazione le sue
implicazioni antropologiche ed etiche. Ciò comporta non solo la
mitigazione dei rischi e la prevenzione dei danni, ma anche la
garanzia che le sue applicazioni siano dirette alla promozione
del progresso umano e del bene comune.
5. Per contribuire positivamente a un discernimento nei confronti
dell’IA, in risposta all’invito di Papa Francesco per una
rinnovata «sapienza del cuore»[3],
la Chiesa offre la sua esperienza attraverso le riflessioni
della presente Nota che si concentrano sull’ambito
antropologico ed etico. Impegnata in un ruolo attivo all’interno
del dibattito generale su questi temi, esorta quanti hanno
l’incarico di trasmettere la fede (genitori, insegnanti, pastori
e vescovi) a dedicarsi con cura e attenzione a tale urgente
questione. Sebbene sia rivolto specialmente a costoro, il
presente documento è pensato anche per essere accessibile a un
pubblico più ampio, vale a dire a coloro i quali condividono
l’esigenza di uno sviluppo scientifico e tecnologico che sia
diretto al servizio della persona e del bene comune[4].
6. A tal fine, si intende anzitutto distinguere il concetto di
“intelligenza” in riferimento all’IA e all’essere umano. In un
primo momento, si considera la prospettiva cristiana
sull’intelligenza umana, offrendo un quadro generale di
riflessione fondato sulla tradizione filosofica e teologica
della Chiesa. Di seguito si propongono alcune linee guida, allo
scopo di assicurare che lo sviluppo e l’uso dell’IA rispettino
la dignità umana e promuovano lo sviluppo integrale della
persona e della società.
II. Che cos’è l’intelligenza
artificiale?
7. Il concetto di intelligenza nell’IA si è evoluto nel tempo,
raccogliendo in sé una molteplicità di idee provenienti da varie
discipline. Sebbene abbia radici che risalgono a secoli fa, un
momento importante di questo sviluppo si è avuto nel 1956,
quando l’informatico statunitense John McCarthy organizzò un
convegno estivo presso l’Università di Dartmouth per affrontare
il problema dell’«Intelligenza Artificiale», definito come
«quello di rendere una macchina in grado di esibire
comportamenti che sarebbero chiamati intelligenti se fosse un
essere umano a produrli»[5].
Il convegno lanciò un programma di ricerca volto a usare le
macchine per riuscire ad eseguire compiti tipicamente associati
all’intelletto umano e a un comportamento intelligente.
8. Da allora, la ricerca in questo settore è progredita
rapidamente, portando allo sviluppo di sistemi complessi in
grado di eseguire compiti molto sofisticati[6].
Questi sistemi della cosiddetta “IA ristretta” (narrow AI)
sono in genere progettati per svolgere mansioni limitate e
specifiche, come tradurre da una lingua a un’altra, prevedere
l’evoluzione di una tempesta, classificare immagini, offrire
risposte a delle domande, oppure generare immagini su richiesta
dell’utente. Sebbene nel campo di studi dell’IA si riscontri
ancora una varietà di definizioni di “intelligenza”, la maggior
parte dei sistemi contemporanei, in particolare quelli che usano
l’apprendimento automatico, si basa su inferenze statistiche
piuttosto che su deduzioni logiche. Analizzando grandi insiemi
di dati con lo scopo di identificarvi degli schemi, l’IA può
“predirne”[7] gli
effetti e proporre nuovi percorsi di indagine, imitando così
alcuni processi cognitivi tipici della capacità umana di
risoluzione dei problemi. Un tale risultato è stato possibile
grazie ai progressi nella tecnologia informatica (come le reti
neurali, l’apprendimento automatico non supervisionato e gli
algoritmi evolutivi) unitamente alle innovazioni nelle
apparecchiature (come i processori specializzati). Queste
tecnologie consentono ai sistemi di IA di rispondere a
differenti tipi di stimoli provenienti dagli esseri umani, di
adattarsi a nuove situazioni e persino di offrire soluzioni
inedite non previste dai programmatori originali[8].
9. A causa di tali rapidi progressi, molti lavori un tempo gestiti
esclusivamente dalle persone sono ora affidati all’IA. Tali
sistemi possono affiancare o addirittura sostituire le
possibilità umane in molti settori, in particolare in compiti
specializzati come l’analisi dei dati, il riconoscimento delle
immagini e le diagnosi mediche. Sebbene ogni applicazione di IA
“ristretta” sia calibrata su un compito specifico, molti
ricercatori sperano di giungere alla cosiddetta “intelligenza
artificiale generale” (Artificial General Intelligence,
AGI), cioè ad un singolo sistema, il quale, operando in ogni
ambito cognitivo, sarebbe in grado di svolgere qualsiasi lavoro
alla portata della mente umana. Alcuni sostengono che una tale
IA potrebbe un giorno raggiungere lo stadio di
“superintelligenza”, oltrepassando la capacità intellettuale
umana, o contribuire alla “superlongevità” grazie ai progressi
delle biotecnologie. Altri temono che queste possibilità, per
quanto ipotetiche, arrivino un giorno a mettere in ombra la
stessa persona umana, mentre altri ancora accolgono con favore
questa possibile trasformazione[9].
10. Alla base di questi come di molti altri punti di vista
sull’argomento, vi è l’assunto implicito che la parola
“intelligenza” vada usata allo stesso modo sia in riferimento
all’intelligenza umana che all’IA. Tuttavia, ciò non sembra
riflettere la reale portata del concetto. Per quanto attiene
all’essere umano, l’intelligenza è infatti una facoltà relativa
alla persona nella sua integralità, mentre, nel contesto
dell’IA, è intesa in senso funzionale, spesso presupponendo che
le attività caratteristiche della mente umana possano essere
scomposte in passaggi digitalizzati, in modo che anche le
macchine possano replicarli[10].
11. Questa prospettiva funzionale è esemplificata dal Test di
Turing, per il quale una macchina è da considerarsi
“intelligente” se una persona non è in grado di distinguere il
suo comportamento da quello di un altro essere umano[11].
In particolare, in questo contesto, la parola “comportamento” si
riferisce a compiti intellettuali specifici, mentre non tiene
conto dell’esperienza umana in tutta la sua ampiezza, che
comprende sia le capacità di astrazione che le emozioni, la
creatività, il senso estetico, morale e religioso, né abbraccia
tutta la varietà delle manifestazioni di cui è capace la mente
umana. Per cui, nel caso dell’IA, l’“intelligenza” di un sistema
è valutata, metodologicamente ma anche riduzionisticamente,
sulla base della sua capacità di produrre risposte
appropriate, cioè quelle che vengono associate all’intelletto
umano, a prescindere dalla modalità con cui tali risposte
vengono generate.
12. Le
sue caratteristiche avanzate conferiscono all’IA sofisticate
capacità di eseguire compiti, ma non quella di pensare[12].
Una tale distinzione è di importanza decisiva, poiché il modo in
cui si definisce l’“intelligenza” va inevitabilmente a
delimitare la comprensione del rapporto che intercorre tra il
pensiero umano e tale tecnologia[13].
Per rendersi conto di ciò, occorre ricordare che la ricchezza
della tradizione filosofica e della teologia cristiana offre una
visione più profonda e comprensiva dell’intelligenza, la quale a
sua volta è centrale nell’insegnamento della Chiesa sulla
natura, dignità e vocazione della persona umana[14].
III. L’intelligenza nella tradizione filosofica e teologica
Razionalità
13. Fin
dagli albori della riflessione dell’umanità su se stessa, la
mente ha giocato un ruolo centrale nella comprensione di cosa
significhi essere “umani”. Aristotele osservava che «tutti gli
esseri umani per natura tendono al sapere»[15].
Questo sapere umano, con la sua capacità di astrazione che
coglie la natura e il senso delle cose, li distingue dal mondo
animale[16].
L’esatta natura dell’intelligenza è stata oggetto delle ricerche
di filosofi, teologi e psicologi, i quali hanno anche esaminato
il modo in cui l’essere umano comprende il mondo e ne fa parte,
pur occupandone un posto peculiare. Attraverso questa ricerca,
la tradizione cristiana è arrivata a comprendere la persona come
un essere fatto di corpo e anima, entrambi profondamente legati
a questo mondo eppure protesi al di là di esso[17].
14. Nella tradizione classica, il concetto di intelligenza è spesso
declinato nei termini complementari di “ragione” (ratio)
e “intelletto” (intellectus). Non si tratta di facoltà
separate, ma, come spiega san Tommaso d’Aquino, di due modi di
operare della medesima intelligenza: «il termine intelletto
è desunto dall’intima penetrazione della verità; mentre
ragione deriva dalla ricerca e dal processo discorsivo»[18].
Questa sintetica descrizione consente di mettere in evidenza le
due prerogative fondamentali e complementari dell’intelligenza
umana: l’intellectus si riferisce all’intuizione della
verità, cioè al suo coglierla con gli “occhi” della mente, che
precede e fonda lo stesso argomentare, mentre la ratio
attiene al ragionamento vero e proprio, vale a dire al processo
discorsivo e analitico che conduce al giudizio. Insieme,
intelletto e ragione costituiscono i due risvolti dell’unico
atto dell’intelligere, «operazione dell’uomo in quanto
uomo»[19].
15. Presentare l’essere umano come essere “razionale” non vuol dire
ridurlo a una specifica modalità di pensiero; piuttosto,
significa riconoscere che la capacità di comprensione
intellettuale della realtà modella e permea tutte le sue
attività[20],
costituendo inoltre, esercitata nel bene o nel male, un aspetto
intrinseco della natura umana. In questo senso, la «parola
“razionale” comprende in realtà tutte le capacità di un essere
umano: sia quella di conoscere e comprendere che quella di
volere, amare, scegliere, desiderare. Il termine “razionale”
comprende poi anche tutte le capacità corporee intimamente
collegate a quelle sopradette»[21].
Una tale ampia prospettiva mette in luce come nella persona
umana, creata a “immagine di Dio”, la razionalità si integri in
modo da elevare, plasmare e trasformare sia la sua volontà che
le sue azioni[22].
Incarnazione
16. Il
pensiero cristiano considera le facoltà intellettuali nel quadro
di un’antropologia integrale che concepisce l’essere umano come
un essere essenzialmente incarnato. Nella persona umana, spirito
e materia «non sono due nature congiunte, ma la loro unione
forma un’unica natura»[23].
In altri termini, l’anima non è la “parte” immateriale della
persona contenuta nel corpo, così come questo non è l’involucro
esterno di un “nucleo” sottile e impalpabile, ma è tutto
l’essere umano ad essere, allo stesso tempo, sia materiale che
spirituale. Questo modo di pensare riflette l’insegnamento della
Sacra Scrittura, la quale considera la persona umana come un
essere che vive le sue relazioni con Dio e con gli altri, quindi
la sua dimensione prettamente spirituale, all’interno e per
mezzo di questa esistenza corporea[24].
Il significato profondo di tale condizione riceve una luce
ulteriore dal mistero dell’Incarnazione, grazie al quale Dio
stesso ha assunto la nostra carne che «è stata anche in noi
innalzata a una dignità sublime»[25].
17. Anche se profondamente radicata in un’esistenza corporea, la
persona umana trascende il mondo materiale grazie alla sua
anima, la quale «è come se fosse sull’orizzonte dell’eternità e
del tempo»[26]. La
capacità di trascendenza dell’intelletto e l’auto-possesso della
volontà libera appartengono ad essa, per la quale l’essere umano
«partecipa della luce della mente di Dio»[27].
Nonostante ciò, lo spirito umano non attua la sua normale
modalità di conoscenza senza il corpo[28].
In questo modo, le capacità intellettuali dell’essere umano sono
parte integrante di un’antropologia che riconosce che egli è
«unità di anima e di corpo»[29].
Ulteriori aspetti di questa visione verranno sviluppati in
quanto segue.
Relazionalità
18. Gli
esseri umani sono «ordinati dalla loro stessa natura alla
comunione interpersonale»[30],
avendo la capacità di conoscersi reciprocamente, di donarsi per
amore e di entrare in comunione con gli altri. Pertanto,
l’intelligenza umana non è una facoltà isolata, bensì si
esercita nelle relazioni, trovando la sua piena espressione nel
dialogo, nella collaborazione e nella solidarietà. Impariamo con
gli altri, impariamo grazie agli altri.
19. L’orientamento relazionale della persona umana si fonda, in
ultima analisi, sull’eterno dono di sé del Dio Uno e Trino, il
cui amore si rivela sia nella creazione che nella redenzione[31].
La persona è chiamata «a condividere, nella conoscenza e
nell’amore, la vita di Dio»[32].
20. Una
tale vocazione alla comunione con Dio è legata necessariamente
alla chiamata alla comunione con gli altri. L’amore di Dio non
può essere separato dall’amore per il prossimo (cf. 1Gv
4,20; Mt 22,37-39). In virtù della grazia di condividere
la vita di Dio, i cristiani sono anche resi imitatori del dono
traboccante di Cristo (cf. 2Cor 9,8-11; Ef 5,1-2)
seguendo il suo comandamento: «Come io ho amato voi, così
amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34)[33].
L’amore e il servizio, che riecheggiano l’intima vita divina di
auto-donazione, trascendono l’interesse personale per rispondere
più pienamente alla vocazione umana (cf. 1Gv 2,9). Ancora
più sublime che sapere tante cose è l’impegno a prendersi cura
gli uni degli altri, perché anche se «conoscessi tutti i misteri
e avessi tutta la conoscenza […] ma non avessi la carità, non sarei
nulla» (1Cor 13, 2).
Relazione con la Verità
21. L’intelligenza umana è in definitiva un «dono di Dio fatto per
cogliere la verità»[34].
Nella duplice accezione di intellectus-ratio, essa
rende la persona in grado di attingere a quelle realtà che
superano la semplice esperienza sensoriale o l’utilità, in
quanto «il desiderio di verità appartiene alla stessa natura
dell’uomo. È una proprietà nativa della sua ragione interrogarsi
sul perché delle cose»[35].
Andando oltre i limiti dei dati empirici, l’intelligenza umana
«può conquistare con vera certezza la realtà intelligibile»[36].
Anche se la realtà resta solo parzialmente conosciuta, «il
desiderio di verità spinge […] la ragione ad andare sempre
oltre; essa, anzi, viene come sopraffatta dalla costatazione
della sua capacità sempre più grande di ciò che raggiunge»[37].
Sebbene la Verità in sé stessa ecceda i limiti dell’intelletto
umano, esso ne è comunque attratto in modo irresistibile[38]
e sulla spinta di tale attrazione l’essere umano è portato a
ricercare «una verità più profonda»[39].
22. Questa tensione innata alla ricerca della verità si manifesta in
modo speciale nelle capacità tipicamente umane di comprensione
semantica e di produzione creativa[40],
attraverso le quali questa ricerca si svolge in «modo
rispondente alla dignità della persona umana e alla sua natura
sociale»[41].
Inoltre, uno stabile orientamento alla verità è essenziale
affinché la carità sia autentica e universale[42].
23. La
ricerca della verità raggiunge la sua espressione più alta
nell’apertura a quelle realtà che trascendono il mondo fisico e
creato. In Dio tutte le verità ottengono il loro significato più
alto e originale[43].
Affidarsi a Dio è un «momento di scelta fondamentale, in cui
tutta la persona è coinvolta»[44].
In questo modo, la persona diventa in pienezza ciò che essa è
chiamata ad essere: «intelletto e volontà esercitano al massimo
la loro natura spirituale per consentire al soggetto di compiere
un atto in cui la libertà personale è vissuta in maniera piena»[45].
Custodia del mondo
24. La
fede cristiana considera la creazione un atto libero del Dio Uno
e Trino, il quale, come spiega san Bonaventura da Bagnoregio,
crea «non per accrescere la propria gloria, ma per manifestarla
e per comunicarla»[46].
Poiché Dio crea secondo la Sua Sapienza (cf. Sap 9,9;
Ger 10,12), il mondo creato è permeato di un ordine
intrinseco che riflette il Suo disegno (cf. Gen 1; Dn
2,21-22; Is 45,18; Sal 74,12-17; 104)[47],
all’interno del quale Egli ha chiamato gli esseri umani ad
assumere un ruolo peculiare: coltivare e prendersi cura del
mondo[48].
25. Plasmato dal divino Artigiano, l’essere umano vive la sua
identità di essere a immagine di Dio «custodendo» e «coltivando»
(cf. Gen 2,15) la creazione, esercitando la sua
intelligenza e la sua perizia per assisterla e farla sviluppare
secondo il disegno del Padre[49].
In questo, l’intelligenza umana riflette l’Intelligenza divina
che ha creato tutte le cose (cf. Gen 1-2; Gv 1)[50],
continuamente le sostiene e le guida al loro fine ultimo in Lui[51].
Inoltre, l’essere umano è chiamato a sviluppare le proprie
capacità nella scienza e nella tecnica perché in esse Dio è
glorificato (cf. Sir 38,6). Pertanto, in un rapporto
corretto con il creato, da un lato, gli esseri umani impiegano
la loro intelligenza e la loro abilità per cooperare con Dio nel
guidare la creazione verso lo scopo a cui Egli l’ha chiamata[52],
mentre, dall’altro, il mondo stesso, come osserva san
Bonaventura, aiuta la mente umana ad «ascendere gradualmente,
come per i diversi gradini di una scala, fino al sommo principio
che è Dio»[53].
Una comprensione integrale
dell’intelligenza umana
26. In
questo contesto, l’intelligenza umana si mostra più chiaramente
come una facoltà che è parte integrante del modo in cui tutta la
persona si coinvolge nella realtà. Un autentico coinvolgimento
richiede di abbracciare l’intera portata del proprio essere:
spirituale, cognitivo, incarnato e relazionale.
27. Questo interesse nei confronti della realtà si manifesta in
vari modi, in quanto ogni persona, nella sua unicità multiforme[54],
cerca di capire il mondo, si relaziona con gli altri, risolve
problemi, esprime la sua creatività e ricerca il benessere
integrale attraverso la sinergia delle diverse dimensioni
dell’intelligenza[55].
Ciò chiama in causa le capacità logiche e linguistiche, ma può
comprendere anche altre modalità di interazione con il reale.
Pensiamo al lavoro dell’artigiano, il quale «deve saper scorgere
nella materia inerte una forma particolare che altri non sanno
riconoscere»[56] e
farla venire alla luce mediante la sua intuizione e la sua
perizia. I popoli indigeni che vivono vicini alla terra spesso
possiedono un profondo senso della natura e dei suoi cicli[57].
Allo stesso modo, l’amico che sa trovare la parola giusta da
dire, o la persona che sa ben gestire le relazioni umane,
esemplificano un’intelligenza che è «frutto della riflessione,
del dialogo e dell’incontro generoso fra le persone»[58].
Come osserva Papa Francesco, «nell’era dell’intelligenza
artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano
sono necessarie la poesia e l’amore»[59].
28. Al
cuore della visione cristiana dell’intelligenza vi è
l’integrazione della verità nella vita morale e spirituale della
persona, orientando il suo agire alla luce della bontà e della
verità di Dio. Secondo il Suo disegno, l’intelligenza intesa in
senso pieno include anche la possibilità di gustare ciò che è
vero, buono e bello, per cui si può affermare, con le parole del
poeta francese del XX secolo Paul Claudel, che «l’intelligenza è
nulla senza il diletto»[60].
Anche Dante Alighieri, quando raggiunge il cielo più alto nel
Paradiso, può testimoniare che il culmine di questo piacere
intellettuale si trova nella «Luce intellettüal, piena d’amore;
/ amor di vero ben, pien di letizia; / letizia che trascende
ogne dolzore»[61].
29. Una
corretta concezione dell’intelligenza umana, quindi, non può
essere ridotta alla semplice acquisizione di fatti o alla
capacità di eseguire certi compiti specifici; invece, essa
implica l’apertura della persona alle domande ultime della vita
e rispecchia un orientamento verso il Vero e il Buono[62].
Espressione dell’immagine divina nella persona, l’intelligenza è
in grado di accedere alla totalità dell’essere, cioè di
considerare l’esistenza nella sua interezza che non si esaurisce
in ciò che è misurabile, cogliendo dunque il senso di ciò che è
arrivata a comprendere. Per i credenti, questa capacità
comporta, in modo particolare, la possibilità di crescere nella
conoscenza dei misteri di Dio attraverso l’approfondimento
razionale delle verità rivelate (intellectus fidei)[63].
La vera intelligentia è modellata dall’amore divino, il
quale «è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo» (Rm 5,5). Da ciò deriva che l’intelligenza
umana possiede un’essenziale dimensione contemplativa,
cioè un’apertura disinteressata a ciò che è Vero, Buono e Bello
al di là di ogni utilità particolare.
Limiti dell’IA
30. Alla luce di quanto detto, le differenze tra l’intelligenza
umana e gli attuali sistemi di IA appaiono evidenti. Sebbene sia
una straordinaria conquista tecnologica in grado di imitare
alcune operazioni associate alla razionalità, l’IA opera
soltanto eseguendo compiti, raggiungendo obiettivi o prendendo
decisioni basate su dati quantitativi e sulla logica
computazionale. Con la sua potenza analitica, per esempio, essa
eccelle nell’integrare dati provenienti da svariati campi, nel
modellare sistemi complessi e nel favorire collegamenti
interdisciplinari. In questo modo, essa potrebbe facilitare la
collaborazione tra esperti per risolvere problemi la cui
complessità è tale che «non si possono affrontare a partire da
un solo punto di vista o da un solo tipo di interessi»[64].
31. Tuttavia, anche se l’IA elabora e simula alcune espressioni
dell’intelligenza, essa rimane fondamentalmente confinata in un
ambito logico-matematico, il quale le impone alcune limitazioni
intrinseche. Mentre l’intelligenza umana continuamente si
sviluppa in modo organico nel corso della crescita fisica e
psicologica della persona ed è plasmata da una miriade di
esperienze vissute nella corporeità, l’IA manca della capacità
di evolversi in questo senso. Sebbene i sistemi avanzati possano
“imparare” attraverso processi quali l’apprendimento automatico,
questa sorta di addestramento è essenzialmente diverso dallo
sviluppo di crescita dell’intelligenza umana, essendo questa
plasmata dalle sue esperienze corporee: stimoli sensoriali,
risposte emotive, interazioni sociali e il contesto unico che
caratterizza ogni momento. Questi elementi modellano e formano
il singolo individuo nella sua storia personale. Al contrario,
l’IA, sprovvista di un corpo fisico, si affida al ragionamento
computazionale e all’apprendimento su vasti insiemi di dati che
comprendono esperienze e conoscenze comunque raccolte da esseri
umani.
32. Di
conseguenza, sebbene l’IA possa simulare alcuni aspetti del
ragionamento umano ed eseguire certi compiti con incredibile
velocità ed efficienza, le sue capacità di calcolo rappresentano
solo una frazione delle più ampie possibilità della mente umana.
Ad esempio,essa non può attualmente replicare il discernimento
morale e la capacità di stabilire autentiche relazioni. Oltre a
ciò, l’intelligenza della persona è inserita all’interno in una
storia di formazione intellettuale e morale vissuta a livello
personale, la quale modella in modo essenziale la prospettiva
della singola persona, coinvolgendo le dimensioni fisica,
emotiva, sociale, morale e spirituale della sua vita. Poiché
l’IA non può offrire questa ampiezza di comprensione, approcci
basati solamente su questa tecnologia oppure che la assumono
come via primaria di interpretazione del mondo possono portare a
«perdere il senso della totalità, delle relazioni che esistono
tra le cose, dell’orizzonte ampio»[65].
33. L’intelligenza umana non consiste primariamente nel portare a
termine compiti funzionali, bensì nel capire e coinvolgersi
attivamente nella realtà in tutti i suoi aspetti; ed è anche
capace di sorprendenti intuizioni. Dato che l’IA non possiede la
ricchezza della corporeità, della relazionalità e dell’apertura
del cuore umano alla verità e al bene, le sue capacità, anche se
sembrano infinite, sono incomparabili alle capacità umane di
cogliere la realtà. Da una malattia si può imparare tanto, così
come si può imparare tanto da un abbraccio di riconciliazione, e
persino anche da un semplice tramonto. Tante cose che viviamo
come essere umani ci aprono orizzonti nuovi e ci offrono la
possibilità di raggiungere una nuova saggezza. Nessun
dispositivo, che lavora solo con i dati, può essere all’altezza
di queste e di tante altre esperienze presenti nelle nostre
vite.
34. Stabilire un’equivalenza troppo marcata tra intelligenza umana e
IA comporta il rischio di cedere a una visione funzionalista,
secondo la quale le persone sono valutate in base ai lavori che
possono svolgere. Tuttavia, il valore di una persona non dipende
dal possesso di singolari abilità, dai risultati cognitivi e
tecnologici o dal successo individuale, bensì dalla sua
intrinseca dignità fondata sull’essere creata a immagine di Dio[66].
Pertanto, una tale dignità rimane intatta al di là di ogni
circostanza anche in chi non è in grado di esercitare le proprie
capacità, sia che si tratti di un bambino non ancora nato, di
una persona in stato non cosciente o di un anziano sofferente[67].
Essa è alla base della tradizione dei diritti umani –
e specificatamente quelli che vengono
oggi denominati “neurodiritti” – i quali «costituiscono un
importante punto di convergenza per la ricerca di un terreno
comune»[68] e per
questo possono servire come guida etica fondamentale nelle
discussioni circa un responsabile sviluppo e uso dell’IA.
35. Alla luce di ciò, come osserva Papa Francesco, «l’utilizzo
stesso della parola “intelligenza”» in riferimento all’IA «è
fuorviante»[69] e
rischia di trascurare quanto vi è di più prezioso nella persona
umana. A partire da questa prospettiva, l’IA non dovrebbe essere
vista come una forma artificiale dell’intelligenza, ma
come uno dei suoi prodotti[70].
IV. Il ruolo dell’etica nel guidare
lo sviluppo e l’uso dell’IA
36. A
partire da queste considerazioni, ci si può chiedere come l’IA
possa essere compresa all’interno del disegno di Dio. L’attività
tecnico-scientifica non ha carattere neutro, essendo un’impresa
umana che chiama in causa le dimensioni umanistiche e
culturali dell’ingegno umano[71].
37. Viste come un frutto delle potenzialità inscritte
nell’intelligenza umana[72],
l’indagine scientifica e lo sviluppo dell’abilità tecnica sono
parte della «collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel
portare a perfezione la creazione visibile»[73].
Allo stesso tempo, tutti i traguardi scientifici e tecnologici
sono, in ultima analisi, doni di Dio[74].
Pertanto, gli esseri umani devono sempre impiegare le loro doti
in vista del fine più alto per il quale Egli le ha conferite[75].
38. Possiamo riconoscere con gratitudine come la tecnologia abbia
«posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano
l’essere umano»[76],
e di questo fatto non possiamo che rallegrarci tutti. Nonostante
ciò, non tutte le novità tecnologiche in sé rappresentano un
autentico progresso[77].
La Chiesa, pertanto, si oppone in modo particolare a quelle
applicazioni che minacciano la santità della vita o la dignità
della persona[78].
Come ogni altra impresa umana, lo sviluppo tecnologico deve
essere diretto al servizio della persona e contribuire agli
sforzi intesi a raggiungere «una maggiore giustizia, una più
estesa fraternità e un ordine più umano dei rapporti sociali», i
quali hanno «più valore dei progressi in campo tecnico»[79].
Le preoccupazioni circa le implicazioni etiche dello sviluppo
tecnologico non sono condivise solo all’interno della Chiesa, ma
anche da scienziati, studiosi della tecnologia e associazioni
professionali, i quali sempre di più invitano a una riflessione
etica che diriga tale progresso in modo responsabile.
39. Per
rispondere a queste sfide, va richiamata l’attenzione
sull’importanza della responsabilità morale fondata sulla
dignità e sulla vocazione della persona. Questo principio è
valido anche per le questioni riguardanti l’IA. In tale ambito,
la dimensione etica assume primaria importanza poiché sono le
persone a progettare i sistemi e a determinare per quali scopi
essi vengano usati[80].
Tra una macchina e un essere umano, solo quest’ultimo è
veramente un agente morale, cioè un soggetto moralmente
responsabile che esercita la sua libertà nelle proprie decisioni
e ne accetta le conseguenze[81];
solo gli esseri umani sono in relazione con la verità e il bene,
guidati dalla coscienza morale che li chiama «ad amare, a fare
il bene e a fuggire il male»[82],
attestando «l’autorità della verità in riferimento al Bene
supremo, di cui la persona umana avverte l’attrattiva»[83];
solo gli esseri umani possono essere sufficientemente
consapevoli di sé al punto da riuscire ad ascoltare e seguire la
voce della coscienza, discernendo con prudenza e ricercando il
bene possibile in ogni situazione[84].
Di fatto, anche questo appartiene all’esercizio
dell’intelligenza da parte della persona.
40. Come ogni prodotto dell’ingegno umano, anche l’IA può essere
diretta verso fini positivi o negativi[85].
Quando viene usata secondo modalità che rispettano la dignità
umana e promuovono il benessere degli individui e delle
comunità, essa può contribuire favorevolmente alla vocazione
umana. Malgrado ciò, come in tutti gli ambiti in cui gli esseri
umani sono chiamati a decidere, anche qui si estende l’ombra del
male. Laddove la libertà umana consente la possibilità di
scegliere ciò che è male, la valutazione morale di questa
tecnologia dipende da come essa venga indirizzata e impiegata.
41. Tuttavia, a essere eticamente significativi non sono soltanto i
fini, ma anche i mezzi impiegati per raggiungerli; inoltre, sono
importanti anche la visione generale e la comprensione della
persona incorporate in tali sistemi. I prodotti tecnologici
riflettono la visione del mondo dei loro sviluppatori,
proprietari, utenti e regolatori[86],
e con il loro potere «plasmano il mondo e impegnano le coscienze
sul piano dei valori»[87].
A livello sociale, alcuni sviluppi tecnologici potrebbero anche
rafforzare relazioni e dinamiche di potere che non sono in linea
con una corretta visione della persona e della società.
42. Pertanto, sia i fini che i mezzi usati in una data applicazione
dell’IA, così come la visione generale che essa incorpora,
devono essere valutati per assicurarsi che rispettino la dignità
umana e promuovano il bene comune[88].
Infatti, come ha detto Papa Francesco, la «dignità intrinseca di
ogni uomo e di ogni donna» deve essere «il criterio-chiave nella
valutazione delle tecnologie emergenti, le quali rivelano la
loro positività etica nella misura in cui aiutano a manifestare
tale dignità e ad incrementarne l’espressione, a tutti i livelli
della vita umana»[89],
inclusa la sfera sociale ed economica. In questo senso,
l’intelligenza umana svolge un ruolo cruciale non solo nella
progettazione e nella produzione della tecnologia, ma anche nel
dirigerne l’uso in linea con l’autentico bene della persona[90].
La responsabilità dell’esercizio di questa gestione appartiene
saggiamente a ogni livello della società, sotto la guida del
principio di sussidiarietà e degli altri principi della Dottrina
Sociale della Chiesa.
Un aiuto alla libertà umana e alle
decisioni
43. L’impegno a che l’IA sempre sostenga e promuova il valore
supremo della dignità di ogni essere umano e la pienezza della
sua vocazione è un criterio di discernimento che interessa
gli sviluppatori, i proprietari, gli operatori e i regolatori,
così come gli utenti finali, e rimane valido per ogni impiego
della tecnologia in tutti i livelli di utilizzo.
44. Un’analisi delle implicazioni di tale principio, allora,
potrebbe iniziare prendendo in considerazione l’importanza della
responsabilità morale. Poiché una causalità morale in
senso pieno appartiene solo agli agenti personali, non a
quelli artificiali, ha massima rilevanza l’essere in grado di
identificare e definire chi sia responsabile dei processi di IA,
in particolare di quelli che includono possibilità di
apprendimento, correzione e riprogrammazione. Se, da un lato, i
metodi empirici (bottom-up) e le reti neurali molto
profonde consentono all’IA di risolvere problemi complessi,
dall’altro, essi rendono difficili da comprendere i processi che
hanno condotto a tali soluzioni. Ciò complica l’accertamento
delle responsabilità, poiché se un’applicazione di IA dovesse
produrre risultati indesiderati, diventerebbe arduo stabilire a
quale persona attribuirli. Per far fronte a questo problema,
occorre prestare attenzione alla natura dei processi di
attribuzione di responsabilità (accountability) in
contesti complessi e con elevata automazione, laddove i
risultati sono spesso osservabili solo nel medio-lungo termine.
Per questo, è importante che colui che compie decisioni sulla
base dell’IA sia ritenuto responsabile per le stesse e che sia
possibile rendere conto dell’uso dell’IA in ogni fase del
processo decisionale[91].
45. Oltre a determinare le responsabilità, si devono stabilire quali
siano gli scopi dati ai sistemi di IA. Sebbene questi possano
usare meccanismi di apprendimento autonomo non supervisionato e
talvolta seguire percorsi che non si è in grado di ricostruire,
in ultima analisi essi perseguono gli obiettivi che sono stati
loro assegnati dagli esseri umani e sono governati da processi
stabiliti da coloro che li hanno progettati e programmati. Ciò
rappresenta una sfida poiché, man mano che i modelli di IA
diventano sempre più capaci di apprendimento indipendente, può
ridursi di fatto la possibilità di esercitare un controllo su di
essi al fine di garantire che tali applicazioni siano a servizio
degli scopi umani. Ciò pone il problema critico di come
assicurare che i sistemi di IA siano ordinati al bene delle
persone e non contro di esse.
46. Se
un uso etico dei sistemi di IA chiama in causa innanzitutto
coloro che li sviluppano, producono, gestiscono e
supervisionano, una tale responsabilità è condivisa anche dagli
utenti. Infatti, come ha osservato Papa Francesco, «ciò che la
macchina fa è una scelta tecnica tra più possibilità e si basa o
su criteri ben definiti o su inferenze statistiche. L’essere
umano, invece, non solo sceglie, ma in cuor suo è capace di
decidere»[92]. Chi
usa l’IA per compiere un lavoro e ne segue i risultati crea un
contesto nel quale egli è in ultima analisi responsabile del
potere che ha delegato. Pertanto, nella misura in cui l’IA può
assistere gli esseri umani nel prendere decisioni, gli algoritmi
che la guidano dovrebbero essere affidabili, sicuri,
sufficientemente robusti da gestire le incongruenze, e
trasparenti nel loro funzionamento per attenuare pregiudizi (bias)
ed effetti collaterali indesiderati[93].
I quadri normativi dovrebbero garantire che tutte le persone
giuridiche possano rendere conto dell’uso dell’IA e di tutte le
sue conseguenze, con adeguate misure a salvaguardia di
trasparenza, riservatezza e responsabilità (accountability)[94].
Inoltre, gli utenti dovrebbero fare attenzione a non diventare
eccessivamente dipendenti dall’IA per le proprie decisioni,
accrescendo il già alto grado di subalternità alla tecnologia
che caratterizza la società contemporanea.
47. L’insegnamento morale e sociale della Chiesa aiuta a predisporre
un uso dell’IA che preservi la capacità umana di azione. Le
considerazioni riguardanti la giustizia, ad esempio, dovrebbero
interessarsi di questioni quali l’incoraggiamento di giuste
dinamiche sociali, la difesa della sicurezza internazionale e la
promozione della pace. Esercitando la prudenza, individui e
comunità possono discernere come usare l’IA a beneficio
dell’umanità, evitando al contempo applicazioni che potrebbero
sminuire la dignità umana o danneggiare il pianeta. In questo
contesto, il concetto di “responsabilità” dovrebbe essere inteso
non solo nel suo senso più ristretto, ma come «prendersi cura
dell’altro, e non solo […] dare conto di ciò che si è fatto»[95].
48. Pertanto, l’IA, come ogni tecnologia, può essere parte di una
risposta consapevole e responsabile alla vocazione dell’umanità
al bene. Tuttavia, come discusso in precedenza, essa deve essere
diretta dall’intelligenza umana per allinearsi a tale vocazione,
assicurando il rispetto della dignità della persona.
Riconoscendo questa «eminente dignità», il Concilio Vaticano II
afferma che «l’ordine sociale […] e il suo progresso debbono
sempre lasciar prevalere il bene delle persone»[96].
Alla luce di ciò, l’uso dell’IA, come ha detto Papa Francesco,
deve essere accompagnato «da un’etica fondata su una visione del
bene comune, un’etica di libertà, responsabilità e fraternità,
capace di favorire il pieno sviluppo delle persone in relazione
con gli altri e con il creato»[97].
V. Questioni specifiche
49. All’interno di questa prospettiva generale, qui di seguito
alcuni rilievi illustreranno come gli argomenti esposti sopra
possano aiutare ad un orientamento nelle situazioni
concrete, in linea con la «sapienza del cuore» proposta da Papa
Francesco[98]. Pur
non essendo esaustiva, questa proposta è offerta a
servizio di un dialogo che cerchi di individuare quelle modalità
con cui l’IA possa sostenere la dignità umana e
promuovere il bene comune[99].
L’IA e la società
50. Come ha detto Papa Francesco, «la dignità intrinseca di ogni
persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica
famiglia umana devono stare alla base dello sviluppo di nuove
tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle
prima del loro impiego»[100].
51. Considerata in questa ottica, l’IA potrebbe «introdurre
importanti innovazioni nell’agricoltura, nell’istruzione e nella
cultura, un miglioramento del livello di vita di intere nazioni
e popoli, la crescita della fraternità umana e dell’amicizia
sociale», e quindi essere «utilizzata per promuovere lo sviluppo
umano integrale»[101].
Essa potrebbe inoltre aiutare le organizzazioni a
identificare le persone che si trovano in stato di
necessità e a contrastare i casi di discriminazione ed
emarginazione. In questi e altri modi analoghi, l’IA potrebbe
contribuire allo sviluppo umano e al bene comune[102].
52. Tuttavia, se da un lato l’IA racchiude molte possibilità di
bene, dall’altro essa può ostacolare o persino avversare lo
sviluppo umano e il bene comune. Papa Francesco ha osservato che
«i dati finora raccolti sembrano suggerire che le tecnologie
digitali siano servite ad aumentare le disuguaglianze nel mondo.
Non solo le differenze di ricchezza materiale, che pure sono
importanti, ma anche quelle di accesso all’influenza politica e
sociale»[103]. In
questo senso, l’IA potrebbe essere usata per protrarre
situazioni di marginalizzazione e discriminazione, per creare
nuove forme di povertà, per allargare il “divario digitale” e
aggravare le disuguaglianze sociali[104].
53. Inoltre, il fatto che attualmente la maggior parte del potere
sulle principali applicazioni dell’IA sia concentrato nelle mani
di poche potenti aziende solleva notevoli preoccupazioni etiche.
Ad aggravare questo problema vi è anche l’intrinseca natura dei
sistemi di IA, nei quali nessun singolo individuo è in grado di
avere una supervisione completa dei vasti e complessi insiemi di
dati utilizzati per il calcolo. Questa mancanza di una
responsabilità (accountability) ben definita
produce il rischio che l’IA possa essere manipolata per guadagni
personali o aziendali, o per orientare l’opinione pubblica verso
l’interesse di un settore. Tali entità, motivate dai propri
interessi, possiedono la capacità di esercitare «forme di
controllo tanto sottili quanto invasive, creando meccanismi di
manipolazione delle coscienze e del processo democratico»[105].
54. Oltre a ciò, vi è il rischio che l’IA venga utilizzata
per promuovere quello che Papa Francesco ha chiamato
«paradigma tecnocratico», il quale intende risolvere
tendenzialmente tutti i problemi del mondo attraverso i
soli mezzi tecnologici[106].
Seguendo questo paradigma, la dignità umana e la fraternità sono
spesso messe da parte in nome dell’efficienza, «come se la
realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal
potere stesso della tecnologia e dell’economia»[107].
Invece, la dignità umana e il bene comune non dovrebbero mai
essere trascurati in nome dell’efficienza[108],
per cui «gli sviluppi tecnologici che non portano a un
miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al
contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non
potranno mai essere considerati vero progresso»[109].
Piuttosto, l’IA dovrebbe essere messa «al servizio di un altro
tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più
integrale»[110].
55. Per raggiungere tale obiettivo è necessaria una
riflessione più profonda circa il rapporto tra autonomia
e responsabilità, poiché una maggiore autonomia comporta
una responsabilità più grande per ogni persona nei vari aspetti
della vita comune. Per i cristiani, il fondamento di questa
responsabilità è il riconoscimento che ogni capacità umana,
compresa l’autonomia della persona, proviene da Dio e ha lo
scopo di essere messa al servizio agli altri[111].
Pertanto, piuttosto che limitarsi a perseguire obiettivi
economici o tecnologici, l’IA dovrebbe essere usata in favore
«del bene comune dell’intera famiglia umana», cioè dell’insieme
«di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai
gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria
perfezione più pienamente e più speditamente»[112].
L’IA e le relazioni umane
56. Il
Concilio Vaticano II afferma che l’essere umano per «sua
intima natura è un essere sociale e senza i rapporti con gli
altri non può vivere né esplicare le sue doti»[113].
Questa convinzione evidenzia che la vita in società appartiene
alla natura e alla vocazione della persona[114].
In quanto esseri sociali, gli esseri umani cercano relazioni che
comportano uno scambio reciproco e la ricerca della verità, con
la quale, «allo scopo di aiutarsi vicendevolmente nella
ricerca, gli uni rivelano agli altri la verità che hanno
scoperta o che ritengono di avere scoperta»[115].
57. Una
tale ricerca, insieme ad altri aspetti della comunicazione
umana, presuppone l’incontro e il mutuo scambio tra persone che
recano in sé l’impronta delle proprie storie, dei propri
pensieri, convinzioni e relazioni. Non
possiamo nemmeno dimenticare che l’intelligenza umana è una
realtà molteplice, plurima e complessa: individuale e sociale;
razionale e affettiva; concettuale e simbolica. Papa
Francesco mette in evidenza questa dinamica, notando come
«possiamo cercare insieme la verità nel dialogo, nella
conversazione pacata o nella discussione appassionata. È un
cammino perseverante, fatto anche di silenzi e di sofferenze,
capace di raccogliere con pazienza la vasta esperienza delle
persone e dei popoli. […] Il problema è che una via di
fraternità, locale e universale, la possono percorrere soltanto
spiriti liberi e disposti a incontri reali»[116].
58. È
in questo contesto che si possono considerare le sfide
poste dall’IA alle relazioni umane. Come altri mezzi
tecnologici, l’IA ha la capacità di favorire le connessioni
all’interno della famiglia umana. Tuttavia, l’IA potrebbe anche
ostacolare un vero incontro con la realtà e, in definitiva,
portare le persone a «una profonda e malinconica insoddisfazione
nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento»[117].
Le autentiche relazioni umane, tuttavia, richiedono la ricchezza
umana del saper stare con gli altri, condividendo il loro
dolore, le loro richieste e la loro gioia[118].
Poiché l’intelligenza umana si esprime e si arricchisce anche
attraverso vie interpersonali e incarnate, gli incontri
autentici e spontanei con gli altri sono indispensabili per
impegnarsi con la realtà nella sua interezza.
59. Proprio perché «la vera saggezza presuppone l’incontro
con la realtà»[119],
i progressi dell’IA lanciano un’ulteriore sfida: poiché essa è
in grado di imitare efficacemente le opere dell’intelligenza
umana, non si può più dare per scontata la capacità di capire se
si sta interagendo con un essere umano oppure con una macchina.
Sebbene l’IA “generativa” sia in grado di produrre testi,
discorsi, immagini e altri output avanzati, che di solito
sono opera di esseri umani, essa va considerata
per quello che è: uno strumento, non una persona[120].
Tale distinzione spesso è oscurata dal linguaggio
utilizzato dagli operatori del settore, il quale tende ad
antropomorfizzare l’IA e offusca così la linea di
demarcazione tra ciò che è umano e ciò che è artificiale.
60. L’antropomorfizzazione dell’IA pone particolari problemi per la
crescita dei bambini, i quali possono sentirsi incoraggiati a
sviluppare schemi di interazione che intendono le
relazioni umane in modo utilitaristico, così come avviene con i
chatbot. Tali approcci rischierebbero di indurre i
più giovani a percepire gli insegnanti come dispensatori di
informazioni e non come maestri che li guidano e sostengono la
loro crescita intellettuale e morale. Relazioni
genuine, radicate nell’empatia e in un impegno leale per
il bene dell’altro, sono essenziali ed insostituibili nel
favorire un pieno sviluppo della persona.
61. In
questo contesto, è importante chiarire – anche se spesso si fa
ricorso a una terminologia antropomorfica – che nessuna
applicazione dell’IA è in grado di provare davvero
empatia. Le emozioni non si possono ridurre a espressioni
facciali oppure a frasi generate in risposta alle richieste
dell’utente; invece, le emozioni sono comprese nel modo con cui
una persona, nella sua interezza, si relaziona con il mondo e
con la sua stessa vita, con il corpo che vi gioca un ruolo
centrale. L’empatia richiede capacità di ascolto, di riconoscere
l’irriducibile unicità dell’altro, di accogliere la sua alterità
e anche di capire il significato dei suoi silenzi[121].
A differenza dell’ambito dei giudizi analitici, nel quale
l’IA primeggia, la vera empatia esiste nella sfera relazionale.
Essa chiama in causa la percezione e il far proprio il
vissuto dell’altro, pur mantenendo la distinzione di ogni
individuo[122].
Nonostante l’IA possa simulare risposte empatiche, la natura
spiccatamente personale e relazionale dell’autentica
empatia non può essere replicata da sistemi artificiali[123].
62. Perciò, si dovrebbe sempre evitare di rappresentare, in
modo erroneo, l’IA come una persona, e attuare ciò
per scopi fraudolenti costituisce una grave violazione etica che
potrebbe erodere la fiducia sociale. Ugualmente, utilizzare l’IA
per ingannare in altri contesti – quali
l’educazione o le relazioni umane, compresa la sfera della
sessualità – è da ritenere immorale e richiede
un’attenta vigilanza, onde prevenire eventuali danni, mantenere
la trasparenza e garantire la dignità di tutti[124].
63. In
un mondo sempre più individualista, alcuni si sono rivolti
all’IA alla ricerca di relazioni umane profonde, di semplice
compagnia o anche di legami affettivi. Tuttavia, pur
riconoscendo che gli esseri umani sono fatti per vivere
relazioni autentiche, occorre ribadire che l’IA può soltanto
simularle. Tali relazioni con altri esseri umani sono parte
integrante del modo con cui una persona umana cresce per
diventare ciò che è destinata a essere. Pertanto, se l’IA è
usata per favorire contatti genuini tra le persone, essa
può contribuire in modo positivo alla piena realizzazione
della persona; viceversa, se al posto di tali relazioni e del
rapporto con Dio si sostituiscono le relazioni con i mezzi della
tecnologia, si rischia di sostituire l’autentica relazionalità
con un simulacro senza vita (cf. Sal 160,20; Rm
1,22-23). Invece di ritirarci in mondi artificiali, siamo
chiamati a coinvolgerci in modo serio ed impegnato col mondo,
fino ad identificarci con i poveri e i sofferenti, a consolare
chi è nel dolore e a creare legami di comunione con tutti.
IA, economia e lavoro
64. L’IA, data la sua natura trasversale, trova una crescente
applicazione anche nei sistemi economico-finanziari. Al momento,
gli investimenti più marcati si osservano, oltre che nel settore
della tecnologia, in quelli dell’energia, della finanza e dei
media, con particolare riferimento alle aree marketing e
vendite, logistica, innovazione tecnologica, compliance,
gestione dei rischi. Dall’applicazione in questi ambiti emerge
la natura ambivalente dell’IA, in quanto fonte di enormi
opportunità ma anche di profondi rischi. Una prima reale
criticità deriva dalla possibilità che, per via della
concentrazione dell’offerta in poche aziende, siano queste sole
a beneficiare del valore creato dall’IA piuttosto che le imprese
in cui è utilizzata.
65. Inoltre, in ambito economico-finanziario vi sono aspetti più
generali su cui l’IA può produrre effetti da valutare
attentamente, legati soprattutto all’interazione tra la realtà
concreta e il mondo digitale. Un primo punto da considerare
riguarda la coesistenza di istituzioni economiche e finanziarie
che si presentano in un dato contesto sotto forme diverse e
alternative. Si tratta di un fattore da promuovere poiché
potrebbe portare con sé benefici in termini di sostegno
all’economia reale favorendone lo sviluppo e la stabilità,
specialmente in periodi di crisi. Tuttavia, occorre sottolineare
che le realtà digitali, essendo libere da vincoli spaziali,
tendono a essere più omogenee e impersonali rispetto a una
comunità legata a un luogo particolare e a una storia concreta,
con un cammino comune caratterizzato da valori e speranze
condivisi, ma anche da inevitabili disaccordi e divergenze.
Questa diversità costituisce un’innegabile risorsa per la vita
economica di una comunità. Consegnare l’economia e la finanza
totalmente nelle mani della tecnologia digitale significherebbe
ridurre tale varietà e ricchezza, per cui tante soluzioni a
problemi economici, accessibili attraverso un naturale dialogo
tra le parti coinvolte, potrebbero non essere più praticabili in
un mondo dominato da procedure e vicinanze solo apparenti.
66. Un
altro settore in cui l’impatto dell’IA è già profondamente
sentito è il mondo del lavoro. Come in molti altri ambiti, essa
sta provocando sostanziali trasformazioni in molte professioni
con effetti diversificati. Da una parte, l’IA ha le potenzialità
per accrescere le competenze e la produttività, offrendo la
possibilità di creare posti di lavoro, consentendo ai
lavoratori di concentrarsi su compiti più innovativi e aprendo
nuovi orizzonti alla creatività e all’inventiva.
67. Tuttavia, mentre l’IA promette di dare impulso alla produttività
facendosi carico delle mansioni ordinarie, i lavoratori sono
spesso costretti ad adattarsi alla velocità e alle richieste
delle macchine, piuttosto che siano queste ultime a essere
progettate per aiutare chi lavora. Per questo, contrariamente ai
benefici dell’IA che vengono pubblicizzati, gli attuali
approcci alla tecnologia possono paradossalmente
dequalificare i lavoratori, sottoporli a una sorveglianza
automatizzata e relegarli a funzioni rigide e ripetitive. La
necessità di stare al passo con il ritmo della tecnologia può
erodere il senso della propria capacità di agire da parte dei
lavoratori e soffocare le capacità innovative che questi sono
chiamati a profondere nel loro lavoro[125].
68. L’IA sta eliminando la necessità di alcune attività
precedentemente svolte dagli esseri umani. Se essa viene usata
per sostituire i lavoratori umani piuttosto che per
accompagnarli, c’è il «rischio sostanziale di un vantaggio
sproporzionato per pochi a scapito dell’impoverimento di molti»[126].
Inoltre, man mano che l’IA diventa più potente, c’è anche il
pericolo associato che il lavoro perda il suo valore nel
sistema economico. Questa è la conseguenza logica del paradigma
tecnocratico: il mondo di un’umanità asservita all’efficienza,
nel quale, in ultima analisi, il costo di tale umanità deve
essere tagliato. Invece, le vite umane sono preziose in se
stesse, al di là del loro rendimento economico. Papa Francesco
costata che, come conseguenza di questo paradigma, oggi «non
sembra abbia senso investire affinché quelli che rimangono
indietro, i deboli o i meno dotati possano farsi strada nella
vita»[127]. E
dobbiamo concludere con lui che «non possiamo permettere a uno
strumento così potente e così indispensabile come l’intelligenza
artificiale di rinforzare un tale paradigma, ma anzi, dobbiamo
fare dell’intelligenza artificiale un baluardo proprio contro la
sua espansione»[128].
69. Per
questo, è bene ricordare sempre che «nell’ordinare le cose ci si
deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario»[129].
Perciò, il lavoro umano deve essere non solo al
servizio del profitto, ma «dell’uomo: dell’uomo integralmente
considerato, tenendo cioè conto della gerarchia dei suoi bisogni
materiali e delle esigenze della sua vita intellettuale, morale,
spirituale e religiosa»[130].
In questo contesto, la Chiesa riconosce come il lavoro sia «non
solo […] un modo di guadagnarsi il pane», ma anche «una
dimensione irrinunciabile della vita sociale» e «un mezzo per la
crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere
sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili
nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come
popolo»[131].
70. Poiché il lavoro «è parte del senso della vita su questa terra,
via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione
personale», «non si deve cercare di sostituire sempre più il
lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo
l’umanità danneggerebbe sé stessa»[132],
bensì occorre adoperarsi per la sua promozione. In questa
prospettiva, l’IA dovrebbe assistere e non sostituire il
giudizio umano, così come non dovrebbe mai degradare la
creatività o ridurre i lavoratori a meri “ingranaggi di una
macchina”. Perciò «il rispetto della dignità dei
lavoratori e l’importanza dell’occupazione per il benessere
economico delle persone, delle famiglie e delle società, la
sicurezza degli impieghi e l’equità dei salari, dovrebbero
costituire un’alta priorità per la comunità internazionale,
mentre queste forme di tecnologia penetrano sempre più
profondamente nei luoghi di lavoro»[133].
L’IA e la sanità
71. In
quanto partecipi dell’opera guaritrice di Dio, gli operatori
sanitari hanno la vocazione e la responsabilità di essere
«custodi e servitori della vita umana»[134].
Per questo, la professione sanitaria ha una «intrinseca e
imprescindibile dimensione etica», come riconosciuto dal
giuramento di Ippocrate, il quale richiede a medici e operatori
sanitari di impegnarsi per il «rispetto assoluto della vita
umana e della sua sacralità»[135].
Un tale impegno, sull’esempio del Buon Samaritano, deve essere
svolto da uomini e donne «che non lasciano edificare una società
di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano
l’uomo caduto, perché il bene sia comune»[136].
72. Considerata in quest’ottica, l’IA sembra detenere un enorme
potenziale in svariate applicazioni in campo medico, ad esempio
in aiuto all’attività diagnostica degli operatori sanitari,
facilitando il rapporto tra pazienti e personale medico,
offrendo nuovi trattamenti ed ampliando l’accesso a cure di
qualità anche a coloro che soffrono situazioni di
isolamento o marginalità. In questo modo, la tecnologia potrebbe
migliorare «la vicinanza piena di compassione e di tenerezza»[137]
degli operatori sanitari nei confronti dei malati e sofferenti.
73. Tuttavia, qualora l’IA venisse usata non per migliorare, ma per
sostituire interamente la relazione tra pazienti e operatori
sanitari, lasciando che i primi interagiscano con una macchina
piuttosto che con un essere umano, si verificherebbe la
riduzione di una struttura relazionale umana assai importante
in un sistema centralizzato, impersonale e non equo. Invece
di incoraggiare la solidarietà con i malati e i sofferenti,
queste applicazioni dell’IA rischierebbero di peggiorare quella
solitudine che frequentemente accompagna la malattia,
specialmente nel contesto di una cultura dove «le persone non
sono più sentite come un valore primario da rispettare e
tutelare»[138].
Un uso siffatto di tali sistemi non sarebbe conforme al rispetto
della dignità della persona e alla solidarietà con i sofferenti.
74. La
responsabilità per il benessere del paziente e le relative
decisioni che interessano la sua vita rappresentano il cuore
della professione sanitaria. Questa responsabilità richiede che
il personale medico eserciti tutta la sua capacità e
intelligenza per compiere scelte ponderate ed eticamente
motivate nei confronti delle persone affidate alla loro cura,
sempre nel rispetto della dignità inviolabile del paziente e del
principio del consenso informato. Di conseguenza, le decisioni
che riguardano il trattamento dei pazienti e il peso della
responsabilità ad esse legato devono sempre rimanere in capo
alle persone e mai essere delegati all’IA[139].
75. Oltre a ciò, l’uso dell’IA per determinare chi debba ricevere
cure, basandosi prevalentemente su criteri economici o di
efficienza, è un caso particolarmente problematico di «paradigma
tecnocratico» che dovrebbe essere rifiutato[140].
Infatti, «ottimizzare le risorse significa utilizzarle in modo
etico e solidale e non penalizzare i più fragili»[141];
senza contare che, in questo ambito, tali strumenti sono esposti
«a forme di pregiudizio e discriminazione: gli errori sistemici
possono facilmente moltiplicarsi, producendo non solo
ingiustizie in singoli casi ma anche, per effetto domino, vere e
proprie forme di disuguaglianza sociale»[142].
76. Inoltre, l’integrazione dell’IA nel mondo sanitario pone anche
il rischio di amplificare altre disuguaglianze già esistenti
nell’accesso alle cure. Poiché l’assistenza sanitaria si orienta
sempre più sulla prevenzione e su approcci basati sullo stile di
vita, può accadere che le soluzioni orientate dall’IA
possano involontariamente facilitare le popolazioni più
abbienti, le quali già godono di un maggiore accesso alle
risorse mediche e a un’alimentazione di qualità. Questa tendenza
rischia di rafforzare il modello di una “medicina per i ricchi”,
in cui le persone provviste di mezzi finanziari traggono
beneficio da strumenti avanzati di prevenzione e da informazioni
mediche personalizzate, mentre altri riescono a fatica ad avere
accesso persino ai servizi di base. Pertanto, sono necessari
quadri equi di gestione per garantire che l’utilizzo dell’IA
nell’assistenza sanitaria non aggravi le disuguaglianze
esistenti, ma sia al servizio del bene comune.
IA ed educazione
77. Mantengono una piena attualità le parole del Concilio Vaticano
II: «La vera educazione deve promuovere la formazione della
persona umana sia in vista del suo fine ultimo, sia per il bene
dei vari gruppi di cui l’uomo è membro»[143].
Ne consegue che l’educazione «non è mai un semplice
processo di trasmissione di conoscenze e competenze
intellettuali; essa intende piuttosto contribuire alla
formazione integrale della persona nelle sue diverse dimensioni
(intellettuale, culturale, spirituale...) incluse, ad esempio,
la vita comunitaria e le relazioni vissute all’interno della
comunità accademica»[144],
nel rispetto della natura e della dignità della persona umana.
78. Questo approccio implica un impegno a formare la mente,
sempre però come parte dello sviluppo integrale della
persona: «Dobbiamo rompere quell’immaginario
sull’educazione, secondo cui educare è riempire la testa di
idee. Così educhiamo degli automi, dei macrocefali, non delle
persone. Educare è rischiare nella tensione tra la testa, il
cuore e le mani»[145].
79. Al
centro di questo lavoro di formazione della persona umana
integrale si trova l’indispensabile relazione tra
insegnante e studente. Gli insegnanti non si limitano a
trasmettere la conoscenza, ma sono anche modelli delle
principali qualità umane e ispiratori della gioia della scoperta[146].
La loro presenza motiva gli studenti sia attraverso i contenuti
che insegnano, sia tramite l’attenzione che mostrano nei loro
confronti. Questo legame favorisce la fiducia, la comprensione
reciproca e la capacità di rivolgersi alla dignità unica
e al potenziale di ciascun individuo. Nello studente, ciò
può generare un autentico desiderio di crescere. La
presenza fisica dell’insegnante crea una dinamica relazionale
che l’IA non può replicare, una dinamica che
approfondisce l’impegno e alimenta lo sviluppo integrale dello
studente.
80. In
questo contesto, l’IA presenta sia opportunità che sfide. Se
usata in maniera prudente, all’interno di una reale
relazione tra insegnante e studente e ordinata agli scopi
autentici dell’educazione, essa può diventare una preziosa
risorsa educativa, migliorando l’accesso all’istruzione e
offrendo un supporto personalizzato e riscontri immediati agli
studenti. Questi vantaggi potrebbero migliorare l’esperienza
dell’apprendimento, soprattutto nei casi in cui è necessaria
un’attenzione particolare ai singoli o in cui le risorse
educative sono scarse.
81. D’altra parte, un compito essenziale dell’educazione è formare
«l’intelletto a ragionare bene in tutte le materie, a
protendersi verso la verità e ad afferrarla»[147],
aiutando il «linguaggio della testa» a crescere in armonia con
il «linguaggio del cuore» e il «linguaggio delle mani»[148].
Tutto ciò poi è ancora più vitale in un’epoca segnata dalla
tecnologia, in cui «non si tratta più soltanto di “usare”
strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura
ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla
nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli
altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di
informarsi, di entrare in relazione con gli altri»[149].
Tuttavia, invece che promuovere «un intelletto colto» il quale
«porta con sé potere e grazia in ogni lavoro e occupazione che
intraprende»[150],
l’ampio ricorso all’IA in ambito educativo potrebbe
portare a un’accresciuta dipendenza degli studenti dalla
tecnologia, intaccando la loro capacità di svolgere alcune
attività in modo autonomo e un peggioramento della
dipendenza dagli schermi[151].
82. Oltre a ciò, mentre alcuni sistemi di IA sono stati pensati in
modo specifico per aiutare le persone a sviluppare le proprie
capacità di pensiero critico e di risoluzione dei problemi,
molti altri programmi si limitano a fornire risposte invece di
spingere gli studenti a reperirle da sé, oppure a scrivere essi
stessi dei testi[152].
Invece di allenare i giovani ad accumulare informazioni e a
fornire veloci risposte, l’educazione dovrebbe «promuovere
libertà responsabili, che nei punti di incrocio sappiano
scegliere con buon senso e intelligenza»[153].
A partire da questo, «l’educazione all’uso di forme di
intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a
promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di
ogni età, ma soprattutto i giovani, sviluppino una capacità di
discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o
prodotti da sistemi di intelligenza artificiale. Le scuole, le
università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare
gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti
sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della
tecnologia»[154].
83. Come ricordava san Giovanni Paolo II, «nel mondo di oggi, caratterizzato da
sviluppi tanto rapidi nella scienza e nella tecnologia, i compiti
dell’Università cattolica assumono un’importanza e un’urgenza sempre maggiore»[155].
In modo particolare, si esortano le Università Cattoliche a
farsi presenti come grandi laboratori di speranza, in questo
crocevia della storia. In chiave inter e transdisciplinare,
esercitino «con sapienza e creatività»[156],
una ricerca accurata su questo fenomeno; contribuendo a fare
emergere le potenzialità salutari nei diversi ambiti della
scienza e della realtà; guidandole sempre verso applicazioni che
siano eticamente qualificate, chiaramente al servizio della
coesione delle nostre società e del bene comune; raggiungendo
nuove frontiere del dialogo tra la Fede e la Ragione.
84. Inoltre, è noto che gli attuali programmi di IA possono fornire
informazioni distorte o artefatte, inducendo gli studenti ad
affidarsi a contenuti inesatti. «In questo modo, non solo si
corre il rischio di legittimare delle fake news e di
irrobustire il vantaggio di una cultura dominante, ma di minare
altresì il processo educativo in nuce»[157].
Con il tempo, la distinzione tra usi appropriati e non
appropriati di tale tecnologia, sia in campo formativo che nella
ricerca, potrebbe farsi più chiaro. Nello stesso tempo, un
decisivo principio guida è che l’uso dell’IA
dovrebbe sempre essere trasparente e mai ambiguo.
IA, disinformazione, deepfake e
abusi
85. L’IA è inoltre un sostegno alla dignità della persona
umana se usata come ausilio nella comprensione di fatti
complessi oppure come guida a risorse valide per la ricerca
della verità[158].
86. Tuttavia, esiste anche un serio rischio che l’IA generi
contenuti manipolati e informazioni false, i quali, essendo
molto difficili da distinguere dai dati reali, possono
facilmente trarre in inganno. Questo può accadere in modo
accidentale come nel caso di “allucinazione” dell’IA, che si
verifica quando un sistema generativo produce contenuti che
sembrano riflettere la realtà, ma non sono veritieri. Sebbene
sia difficile gestire questo fenomeno, poiché la generazione di
informazioni che imitano quelle prodotte dagli esseri umani è
una delle caratteristiche principali dell’IA, rappresenta una
sfida tenere sotto controllo simili rischi. Le conseguenze di
tali aberrazioni e false informazioni possono essere assai
gravi. Pertanto, tutti coloro che producono ed utilizzano l’IA
dovrebbero impegnarsi per la veridicità e l’accuratezza
delle informazioni elaborate da tali sistemi e diffuse al
pubblico.
87. Se,
da un lato, l’IA ha il potenziale latente di generare contenuti
fittizi, dall’altro c’è il problema ancora più preoccupante di
un suo uso intenzionale a fini di manipolazione. Ciò può
accadere, ad esempio, quando un operatore umano o
un’organizzazione genera intenzionalmente e divulga
informazioni, come immagini, video e audio deepfake, per
ingannare o danneggiare. Un deepfake è una falsa
rappresentazione di una persona che è stata modificata o
generata da un algoritmo IA. Il pericolo costituito dai
deepfake è particolarmente evidente quando sono usati per
colpire o danneggiare qualcuno: sebbene le immagini o i
video possano essere in sé artificiali, i danni da questi
provocati sono reali, e lasciano «profonde cicatrici nel
cuore di chi lo subisce», che così si sente «ferito nella sua
dignità umana»[159].
88. Più in generale, distorcendo «il rapporto con gli altri e con
la realtà»[160],
i prodotti audiovisivi contraffatti generati con l’IA possono
progressivamente minare le fondamenta della società. Ciò
richiede un’attenta regolamentazione, poiché la disinformazione,
specialmente attraverso media controllati o influenzati
dall’IA, può diffondersi in modo non intenzionale, alimentando
la polarizzazione politica e il malcontento sociale. Infatti,
quando la società diventa indifferente alla verità, vari gruppi
costruiscono le proprie versioni dei “fatti”, per cui i
«rapporti e interdipendenze»[161],
che sono alla base del vivere sociale, si indeboliscono. Poiché
i deepfake inducono a mettere tutto in dubbio e i
contenuti falsi generati dall’IA intaccano la fiducia in ciò che
si vede e si ascolta, la polarizzazione e il conflitto non
potranno che crescere. Un inganno così diffuso non è un problema
secondario: colpisce il cuore dell’umanità, demolendo quella
fiducia fondamentale su cui si reggono le società[162].
89. Il
contrasto alle falsificazioni alimentate dall’IA non è solamente
un lavoro da esperti del settore, ma richiede gli sforzi di
tutte le persone di buona volontà. «Se la tecnologia deve
servire la dignità umana e non danneggiarla e se deve promuovere
la pace piuttosto che la violenza, la comunità umana deve essere
proattiva nell’affrontare queste tendenze nel rispetto della
dignità umana e nel promuovere il bene»[163].
Coloro che producono e condividono materiale generato con l’IA
dovrebbero sempre avere cura di controllare la veridicità di
quanto divulgano e, in ogni caso, dovrebbero «evitare la
condivisione di parole e immagini degradanti per l’essere umano,
ed escludere quindi ciò che alimenta l’odio e l’intolleranza,
svilisce la bellezza e l’intimità della sessualità umana,
sfrutta i deboli e gli indifesi»[164].
Ciò richiede una continua prudenza e un attento discernimento da
parte di ogni utente riguardo alla propria attività in rete[165].
IA, privacy e controllo
90. Gli
esseri umani sono intrinsecamente relazionali, per cui i dati
che ogni persona crea nel mondo digitale possono essere visti
come un’espressione oggettivata di tale natura relazionale.
Infatti, i dati non si limitano a trasmettere informazioni, ma
veicolano anche una conoscenza personale e relazionale,
la quale, in un contesto sempre più digitalizzato, può diventare
un potere sull’individuo. Inoltre, mentre alcuni tipi di dati
possono trattare aspetti pubblici della vita di una persona,
altri dati possono arrivare a toccare la sua intimità, forse
persino la sua coscienza. Tutto ciò considerato, la riservatezza
gioca un ruolo centrale nel proteggere i confini della vita
interiore delle persone e nel garantire la loro libertà a
relazionarsi, a esprimersi e a prendere decisioni senza
essere controllati in modo indebito. Tale protezione è inoltre
legata alla difesa della libertà religiosa, in quanto la
sorveglianza digitale può essere usata anche per
esercitare un controllo sulla vita dei credenti e
sull’espressione della loro fede.
91. Conviene affrontare la questione della riservatezza a partire
dalla preoccupazione per una legittima libertà e per la dignità
inalienabile della persona al di là di ogni circostanza[166].
In questo senso, il Concilio Vaticano II ha inserito il diritto
«alla salvaguardia della vita privata» tra i diritti
fondamentali necessari «per condurre una vita veramente umana»,
che dovrebbe essere esteso a tutte le persone, in virtù della
loro «eminente dignità»[167].
La Chiesa, inoltre, ha affermato il diritto al legittimo
rispetto della vita privata nel contesto del diritto della
persona a una buona reputazione, alla difesa della sua integrità
fisica e mentale e a non subire violazioni e indebite intrusioni[168]:
tutti elementi afferenti al dovuto rispetto della dignità
intrinseca della persona umana[169].
92. I
progressi nell’elaborazione e nell’analisi dei dati resi
possibili dall’IA consentono di individuare degli schemi nel
comportamento e nel pensiero di una persona anche a partire da
una minima quantità di informazioni, rendendo così ancora più
necessaria la riservatezza dei dati come salvaguardia della
dignità e della natura relazionale della persona umana. Come ha
osservato Papa Francesco, «mentre crescono atteggiamenti chiusi
e intolleranti che ci isolano rispetto agli altri, si riducono o
spariscono le distanze fino al punto che viene meno il diritto
all’intimità. Tutto diventa una specie di spettacolo che può
essere spiato, vigilato, e la vita viene esposta a un controllo
costante»[170].
93. Sebbene ci possano essere modi legittimi e corretti di usare
l’IA in conformità alla dignità umana e al bene comune, non è
giustificabile il suo impiego a fini di controllo per lo
sfruttamento, per limitare la libertà delle persone oppure per
avvantaggiare pochi a spese di molti. Il rischio di un eccesso
di sorveglianza deve essere monitorato da appositi enti di
controllo, in modo da garantire trasparenza e pubblica
responsabilità. Gli incaricati di tale controllo non dovrebbero
mai eccedere la propria autorità, la quale deve sempre essere a
favore della dignità e della libertà di ogni persona, in quanto
base essenziale di una società giusta e a misura d’uomo.
94. Inoltre, «il rispetto fondamentale per la dignità umana postula
di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con
un insieme di dati»[171].
Questo si applica in modo particolare a quegli usi dell’IA
relativi alla valutazione delle singole persone o gruppi sulla
base del loro comportamento, caratteristiche o storia, una
pratica nota come “credito sociale” (social scoring):
«Nei processi decisionali sociali ed economici, dobbiamo essere
cauti nell’affidare i giudizi ad algoritmi che elaborano dati
raccolti, spesso in modo surrettizio, sugli individui e sulle
loro caratteristiche e sui loro comportamenti passati. Tali dati
possono essere contaminati da pregiudizi e preconcetti sociali.
Tanto più che il comportamento passato di un individuo non
dovrebbe essere usato per negargli l’opportunità di cambiare, di
crescere e di contribuire alla società. Non possiamo permettere
che gli algoritmi limitino o condizionino il rispetto della
dignità umana, né che escludano la compassione, la misericordia,
il perdono e, soprattutto, l’apertura alla speranza di un
cambiamento della persona»[172].
L’IA e la protezione della casa
comune
95. L’IA ha numerose e promettenti applicazioni per migliorare il
nostro rapporto con la casa comune che ci accoglie, come la
creazione di modelli per la previsione di eventi climatici
estremi, la proposta di soluzioni ingegneristiche per la
riduzione del loro impatto, la gestione delle operazioni di
soccorso e la predizione degli spostamenti di popolazione[173].
Oltre a ciò, l’IA può supportare l’agricoltura sostenibile,
ottimizzare il consumo di energia e fornire sistemi di allarme
rapido per le emergenze di salute pubblica. Tutti questi
progressi potrebbero potenziare la capacità di recupero di
fronte alle sfide legate al clima e promuovere uno sviluppo
maggiormente sostenibile.
96. Nello stesso tempo, gli attuali modelli di IA e il sistema
hardware che li supporta richiedono ingenti quantità
di energia e di acqua e contribuiscono in modo significativo
alle emissioni di CO2, oltre a consumare risorse in
modo intensivo. Una tale realtà è spesso celata dal modo in cui
questa tecnologia è presentata nell’immaginario popolare,
laddove parole del tipo il cloud (letteralmente: la
“nuvola”)[174]
possono dare l’impressione che i dati siano conservati ed
elaborati in un reame intangibile, distinto dal mondo fisico.
Invece, il cloud non è un dominio etereo separato dal
mondo fisico, bensì, come ogni dispositivo informatico, ha
bisogno di macchine, cavi ed energia. Lo stesso vale per la
tecnologia alla base dell’IA. Man mano che tali sistemi crescono
in complessità, specialmente i modelli linguistici di grandi
dimensioni (Large Language Models, LLM), essi richiedono
un insieme di dati sempre più ampio, un’accresciuta potenza
computazionale e imponenti infrastrutture di stoccaggio (storage)
dei dati. Considerando il pesante tributo che tali
tecnologie esigono dall’ambiente, lo sviluppo di soluzioni
sostenibili è vitale per ridurre il loro impatto sulla “casa
comune”.
97. Allora, come insegna Papa Francesco, è importante «cercare
soluzioni non solo nella tecnica, ma anche in un cambiamento
dell’essere umano»[175].
Del resto, una corretta concezione della creazione sa
riconoscere che il valore di tutte le cose create non si può
ridurre alla mera utilità. Pertanto, una gestione pienamente
umana della terra rifiuta il distorto antropocentrismo del
paradigma tecnocratico, che cerca di «estrarre tutto quanto è
possibile» dalla natura[176],
e del «mito del progresso», secondo il quale «i problemi
ecologici si risolveranno semplicemente con nuove applicazioni
tecniche, senza considerazioni etiche né cambiamenti di fondo»[177].
Una tale mentalità deve cedere il posto a una visione più
olistica, che rispetti l’ordine della creazione e promuova il
bene integrale della persona umana, senza trascurare la
salvaguardia della «nostra casa comune»[178].
L’IA e la guerra
98. Il
Concilio Vaticano II e il successivo magistero pontificio hanno
sostenuto con vigore che la pace non è la mera assenza di
guerra e non si limita al mantenimento di un equilibrio di
poteri tra avversari. Invece, secondo le parole di
sant’Agostino, la pace è «la tranquillità dell’ordine»[179].
Non si può raggiungere, infatti, la pace senza la tutela dei
beni delle persone, la libera comunicazione, il rispetto della
dignità delle persone e dei popoli, e la pratica assidua della
fraternità. La pace è opera della giustizia ed effetto della
carità e non può realizzarsi attraverso la sola forza o la
semplice assenza di guerra; piuttosto, deve essere edificata
anzitutto attraverso la paziente diplomazia, l’attiva promozione
della giustizia, la solidarietà, lo sviluppo umano integrale e
il rispetto della dignità di tutte le persone[180].
In questo modo, mai si deve consentire che strumenti pensati per
mantenere una certa pace siano adoperati a fini di ingiustizie,
violenze od oppressione, ma devono sempre essere subordinati
alla «ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri
popoli e la loro dignità, e [alla] assidua pratica della
fratellanza»[181].
99. Mentre le capacità analitiche dell’IA potrebbero essere
impiegate per aiutare le nazioni a ricercare la pace e a
garantire la sicurezza, l’«utilizzo bellico dell’intelligenza
artificiale» può essere assai problematico. Papa
Francesco ha osservato che «la possibilità di condurre
operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha
portato a una minore percezione della devastazione da essi
causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a
un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia
della guerra»[182].
Inoltre, la facilità con cui le armi, rese autonome, rendono più
praticabile la guerra va contro lo stesso principio della guerra
come ultima risorsa in caso di legittima difesa[183],
accrescendo le risorse belliche ben oltre la portata del
controllo umano e accelerando una corsa destabilizzante agli
armamenti con conseguenze devastanti per i diritti umani[184].
100. In particolare, i sistemi
di armi autonome e letali, in grado di identificare e colpire
obiettivi senza intervento umano diretto, sono «grave motivo di
preoccupazione etica», poiché essi mancano della «esclusiva
capacità umana di giudizio morale e di decisione etica»[185].
Per queste ragioni, Papa Francesco con urgenza ha invitato a
ripensare lo sviluppo di tali armi per bandirne l’uso,
«cominciando già da un impegno fattivo e concreto per introdurre
un sempre maggiore e significativo controllo umano. Nessuna
macchina dovrebbe mai scegliere se togliere la vita ad un essere
umano»[186].
101. Poiché è breve lo scarto
tra macchine in grado di uccidere con precisione in modo
autonomo e altre capaci di distruzione di massa, alcuni
ricercatori impegnati nel campo dell’IA hanno espresso la
preoccupazione che tale tecnologia rappresenti un “rischio
esistenziale”, essendo essa in grado di agire in modi che
potrebbero minacciare la sopravvivenza dell’umanità o di intere
regioni. Quest’eventualità va presa in seria considerazione, in
linea con la costante preoccupazione nei confronti di quelle
tecnologie che danno alla guerra «un potere distruttivo
incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti»[187],
senza risparmiare nemmeno i bambini. In questo contesto, risulta
più che mai urgente l’appello di
Gaudium et spes a
«considerare l’argomento della guerra con mentalità
completamente nuova»[188].
102. Allo stesso tempo, mentre
i rischi teorici dell’IA meritano attenzione, ci sono anche
pericoli più urgenti e immediati che riguardano il modo in cui
individui con intenzioni malevole potrebbero farne uso[189].
L’IA, come qualsiasi altro strumento, è un’estensione del potere
dell’umanità e, sebbene non si possa prevedere tutto ciò che
essa riuscirà a compiere, purtroppo è ben noto ciò che gli
esseri umani sono in grado di fare. Le atrocità già
commesse nel corso della storia umana bastano a suscitare
profonde preoccupazioni circa i potenziali abusi dell’IA.
103. Come ha osservato san
Giovanni Paolo II, «l’umanità possiede oggi strumenti d’inaudita
potenza: può fare di questo mondo un giardino, o ridurlo a un
ammasso di macerie»[190].
In questa prospettiva, la Chiesa ricorda, con Papa Francesco,
che «la libertà umana può offrire il suo intelligente contributo
verso un’evoluzione positiva» oppure indirizzarsi «in un
percorso di decadenza e di distruzione reciproca»[191].
Per evitare che l’umanità precipiti in spirali di
autodistruzione[192],
è necessario assumere una posizione netta contro tutte le
applicazioni della tecnologia che minacciano intrinsecamente la
vita e la dignità della persona umana. Tale impegno richiede un
attento discernimento sull’uso dell’IA, in particolare circa le
applicazioni di difesa militare, per garantire che sempre
rispetti la dignità umana e sia al servizio del bene comune. Lo
sviluppo e l’impiego dell’IA negli armamenti dovrebbero essere
soggetti ai più alti livelli di controllo etico, avendo cura che
siano rispettati la dignità umana e la sacralità della vita[193].
L’IA e il rapporto dell’umanità con
Dio
104. La
tecnologia offre mezzi efficienti per scoprire e sviluppare le
risorse del pianeta, sebbene, in alcuni casi, l’umanità ceda
sempre di più il controllo di queste risorse alle macchine.
All’interno di alcuni circoli di scienziati e futuristi, si
respira un certo ottimismo a proposito delle potenzialità
dell’intelligenza artificiale generale (AGI), una forma
ipotetica di IA che potrebbe raggiungere o superare
l’intelligenza umana in grado di portare a progressi al di là di
ogni immaginazione. Alcuni ipotizzano addirittura che l’AGI
sarebbe capace di raggiungere capacità super-umane. Man mano che
la società si allontana dal legame con il trascendente, alcuni
sono tentati di rivolgersi all’IA alla ricerca di senso o di
pienezza, desideri che possono trovare la loro vera
soddisfazione solo nella comunione con Dio[194].
105. Tuttavia, la
presunzione di sostituire Dio con un’opera delle proprie mani è
idolatria, dalla quale la Sacra Scrittura mette in guardia
(ad es. Es 20,4; 32,1-5; 34,17). Inoltre, l’IA può
risultare ancora più seducente rispetto agli idoli tradizionali:
infatti, a differenza di questi che «hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono» (Sal
115,5-6), l’IA può “parlare”, o, almeno, dare l’illusione di
farlo (cf. Ap 13,15). Invece, occorre ricordare che l’IA
non è altro che un pallido riflesso dell’umanità, essendo
prodotta da menti umane, addestrata a partire da materiale
prodotto da esseri umani, predisposta a stimoli umani e
sostenuta dal lavoro umano. Non può avere molte delle capacità
che sono specifiche della vita umana, ed è anche fallibile. Per
cui, ricercando in essa un “Altro” più grande con cui
condividere la propria esistenza e responsabilità, l’umanità
rischia di creare un sostituto di Dio. In definitiva, non è l’IA
a essere divinizzata e adorata, ma l’essere umano, per
diventare, in questo modo, schiavo della propria stessa opera[195].
106. Anche se può essere messa
a servizio dell’umanità e contribuire al bene comune, l’IA è
comunque un prodotto di mani umane, che porta «l’impronta
dell’arte e dell’ingegno umano» (At 17,29), a cui non
deve mai essere attribuito un valore sproporzionato. Come
afferma il libro della Sapienza: «Li ha fabbricati un uomo, li
ha plasmati uno che ha avuto il respiro in prestito. Ora nessun
uomo può plasmare un dio a lui simile; essendo mortale, egli
fabbrica una cosa morta con mani empie. Egli è sempre migliore
degli oggetti che venera, rispetto ad essi egli ebbe la vita, ma
quelli mai» (Sap 15, 16-17).
107. Al contrario, «nella sua
interiorità, [l’essere umano] trascende l’universo delle cose:
in quelle profondità egli torna, quando fa ritorno a se stesso,
là dove lo aspetta quel Dio che scruta i cuori là dove sotto lo
sguardo di Dio egli decide del suo destino»[196].
È nel cuore – ricorda Papa Francesco – che ogni persona scopre
la «paradossale connessione tra la valorizzazione di sé e
l’apertura agli altri, tra l’incontro personalissimo con sé
stessi e il dono di sé agli altri»[197].
Per questo, «solo il cuore è capace di mettere le altre facoltà
e passioni e tutta la nostra persona in atteggiamento di
riverenza e di obbedienza amorosa al Signore»[198],
il quale «ci offre di trattarci come un “tu” sempre e per
sempre»[199].
VI. Riflessione finale
108. Considerando tutte le
varie sfide poste dal progresso tecnologico, Papa Francesco ha
rilevato il bisogno di uno sviluppo «per quanto riguarda la
responsabilità, i valori e la coscienza» in modo proporzionale
all’incremento delle possibilità offerte da questa tecnologia[200],
riconoscendo che «quanto più cresce la potenza degli uomini,
tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità»[201].
109. D’altra parte, «la
questione essenziale e fondamentale» resta sempre quella «se
l’uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi
veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più
cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più
aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e più
deboli, più disponibile a dare e portare aiuto a tutti»[202].
110. È decisivo, di
conseguenza, saper valutare criticamente le singole applicazioni
nei contesti particolari, al fine di determinare se esse
promuovano o meno la dignità e la vocazione umane e il bene
comune. Come per molte tecnologie, gli effetti delle diverse
applicazioni dell’IA possono non essere sempre prevedibili ai
loro inizi. Nella misura in cui tali applicazioni e il loro
impatto sociale diventano più chiari, si dovrebbero cominciare a
fornire adeguati riscontri a tutti i livelli della società,
secondo il principio di sussidiarietà. È importante che i
singoli utenti, le famiglie, la società civile, le imprese, le
istituzioni, i governi e le organizzazioni internazionali,
ciascuno al proprio livello di competenza, si impegnino affinché
sia assicurato un uso dell’IA confacente al bene di tutti.
111. Oggi, una sfida
significativa e un’opportunità per il bene comune sta nel
considerare tale tecnologia entro un orizzonte di intelligenza
relazionale, la quale pone in evidenza l’interconnessione dei
singoli e delle comunità ed esalta la responsabilità condivisa
per favorire il benessere integrale dell’altro. Il filosofo del
XX secolo Nikolaj Berdjaev ha osservato che le persone spesso
incolpano le macchine dei problemi individuali e sociali;
tuttavia, «questo non fa che umiliare l’uomo e non corrisponde
alla sua dignità», perché «è una cosa indegna trasferire la
responsabilità dall’uomo a una macchina»[203].
Solo la persona umana può dirsi moralmente responsabile, e le
sfide di una società tecnologica riguardano in ultima analisi il
suo spirito. Perciò, per fronteggiare tali sfide si
«richiede un rinvigorimento della sensibilità spirituale»[204].
112. Un ulteriore punto da
considerare è l’appello, suscitato dalla comparsa dell’IA sulla
scena mondiale, a rinnovare la valorizzazione di tutto ciò
che è umano. Come ha osservato molti anni fa lo scrittore
cattolico francese Georges Bernanos, «il pericolo non si trova
nella moltiplicazione delle macchine, ma nel numero sempre
crescente di uomini abituati, fin dall’infanzia, a non
desiderare altro che ciò che le macchine possono dare»[205].
La sfida è tanto vera oggi quanto allora, poiché la rapida
avanzata della digitalizzazione comporta il rischio di un
“riduzionismo digitale”, per il quale le esperienze non
quantificabili vanno messe da parte e poi dimenticate, oppure
ritenute irrilevanti perché non calcolabili in termini formali.
L’IA dovrebbe essere utilizzata solo come uno strumento
complementare all’intelligenza umana e non sostituire la sua
ricchezza[206].
Coltivare quegli aspetti della vita umana che vanno oltre il
calcolo è di cruciale importanza per preservare una «autentica
umanità», la quale «sembra abitare in mezzo alla civiltà
tecnologica, quasi impercettibilmente, come la nebbia che filtra
sotto una porta chiusa»[207].
La vera sapienza
113. Oggi, la vasta estensione
della conoscenza è accessibile in modi che avrebbero riempito di
meraviglia le generazioni passate; per impedire, tuttavia, che i
progressi della scienza rimangano umanamente e spiritualmente
sterili, si deve andare oltre la mera accumulazione di dati e
adoperarsi per raggiungere una vera sapienza[208].
114. Questa sapienza è il dono
di cui l’umanità ha più bisogno per affrontare le profonde
questioni e le sfide etiche poste dall’IA: «Solo dotandoci di
uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore,
possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo»[209].
Questa «sapienza del cuore» è «quella virtù che ci permette di
tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro
conseguenze». L’umanità non può «pretendere questa sapienza
dalle macchine», in quanto essa «si lascia trovare da chi la
cerca e si lascia vedere da chi la ama; previene chi la desidera
e va in cerca di chi ne è degno (cfr. Sap 6,12-16)»[210].
115. In un mondo segnato
dall’IA, abbiamo bisogno della grazia dello Spirito Santo, il
quale «permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di
comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di
scoprirne il senso»[211].
116. Poiché «ciò che misura la
perfezione delle persone è il loro grado di carità, non la
quantità di dati e conoscenze che possono accumulare»[212],
il modo in cui si adotta l’IA «per includere gli ultimi, cioè i
fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura
rivelatrice della nostra umanità»[213].
Questa saggezza può illuminare e guidare un uso di tale
tecnologia che sia centrato sull’essere umano, che come tale può
aiutare a promuovere il bene comune, ad aver cura della “casa
comune”, ad avanzare nella ricerca della verità, a sostenere lo
sviluppo umano integrale, a favorire la solidarietà e la
fraternità umana, per poi condurre l’umanità al suo fine ultimo:
la felice e piena comunione con Dio[214].
117. Nella prospettiva della
sapienza, i credenti saranno in grado di operare come agenti
responsabili capaci di usare questa tecnologia per promuovere
una visione autentica della persona umana e della società[215],
a partire da una comprensione del progresso tecnologico come
parte del disegno di Dio per la creazione: un’attività che
l’umanità è chiamata a ordinare verso il Mistero Pasquale di
Gesù Cristo, nella costante ricerca del Vero e del Bene.
Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa il giorno 14 gennaio 2025 ai
sottoscritti Prefetti e Segretari del Dicastero per la Dottrina della Fede e del
Dicastero per la Cultura e l’Educazione, ha approvato la presente Nota e ne ha ordinato la pubblicazione.
Dato in Roma, presso le sedi del Dicastero per la Dottrina della Fede e del
Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il 28 gennaio 2025, Memoria Liturgica
di San Tommaso d’Aquino, Dottore della Chiesa.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto |
José Card. Tolentino de Mendonça
Prefetto |
|
|
Mons. Armando Matteo
Segretario
per la Sezione Dottrinale |
S.E. Mons. Paul Tighe
Segretario
per la Sezione Cultura |
Ex Audientia Die 14.01.2025
Franciscus
Indice
I. Introduzione
II. Che cos’è l’intelligenza artificiale?
III. L’intelligenza nella tradizione filosofica e teologica
Razionalità
Incarnazione
Relazionalità
Relazione con la Verità
Custodia del mondo
Una comprensione integrale dell’intelligenza umana
Limiti dell’IA
IV. Il ruolo dell’etica nel guidare lo sviluppo e l’uso dell’IA
Un aiuto alla libertà umana e alle decisioni
V. Questioni specifiche
L’IA e la società
L’IA e le relazioni umane
IA, economia e lavoro
L’IA e la sanità
IA ed educazione
IA, disinformazione, deepfake e abusi
IA, privacy e controllo
L’IA e la protezione della casa comune
L’IA e la guerra
L’IA e il rapporto dell’umanità con Dio
VI. Riflessione finale
La vera sapienza
[1] Catechismo
della Chiesa Cattolica, n. 378. Si veda anche Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 34:
AAS 58 (1966), 1052-1053.
[2] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della
Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020): AAS 112 (2020),
307. Cf. Id., Discorso alla Curia Romana per gli auguri di Natale (21
dicembre 2019): AAS 112 (2020), 43.
[3] Cf. Francesco,
Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24
gennaio 2024, 8.
[4] Cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2293; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 35: AAS 58
(1966), 1053.
[5] J. McCarthy
et al., A Proposal for the Dartmouth Summer Research
Project on Artificial Intelligence (31 agosto 1955),
http://www-formal.stanford.edu/jmc/history/dartmouth/dartmouth.html (accesso: 21
ottobre 2024).
[6] Cf. Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), nn. 2-3:
L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 2.
[7] I termini impiegati in questo documento per descrivere i risultati o i
processi dell’IA sono usati in modo figurato per illustrare le sue operazioni e
non intendono attribuirle caratteristiche umane.
[8] Cf. Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore
Romano, 14 giugno 2024, 3; Id.,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 2: L’Osservatore Romano,
14 dicembre 2023, 2.
[9] In queste righe, si possono scorgere le posizioni principali dei
“transumanisti” e dei “postumanisti”. I transumanisti affermano che i
progressi tecnologici permetteranno agli esseri umani di oltrepassare i propri
limiti biologici, e di migliorare sia le capacità fisiche che cognitive. I postumanisti, invece, asseriscono che tali progressi finiranno per alterare
l’identità umana in modo tale che gli uomini non potranno neppure più essere
considerati veramente “umani”. Entrambe le posizioni si basano su una percezione
fondamentalmente negativa della corporeità, la quale è vista più come un
ostacolo che come parte integrante dell’identità umana, chiamata anch’essa a
partecipare della piena realizzazione della persona. Una tale visione negativa è
in contrasto con una corretta comprensione della dignità umana. Pur sostenendo i
genuini progressi scientifici, la Chiesa afferma che tale dignità si fonda sulla
«persona come unità inscindibile» di corpo e anima, per cui essa «inerisce anche
al suo corpo, il quale partecipa a suo modo all’essere immagine di Dio della
persona umana» (Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
[8 aprile 2024], n. 18).
[10] Questo approccio riflette una prospettiva funzionalista, la quale riduce
la mente umana alle sue funzioni e presuppone che queste ultime possano essere
interamente quantificate in termini fisici e matematici. Però, anche
nell’eventualità che una futura AGI dovesse sembrare realmente intelligente,
essa rimarrebbe comunque di carattere funzionale.
[11] Cf. A.M. Turing, «Computing Machinery and Intelligence»,
Mind 59
(1950) 443-460.
[12] Se si attribuisce il “pensiero” alle macchine, occorre specificare che ci
si sta riferendo a procedure di calcolo, non al pensiero critico. In modo
analogo, se si ritiene che tali dispositivi possano operare seguendo il pensiero
logico, si dovrebbe precisare che ciò è limitato alla logica
computazionale. Invece, per la sua propria natura, il pensiero umano si
caratterizza come un processo creativo che è capace di andare oltre i dati di
partenza a sua disposizione.
[13] Sul ruolo fondamentale del linguaggio nel modellare la comprensione, cf.
M. Heidegger, Über den Humanismus, Klostermann, Frankfurt am Main 1949
(tr. it. Lettera sull’«umanismo», Milano 1995).
[14] Per ulteriori approfondimenti su tali fondamenti antropologici e
teologici, si veda Gruppo di Ricerca sull’AI del Centro per la Cultura Digitale del Dicastero per
la Cultura e l’Educazione, Encountering Artificial Intelligence: Ethical and
Anthropological Investigations (Theological Investigations of Artificial
Intelligence, 1), a cura di M.J. Gaudet, N. Herzfeld, P. Scherz, J.J. Wales,
Pickwick, Eugene 2024, 43-144.
[15] Aristotele,
Metafisica, I.1, 980a21.
[16] Cf. Agostino d’Ippona,
De Genesi ad litteram libri duodecim, III,
20, 30: PL 34, 292: «L’uomo è fatto a immagine di Dio in relazione alla
facoltà per cui è superiore agli animali privi di ragione. Orbene, questa
facoltà è proprio la ragione o mente o intelligenza o con qualunque altro nome
voglia chiamarsi questa facoltà»; Id., Enarrationes in Psalmos, 54, 3: PL 36, 629: «Considerate dunque tutte le cose che possiede, l’uomo
giunge alla conclusione che in tanto si distingue dagli animali in quanto
possiede l’intelligenza». Ciò è ribadito anche da san Tommaso, il quale afferma
che «l’uomo è il più perfetto fra tutti gli esseri terrestri dotati di moto. E
la sua operazione naturale propria è l’intellezione», mediante la quale l’uomo
astrae dalle cose e «riceve nella mente gli intelligibili in atto» (Tommaso d’Aquino,
Summa contra Gentiles, II, 76).
[17] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre
1965), n. 15: AAS 58 (1966), 1036.
[18] Tommaso d’Aquino,
Summa Theologiae, II-II, q. 49, a. 5, ad 3. Cf. ibid., I, q. 79; II-II, q. 47, a. 3; II-II, q. 49, a. 2. Per una prospettiva contemporanea che riecheggia alcuni elementi della
distinzione classica e medievale tra queste due modalità di pensiero, cf. D. Kahneman,
Thinking, Fast and Slow, Farrar, Straus and Giroux, New York 2011 (tr.
it. Pensieri lenti e veloci, Milano 2012).
[19] Tommaso d’Aquino,
Summa Theologiae, I, q. 76, a. 1, resp.
[20] Cf. Ireneo di Lione,
Adversus haereses, V, 6, 1: PG
7/2, 1136-1138.
[21] Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8
aprile 2024), n. 9. Cf. Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre
2020), n. 213: AAS 112 (2020), 1045: «L’intelligenza può dunque scrutare
nella realtà delle cose, attraverso la riflessione, l’esperienza e il dialogo,
per riconoscere in tale realtà che la trascende la base di certe esigenze morali
universali».
[22] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede,
Nota dottrinale su alcuni
aspetti dell’evangelizzazione (3 dicembre 2007), n. 4: AAS 100
(2008), 491-492.
[23] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 365. Cf. Tommaso d’Aquino,
Summa Theologiae, I, q. 75, a. 4, resp.
[24] Infatti, la Bibbia «considera generalmente l’uomo come un essere che
esiste nel corpo, ed è impensabile al di fuori di esso» (Pontificia Commissione Biblica,
«Che cosa è l’uomo?» (Sal 8,5). Un itinerario di antropologia biblica [30
settembre 2019], n. 19). Cf. ibid. nn. 20-21, 43-44, 48.
[25] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 22: AAS 58
(1966), 1042. Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Dignitas personae
(8
settembre 2008), n. 7: AAS 100 (2008), 863: «Il Cristo non ha disdegnato
la corporeità umana, ma ne ha svelato pienamente il significato e il valore».
[26] Tommaso d’Aquino,
Summa contra Gentiles, II, 81.
[27] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 15: AAS 58
(1966), 1036.
[28] Cf. Tommaso d’Aquino,
Summa Theologiae, I, q. 89, a. 1, resp.:
«L’esistenza separata dal corpo non è conforme alla sua natura […]. Quindi
l’anima è unita al corpo per avere un’esistenza e un’operazione conforme alla
sua natura».
[29] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 14: AAS 58
(1966), 1035. Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8
aprile 2024), n. 18.
[30] Commissione Teologica Internazionale,
Comunione e servizio. La persona
umana creata ad immagine di Dio (2004), n. 56. Cf. Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 357.
[31] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Dignitas personae
(8 settembre 2008), nn. 5, 8: AAS 100 (2008), 862.863-864; Dicastero per la Dottrina della Fede,
Dich. Dignitas infinita
(8 aprile 2024), nn. 15, 24, 53-54.
[32] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 356. Cf.
ibid., n.
221.
[33] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8 aprile 2024), nn. 13, 26-27.
[34] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Donum veritatis (24
maggio 1990), n. 6: AAS 82 (1990), 1552. Cf. Giovanni Paolo II, Lett.
enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), n. 109: AAS 85 (1993),
1219; Pseudo Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, VII, 2:
PG 3, 868B-C: «Anche le anime hanno il discorso razionale, in quanto si
muovono diffusamente e in circolo attorno alla verità delle cose. […] Ma, in
seguito alla riduzione dai molti nell’Uno, possono essere stimate degne di
intellezioni simili a quelle degli angeli, per quanto è possibile e
raggiungibile da parte delle anime».
[35] Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 3: AAS 91 (1999), 7.
[36] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 15: AAS 58
(1966), 1036.
[37] Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Fides et ratio (14 settembre 1998),
n. 42: AAS 91 (1999), 38. Cf. Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti
(3 ottobre 2020), n. 208: AAS 112 (2020), 1043: «L’intelligenza umana può
andare oltre le convenienze del momento e cogliere alcune verità che non mutano,
che erano verità prima di noi e lo saranno sempre. Indagando sulla natura umana,
la ragione scopre valori che sono universali, perché da essa derivano»; ibid.,
n. 184: AAS 112 (2020), 1034.
[38] Cf. B. Pascal,
Pensées, n. 267 (ed. Brunschvicg; tr. it. Pensieri, Città Nuova, Roma 2003): «L’ultimo passo della ragione è
riconoscere che ci sono infinite cose che la superano».
[39] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 15: AAS 58
(1966), 1036. Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede,
Nota dottrinale su alcuni
aspetti dell’evangelizzazione (3 dicembre 2007), n. 4: AAS 100
(2008), 491-492.
[40] La
capacità semantica consente agli esseri umani di cogliere il
contenuto di un messaggio espresso in una qualsiasi forma di comunicazione, in
un modo che è vincolato alla sua struttura materiale o empirica (come il codice
informatico) e al tempo stesso la trascende. In questo caso, l’intelligenza
diventa una sapienza che «permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di
comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di scoprirne il senso» (Francesco,
Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali [24
gennaio 2024]: L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8). La creatività
permette di produrre nuovi contenuti o idee, offrendo soprattutto
un punto di vista originale sulla realtà. Entrambe queste capacità presuppongono
una soggettività personale per realizzarsi compiutamente.
[41] Conc. Ecum. Vat. II, Dich.
Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n.
3: AAS 58 (1966), 931.
[42] La carità «è molto di più che un sentimentalismo soggettivo, se essa si
accompagna all’impegno per la verità […]. Proprio il suo rapporto con la verità
favorisce nella carità il suo universalismo e così la preserva dall’essere
“relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni”. […] L’apertura alla
verità protegge la carità da una falsa fede che resta “priva di respiro umano e
universale”» (Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti [3 ottobre 2020], n.
184: AAS 112 [2020], 1034). Le citazioni interne sono tratte da Benedetto XVI,
Lett. enc.
Caritas in veritate (29 giugno 2009), nn. 3-4: AAS 101
(2009), 642-643.
[43] Cf. Commissione Teologica Internazionale,
Comunione e servizio. La persona
umana creata ad immagine di Dio (2004), n. 7.
[44] Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Fides et ratio (14 settembre 1998),
n. 13: AAS 91 (1999), 15. Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede,
Nota dottrinale su alcuni
aspetti dell’evangelizzazione (3 dicembre
2007), n. 4: AAS 100 (2008), 491-492.
[45] Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Fides et ratio (14 settembre 1998),
n. 13: AAS 91 (1999), 15.
[46] Bonaventura da Bagnoregio,
In II Librum Sententiarum, d. I, p. 2,
a. 2, q. 1, citato in Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 293. Cf. ibid., n. 294.
[47] Cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 295, 299, 302.
Bonaventura paragona l’universo a «un libro, in cui la Trinità creatrice riluce,
è rappresentata e letta» (Bonaventura da Bagnoregio, Breviloquium, II,
12, 1), quella stessa Trinità che concede l’esistenza a tutte le cose. «Ogni
creatura del mondo è per noi come un libro, un’immagine e uno specchio» (Alano di Lilla,
De incarnatione Christi: PL 210, 579a).
[48] Cf. Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 67: AAS 107 (2015), 874; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Laborem exercens (14 settembre 1981), n. 6: AAS 73 (1981), 589-592; Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 33-34: AAS 58 (1966), 1052-1053; Commissione Teologica Internazionale,
Comunione e servizio. La persona
umana creata ad immagine di Dio (2004),
n. 57: «Gli esseri umani occupano un posto unico nell’universo in accordo con il
piano divino: godono del privilegio di partecipare al governo divino della
creazione visibile. […] Poiché la posizione dell’uomo come dominatore è di fatto
una partecipazione al governo divino della creazione, ne parliamo qui come di
una forma di servizio».
[49] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Veritatis splendor (6 agosto 1993), nn. 38-39:
AAS 85 (1993), 1164-1165.
[50] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre
1965), nn. 33-34: AAS 58 (1966), 1052-1053. Questa idea si ritrova anche nel racconto della creazione, dove Dio conduce le
creature ad Adamo «per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo
avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome» (Gen
2,19), un’azione che dimostra il coinvolgimento attivo dell’intelligenza umana
nella gestione della creazione di Dio. Cf. Giovanni Crisostomo, Homiliae in
Genesim, XIV, 17-21: PG 53, 116-117.
[51] Cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 301.
[52] Cf.
ibid., n. 302.
[53] Bonaventura da Bagnoregio,
Breviloquium II, 12, 1. Cf. ibid.,
II, 11, 2.
[54] Cf. Francesco, Esort. ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n.
236: AAS 105 (2013), 1115; Id.,
Discorso ai partecipanti all’incontro
di cappellani e responsabili della pastorale universitaria, promosso dal
Dicastero per la Cultura e l’Educazione (24 novembre 2023): L’Osservatore
Romano, 24 novembre 2023, 7.
[55] Cf. J.H. Newman,
The Idea of a University Defined and Illustrated,
Discourse 5.1, Basil Montagu Pickering, London 18733, 99-100 (tr. it.
L’idea di un’università, Roma 2005); Francesco,
Discorso a rettori, docenti, studenti e personale
delle università e istituzioni pontificie romane (25 febbraio 2023): AAS
115 (2023), 316.
[56] Francesco,
Discorso ai rappresentanti della Confederazione Nazionale
dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA) (15 novembre 2024):
L’Osservatore Romano, 15 novembre 2024, 8.
[57] Cf. Francesco, Esort. ap.
Querida Amazonia (2 febbraio 2020), n.
41: AAS 112 (2020), 246; Id., Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio
2015), n. 146: AAS 107 (2015), 906.
[58] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 47: AAS
107 (2015), 864. Cf. Id., Lett. enc.
Dilexit nos (24 ottobre 2024),
nn. 17-24: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5; Id.,
Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 47-50: AAS 112
(2020), 985-987.
[59] Francesco, Lett. enc.
Dilexit nos (24 ottobre 2024), n. 20:
L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5.
[60] P. Claudel,
Conversation sur Jean Racine, Gallimard, Paris 1956, 32. Cf. Francesco, Lett. enc.
Dilexit nos
(24 ottobre 2024), n. 13: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5:
«L’intelligenza e la volontà si [mettano] al suo servizio [del cuore], sentendo
e gustando le verità piuttosto che volerle dominare come fanno spesso alcune scienze».
[61] Dante Alighieri,
Paradiso, Canto XXX.
[62] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Dich.
Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n. 3: AAS
58 (1966), 931: «Norma suprema della
vita umana è la legge divina, eterna, oggettiva e universale, per mezzo della
quale Dio con sapienza e amore ordina, dirige e governa l’universo e le vie
della comunità umana. E Dio rende partecipe l’essere umano della sua legge,
cosicché l’uomo, sotto la sua guida soavemente provvida, possa sempre meglio
conoscere l’immutabile verità»; Id., Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 16:
AAS 58 (1966), 1037.
[63] Cf. Conc. Ecum. Vat. I, Cost. dogm.
Dei Filius (24 aprile 1870), cap. 4: DH 3016.
[64] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 110: AAS
107 (2015), 892.
[65] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 110: AAS
107 (2015), 891. Cf. Id., Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020),
n. 204: AAS 112 (2020), 1042.
[66] Nell’essere umano, Dio «ha scolpito la sua immagine e somiglianza (cf.
Gn 1,26), conferendogli una dignità incomparabile […]. In effetti, al di là
dei diritti che l’uomo acquista col proprio lavoro, esistono diritti che non
sono il corrispettivo di nessuna opera da lui prestata, ma che derivano
dall’essenziale sua dignità di persona» (Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus [1
maggio 1991], n. 11: AAS 83 [1991], 807).
Cf. Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano,
14 giugno 2024, 3-4.
[67] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8 aprile 2024), nn. 8-9; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Dignitas personae
(8 settembre 2008), n. 22.
[68] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della
Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020): AAS 112 (2020),
310.
[69] Francesco,
Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8.
[70] In questo senso, l’espressione «intelligenza artificiale» è da intendersi
come un termine tecnico per indicare la relativa tecnologia, ricordando che
l’espressione è usata anche per designare il campo di studi e non solo le sue
applicazioni.
[71] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 34-35: AAS
58 (1966), 1052-1053; Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), n. 51: AAS 83 (1991),
856-857.
[72] A titolo di esempio, si veda l’incoraggiamento all’esplorazione
scientifica in Alberto Magno, De Mineralibus, II, 2, 1, e l’apprezzamento
per le arti meccaniche in Ugo di San Vittore, Didascalicon, I, 9. Questi
autori, appartenenti a una lunga lista di uomini e donne di Chiesa impegnati
nella ricerca scientifica e nell’innovazione tecnica, hanno mostrato che «fede e
scienza possono essere unite nella carità, se la scienza viene messa al servizio
degli uomini e delle donne del nostro tempo, e non distorta a loro danno o
addirittura per la loro distruzione» (Francesco,
Discorso ai partecipanti al
II Convegno della Specola Vaticana in memoria di Georges Lemaître [20 giugno
2024]: L’Osservatore Romano, 20 giugno 2024, 8). Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965),
n. 36: AAS 58 (1966), 1053-1054; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Fides et ratio (14 settembre 1998), nn. 2, 106:
AAS 91 (1999), 6-7.86-87.
[73] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 378.
[74] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre
1965), n. 34: AAS 58 (1966), 1053.
[75] Cf.
ibid., n. 35: AAS 58 (1966), 1053.
[76] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 102: AAS
107 (2015), 888.
[77] Cf. Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 105: AAS
107 (2015), 889; Id., Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020),
n. 27: AAS 112 (2020), 978; Benedetto XVI, Lett. enc.
Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 23: AAS 101 (2009), 657-658.
[78] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8 aprile 2024), nn. 38-39, 47; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Dignitas personae (8 settembre 2008), passim.
[79] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 35: AAS 58
(1966), 1053. Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2293.
[80] Cf. Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2-4.
[81] Cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1749: «La libertà fa
dell’uomo un soggetto morale. Quando agisce liberamente, l’uomo è, per così
dire, padre dei propri atti».
[82] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 16: AAS 58
(1966), 1037. Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1776.
[83] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1777.
[84] Cf.
ibid., nn. 1779-1781. Anche Papa Francesco incoraggia gli
sforzi di tutti affinché si garantisca «che la tecnologia sia centrata
sull’uomo, fondata su basi etiche nella progettazione e finalizzata al bene» (Francesco,
Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues”
[27 marzo
2023]: AAS 115 [2023], 463).
[85] Cf. Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 166:
AAS 112 (2020), 1026-1027; Id.,
Discorso ai partecipanti all’Assemblea
Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita (23 settembre 2024): AAS
112 (2020), 308. Sul ruolo della capacità umana di agire nel
determinare il fine particolare (Zweck) che ogni applicazione tecnologica
adempie alla luce di un obiettivo (Ziel) precedente, si veda F. Dessauer,
Streit um die Technik, Freiburg i. Br., 1956, 144.
[86] Cf. Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 4:
«La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana,
rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una
disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad
altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della
tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del
mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata».
[87] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della
Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020): AAS 112 (2020), 309.
[88] Cf. Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 3-4.
[89] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues”
(27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 464. Cf. Id., Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 212-213: AAS
112 (2020),
1044-1045.
[90] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Laborem exercens (14 settembre
1981), n. 5: AAS 73 (1981), 589; Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024):
L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 3-4.
[91] Cf. Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2:
«Di fronte ai prodigi delle macchine, che sembrano saper scegliere in maniera
indipendente, dobbiamo aver ben chiaro che all’essere umano deve sempre rimanere
la decisione, anche con i toni drammatici e urgenti con cui a volte questa si
presenta nella nostra vita. Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza,
se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro
vita condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine».
[92] Ibid.
[93] Nel presente documento, il termine «bias» (errore sistematico,
pregiudizio) si riferisce al pregiudizio algoritmico (algorithmic
bias, che si verifica quando un sistema informatico produce errori
sistematici e costanti che possono discriminare in modo non intenzionale
determinati gruppi di persone), e non al «vettore dei bias» (bias
vector) nelle reti neurali (il quale raccoglie i parametri usati per
regolare le uscite dei “neuroni” della rete durante il processo di
addestramento, ai fini di un miglior adattamento ai dati).
[94] Cf. Francesco,
Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues”
(27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 464, dove il Santo Padre
ha constatato la crescita del consenso affinché «i processi di sviluppo
rispettino valori quali l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la
riservatezza e l’affidabilità», e ha accolto con favore «gli sforzi delle
organizzazioni internazionali per regolamentare queste tecnologie, affinché
promuovano un progresso autentico, cioè contribuiscano a lasciare un mondo
migliore e una qualità di vita integralmente superiore».
[95] Francesco,
Discorso a una delegazione della Società Max Planck (23
febbraio 2023): L’Osservatore Romano, 23 febbraio 2023, 8.
[96] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26: AAS 58
(1966), 1046-1047.
[97] Francesco,
Discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune
nell’era digitale” (27 settembre 2019): AAS 111 (2019), 1571.
[98] Cf. Francesco,
Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8.
Per un’ulteriore discussione circa le questioni etiche sollevate dall’IA a
partire da una prospettiva cristiana cattolica, si veda Gruppo di Ricerca sull’AI del Centro per la Cultura Digitale del Dicastero per
la Cultura e l’Educazione, Encountering Artificial Intelligence: Ethical and
Anthropological Investigations (Theological Investigations of Artificial
Intelligence, 1), a cura di M.J. Gaudet, N. Herzfeld, P. Scherz, J.J. Wales,
Pickwick, Eugene 2024, 147-253.
[99] Sull’importanza del dialogo in una società pluralista, orientata verso una
«solida e stabile etica sociale», si veda Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 211-214: AAS 112 (2020), 1044-1045.
[100] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 2: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 2.
[101] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3. Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965),
n. 26: AAS 58 (1966), 1046-1047.
[102] Cf. Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112:
AAS 107 (2015), 892-893.
[103] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues”
(27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 464.
[104] Cf. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali,
Etica in internet
(22 febbraio 2002), n. 10.
[105] Francesco, Esort. ap.
Christus vivit (25 marzo 2019), n. 89: AAS
111 (2019), 413-414, che cita il
Documento finale della XV Assemblea Generale
Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (27 ottobre 2018), n. 24: AAS 110
(2018), 1593. Cf. Benedetto XVI,
Discorso ai partecipanti al congresso
internazionale sulla legge morale naturale promosso dalla Pontificia Università
Lateranense (12 febbraio 2007): AAS 99 (2007), 245.
[106] Cf. Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), nn.
105-114: AAS 107 (2015), 889-893; Id., Esort. ap.
Laudate Deum (4
ottobre 2023), nn. 20-33: AAS 115 (2023), 1047-1050.
[107] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 105: AAS
107 (2015), 889. Cf. Id., Esort. ap.
Laudate Deum (4 ottobre 2023), nn.
20-21: AAS 115 (2023), 1047.
[108] Cf. Francesco,
Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della
Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020): AAS 112 (2020),
308-309.
[109] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 2: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 2.
[110] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112:
AAS 107 (2015), 892.
[111] Cf. Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 101,
103, 111, 115, 167: AAS 112 (2020), 1004-1005.1007-1009.1027.
[112] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26:
AAS 58 (1966), 1046-1047. Cf. Leone XIII, Lett. enc.
Rerum novarum (15 maggio 1891), n. 28:
Acta Leonis XIII, 11 (1892), 123.
[113] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 12: AAS 58
(1966), 1034.
[114] Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,
Compendio della
Dottrina Sociale della Chiesa (2004), n. 149.
[115] Conc. Ecum. Vat. II, Dich.
Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n.
3: AAS 58 (1966), 931. Cf. Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3
ottobre 2020), n. 50: AAS 112 (2020), 986-987.
[116] Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 50: AAS 112 (2020), 986-987.
[117] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 47: AAS
107 (2015), 865. Cf. Id., Esort. ap.
Christus vivit (25 marzo 2019), nn. 88-89:
AAS 111 (2019), 413-414.
[118] Cf. Francesco, Esort. ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 88: AAS 105 (2013), 1057.
[119] Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 47: AAS 112 (2020), 985.
[120] Cf. Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2.
[121] Cf. Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 50:
AAS 112 (2020), 986-987.
[122] Cf. E. Stein,
Zum Problem der Einfühlung, Buchdruckerei des
Waisenhauses, Halle 1917 (tr. it. Il problema dell’empatia, Milano 1985).
[123] Cf. Francesco, Esort. ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n.
88: AAS 105 (2013), 1057: «Così come alcuni vorrebbero un Cristo
puramente spirituale, senza carne e senza croce, si pretendono anche relazioni
interpersonali solo mediate da apparecchi sofisticati, da schermi e sistemi che
si possano accendere e spegnere a comando. Nel frattempo, il Vangelo ci invita
sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua
presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua
gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di
Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé»; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 24: AAS 58
(1966), 1044-1045.
[124] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8 aprile 2024), n. 1.
[125] Cf. Francesco,
Discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune
nell’era digitale” (27 settembre 2019): AAS 111 (2019), 1570; Id.,
Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), nn. 18, 124-129: AAS
107
(2015), 854.897-899.
[126] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 5: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.
[127] Francesco, Esort. ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 209:
AAS 105 (2013), 1107.
[128] Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 4.
Per l’insegnamento di Papa Francesco in merito all’IA in relazione con il
«paradigma tecnocratico», cf. Id., Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio
2015), nn. 106-114: AAS 107 (2015), 889-893.
[129] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965),
n. 26: AAS 58 (1966), 1046-1047, come citato in Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 1912. Cf. Giovanni XXIII, Lett. enc.
Mater et
magistra (15 maggio 1961), n. 219: AAS 53 (1961), 453.
[130] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 64: AAS 58
(1966), 1086.
[131] Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 162: AAS 112 (2020), 1025. Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Laborem exercens
(14 settembre 1981), n. 6: AAS 73 (1981), 591: «Il lavoro è “per l’uomo”,
e non l’uomo “per il lavoro”. Con questa conclusione si arriva giustamente a
riconoscere la preminenza del significato soggettivo del lavoro su quello
oggettivo».
[132] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 128: AAS
107 (2015), 898. Cf. Id., Esort. ap.
Amoris laetitia (19 marzo 2016),
n. 24: AAS 108 (2016), 319-320.
[133] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 5: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.
[134] Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Evangelium vitae (25 marzo 1995), n.
89: AAS 87 (1995), 502.
[135] Ibid.
[136] Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 67: AAS 112 (2020), 993, citato in Id.,
Messaggio per la XXXI Giornata
Mondiale del Malato (11 febbraio 2023): L’Osservatore Romano, 10 gennaio 2023, 8.
[137] Francesco,
Messaggio per la XXXII Giornata Mondiale del Malato (11
febbraio 2024): L’Osservatore Romano, 13 gennaio 2024, 12.
[138] Francesco,
Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa
Sede (11 gennaio 2016): AAS 108 (2016), 120. Cf. Id., Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 18:
AAS 112 (2020), 975; Id.,
Messaggio per la XXXII Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2024):
L’Osservatore Romano, 13 gennaio 2024, 12.
[139] Cf. Francesco,
Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues”
(27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 465; Id.,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia)
(14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2.
[140] Cf. Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), nn. 105,
107: AAS 107 (2015), 889-890; Id., Lett. enc.
Fratelli tutti (3
ottobre 2020), nn. 18-21: AAS 112 (2020), 975-976; Id.,
Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023):
AAS
115 (2023), 465.
[141] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla
Commissione Carità e Salute della Conferenza Episcopale Italiana (10
febbraio 2017): AAS 109 (2017), 243. Cf. ibid., 242-243: «Se c’è
un settore in cui la cultura dello scarto fa vedere con evidenza le sue dolorose
conseguenze è proprio quello sanitario. Quando la persona malata non viene messa
al centro e considerata nella sua dignità, si ingenerano atteggiamenti che
possono portare addirittura a speculare sulle disgrazie altrui. E questo è molto
grave! […] Il modello aziendale in ambito sanitario, se adottato in modo
indiscriminato […] rischia di produrre scarti umani».
[142] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 5: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.
[143] Conc. Ecum. Vat. II, Dich.
Gravissimum educationis (28 ottobre 1965), n. 1: AAS
58
(1966), 729.
[144] Congregazione per l’Educazione Cattolica,
Istruzione per l’applicazione
della modalità dell’insegnamento a distanza nelle Università/Facoltà
ecclesiastiche (2021), 2. Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Dich.
Gravissimum educationis (28 ottobre 1965), n. 1: AAS 58 (1966), 729; Francesco,
Messaggio per la XLIX Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2016), n.
6: AAS 108 (2016), 57-58.
[145] Francesco,
Discorso alla delegazione del “Global Researchers Advancing
Catholic Education Project” (20 aprile 2022): AAS 114 (2022), 580.
[146] Cf. Paolo VI, Esort. ap.
Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), n.
41: AAS 68 (1976), 31: «Se [l’uomo contemporaneo] ascolta i maestri lo fa
perché sono dei testimoni», che cita Id., Discorso ai membri del “Consilium
de Laicis” (2 ottobre 1974): AAS 66 (1974), 568.
[147] J.H. Newman,
The Idea of a University Defined and Illustrated,
Discourse 6.1, Basil Montagu Pickering, London 18733, 125-126.
[148] Cf. Francesco,
Incontro con gli studenti del Collegio Barbarigo di
Padova nel 100° anno di fondazione (23 marzo 2019): L’Osservatore Romano, 24 marzo 2019, 8; Id.,
Discorso a rettori, docenti, studenti e personale delle università e
istituzioni pontificie romane (25 febbraio 2023): AAS 115 (2023),
316.
[149] Francesco, Esort. ap.
Christus vivit (25 marzo 2019), n. 86: AAS
111 (2019), 413, che cita XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,
Documento finale (27 ottobre 2018), n. 21: AAS 110 (2018), 1592.
[150] J.H. Newman,
The Idea of a University Defined and Illustrated,
Discourse 7.6, Basil Montagu Pickering, London 18733, 167.
[151] Cf. Francesco, Esort. ap.
Christus vivit (25 marzo 2019), n. 88: AAS 111 (2019), 413.
[152] In un documento strategico del 2023 sull’uso dell’IA generativa in campo
educativo e di ricerca, l’UNESCO rileva: «Una delle questioni chiave [dell’uso
dell’IA generativa (GenAI) nell’educazione e nella ricerca] è capire se gli
esseri umani possano eventualmente cedere all’IA i livelli elementari dei
processi di pensiero e di acquisizione delle abilità, per concentrarsi invece
sulle abilità cognitive di ordine superiore basandosi sulle risposte fornite da
tali sistemi. La scrittura, per esempio, è spesso associata con la
strutturazione del pensiero. Con la GenAI […], gli scrittori possono ora partire
da un abbozzo ben organizzato fornito dall’algoritmo. Alcuni esperti hanno
descritto l’uso della GenAI per generare testi in questo modo come uno “scrivere
senza pensare”» (UNESCO, Guidance for Generative AI in Education and Research
[2023], 37-38). La filosofa tedesco-statunitense Hannah Arendt ha previsto
questa possibilità già nel suo libro del 1959, La condizione umana, e ha
messo in guardia: «Se dovesse alla fine essere vero che la conoscenza (nel senso
di know-how) e il pensiero si sono separati una volta per tutte, allora
diventeremmo davvero degli schiavi inutili, non tanto delle macchine quanto del
nostro know-how» (H. Arendt, The Human Condition, The University
of Chicago Press, Chicago 20182, 3; tr. it. Vita activa. La
condizione umana, Milano 2017).
[153] Francesco, Esort. ap.
Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 262: AAS 108 (2016), 417.
[154] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 7: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.
Cf. Id., Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 167: AAS
107
(2015), 914.
[155] Giovanni Paolo II, Cost. ap.
Ex corde Ecclesiae (15 agosto 1990),
n. 7: AAS 82 (1990), 1479.
[156] Francesco, Cost. ap.
Veritatis gaudium (29 gennaio 2018), 4c: AAS 110 (2018), 9-10.
[157] Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 3.
[158] Per esempio, potrebbe aiutare le persone ad accedere alle «molteplici […]
risorse che l’uomo possiede per promuovere il progresso nella conoscenza della
verità» raccolte nelle opere filosofiche (Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Fides et ratio [14 settembre 1998], n. 3:
AAS 91 [1999], 7). Cf. ibid., n.
4: AAS 91 (1999), 7-8.
[159] Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8
aprile 2024), n. 43. Cf. ibid., nn. 61-62.
[160] Francesco,
Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8.
[161] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 25: AAS 58
(1966), 1053. Cf. Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020),
passim:
AAS 112 (2020), 969-1074.
[162] Cf. Francesco, Esort. ap.
Christus vivit (25 marzo 2019), n. 89: AAS 111 (2019), 414; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Fides et ratio (14
settembre 1998), n. 25: AAS 91 (1999), 25-26: «Nessuno può essere
sinceramente indifferente alla verità del suo sapere. […] È la lezione di
sant’Agostino quando scrive: “Molti ho incontrato che volevano ingannare, ma che
volesse farsi ingannare, nessuno”», che cita Agostino d’Ippona, Confessionum
libri tredecim, X, 23, 33: PL 32, 793.
[163] Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8
aprile 2024), n. 62. [164] Benedetto XVI,
Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali (24 maggio 2009): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2009, 8.
[165] Cf. Dicastero per la Comunicazione,
Verso una piena presenza.
Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media (28 maggio
2023), n. 41; Conc. Ecum. Vat. II, Decr.
Inter mirifica (4 dicembre
1963), nn. 4, 8-12: AAS 56 (1964), 146.148-149.
[166] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8 aprile 2024), nn. 1, 6, 16, 24.
[167] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26: AAS 58
(1966), 1046. Cf. Leone XIII, Lett. enc.
Rerum novarum (15 maggio 1891), n. 32:
Acta
Leonis XIII, 11 (1892), 127: «A nessuno è lecito violare impunemente
la dignità dell’uomo, di cui Dio stesso dispone con grande rispetto», citato in Giovanni Paolo
II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), n. 9: AAS 83
(1991), 804.
[168] Cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2477, 2489; can. 220
CIC; can. 23 CCEO; Giovanni Paolo II,
Discorso in occasione della
III Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano (28 gennaio 1979),
III, 1-2: Insegnamenti, II/1 (1979), 202-203.
[169] Cf. Missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite,
Dichiarazione della Santa Sede durante la discussione tematica su altre
misure di disarmo e sicurezza internazionale (24 ottobre 2022): «Il rispetto
della dignità umana nello spazio digitale obbliga gli Stati a rispettare anche
il diritto alla privacy, proteggendo i cittadini da una sorveglianza
invadente e consentendo loro di difendere i propri dati personali da accessi non
autorizzati».
[170] Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 42: AAS 112 (2020), 984.
[171] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 5: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.
[172] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues”
(27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 465.
[173] Il
Report intermedio del 2023 dell’Organo Consultivo sull’IA delle
Nazioni Unite ha identificato una lista di «aspettative iniziali circa l’aiuto
dell’IA nell’affrontare il cambiamento climatico» (Organo Consultivo sull’IA delle Nazioni Unite,
Interim Report: Governing AI for Humanity [dicembre 2023], 3). Il
documento ha osservato che «insieme ai sistemi predittivi in grado di
trasformare i dati in intuizioni e le intuizioni in azioni, gli strumenti dotati
di IA possono aiutare a sviluppare nuove strategie e investimenti per ridurre le
emissioni, influenzare nuovi investimenti del settore privato nel net zero,
proteggere la biodiversità e costruire una capacità sociale di recupero ad ampia
base» (ibid.).
[174] Si tratta di una rete di server fisici sparsi nel mondo che consente agli
utenti di immagazzinare, elaborare e gestire i propri dati da remoto, senza la
necessità di spazio d’archiviazione o potenza computazionale nei dispositivi
locali.
[175] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 9: AAS
107 (2015), 850.
[176] Ibid., n. 106:
AAS 107 (2015), 890.
[177] Ibid., n. 60:
AAS 107 (2015), 870.
[178] Ibid., nn. 3, 13:
AAS 107 (2015), 848.852.
[179] Agostino d’Ippona,
De Civitate Dei, XIX, 13, 1: PL 41, 460.
[180] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 77-82: AAS
58 (1966), 1100-1107; Francesco, Lett.
enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 256-262: AAS 112 (2020),
1060-1063; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8 aprile 2024), nn. 38-39; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn.
2302-2317.
[181] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 78: AAS 58
(1966), 1101.
[182] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.
[183] Cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2308-2310.
[184] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 80-81: AAS 58 (1966), 1013-1105.
[185] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.
Cf. Id., Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2:
«Abbiamo bisogno di garantire e tutelare uno spazio di controllo significativo
dell’essere umano sul processo di scelta dei programmi di intelligenza
artificiale: ne va della stessa dignità umana».
[186] Francesco,
Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a
Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2.
Cf. Missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite,
Dichiarazione della Santa Sede al Gruppo di Lavoro II sulle tecnologie
emergenti presso la Commissione Disarmo dell’ONU (3 aprile 2024): «Lo
sviluppo e l’uso di sistemi di armi autonome letali che mancano di un
appropriato controllo umano susciterebbero fondamentali preoccupazioni etiche,
dato che tali sistemi non possono mai essere soggetti moralmente responsabili in
grado di rispettare il diritto internazionale umanitario».
[187] Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 258: AAS 112 (2020), 1061. Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965),
n. 80: AAS 58 (1966), 1103-1104.
[188] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 80: AAS 58
(1966), 1103-1104.
[189] Cf. Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 6:
L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3:
«Non possiamo nemmeno ignorare la possibilità che armi sofisticate finiscano
nelle mani sbagliate, facilitando, ad esempio, attacchi terroristici o
interventi volti a destabilizzare istituzioni di governo legittime. Il mondo,
insomma, non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano
all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la
follia della guerra».
[190] Giovanni Paolo II,
Atto di affidamento a Maria Santissima in occasione
del Giubileo dei Vescovi (8 ottobre 2000), n. 3: Insegnamenti,
XXIII/2 (2000), 565.
[191] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 79: AAS
107 (2015), 878.
[192] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc.
Caritas in veritate (29 giugno 2009),
n. 51: AAS 101 (2009), 687.
[193] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich.
Dignitas infinita
(8 aprile 2024), nn. 38-39.
[194] Cf. Agostino d’Ippona,
Confessionum libri tredecim, I, 1, 1: PL
32, 661.
[195] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Sollicitudo rei socialis (30
dicembre 1987), n. 28: AAS 80 (1988), 548: «Oggi si comprende meglio che
la pura accumulazione di beni e di servizi […] non basta a realizzare la
felicità umana. Né, di conseguenza, la disponibilità dei molteplici benefici
reali, apportati negli ultimi tempi dalla scienza e dalla tecnica, compresa
l’informatica, comporta la liberazione da ogni forma di schiavitù. Al contrario,
[…] se tutta la massa delle risorse e delle potenzialità, messe a disposizione
dell’uomo, non è retta da un intendimento morale e da un orientamento verso il
vero bene del genere umano, si ritorce facilmente contro di lui per opprimerlo». Cf.
ibid., nn. 29, 37: AAS 80 (1988), 550-551.563-564.
[196] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 14: AAS 58
(1966), 1036.
[197] Francesco, Lett. enc.
Dilexit nos (24 ottobre 2024), n. 18: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 6.
[198] Ibid., n. 27:
L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5.
[199] Ibid., n. 25:
L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5-6.
[200] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 105: AAS
107 (2015), 889. Cf. R. Guardini, Das Ende der Neuzeit, Werkbund Verlag, Würzburg 19659,
87ss. (tr. it. La fine dell’epoca moderna, Brescia 1984).
[201] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 34: AAS 58
(1966), 1053.
[202] Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Redemptor hominis (4 maggio 1979), n. 15: AAS
71 (1979), 287-288.
[203] N. Berdjaev, «Man and Machine», in C. Mitcham – R. Mackey (edd.),
Philosophy and Technology: Readings in the Philosophical Problems of Technology,
The Free Press, New York 19832, 212-213.
[204] Ibid., 210.
[205] G. Bernanos, «La révolution de la liberté» (1944), in Id.,
Le Chemin de
la Croix-des-Âmes, Rocher, Monaco 1987, 829.
[206] Cf. Francesco,
Incontro con gli studenti del Collegio Barbarigo di
Padova nel 100° anno di fondazione (23 marzo 2019): L’Osservatore Romano, 24 marzo 2019, 8; Id.,
Discorso a rettori, docenti, studenti e personale delle università e
istituzioni pontificie romane (25 febbraio 2023): AAS 115 (2023),
316.
[207] Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112:
AAS
107 (2015), 892-893.
[208] Cf. Bonaventura da Bagnoregio,
Collationes in Hexaemeron, XIX, 3; Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 50: AAS
112 (2020), 986: «Il cumulo opprimente di informazioni che ci inonda non equivale a maggior
saggezza. La saggezza non si fabbrica con impazienti ricerche in internet,
e non è una sommatoria di informazioni la cui veracità non è assicurata. In
questo modo non si matura nell’incontro con la verità».
[209] Francesco,
Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8.
[210] Ibid.
[211] Ibid.
[212] Francesco, Esort. ap.
Gaudete et exsultate (19 marzo 2018), n. 37: AAS
110 (2018), 1121.
[213] Francesco,
Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1
gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.
Cf. Id., Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112: AAS
107
(2015), 892-893; Id., Esort. ap.
Gaudete et exsultate (19 marzo 2018), n.
46: AAS 110 (2018), 1123-1124.
[214] Cf. Francesco, Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112:
AAS 107 (2015), 892-893.
[215] Cf. Francesco,
Discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune
nell’era digitale” (27 settembre 2019): AAS 111 (2019), 1570-1571.
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