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DICASTERO PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
DICHIARAZIONE
DIGNITAS INFINITA
CIRCA LA DIGNITÀ UMANA
Presentazione
Nel Congresso del 15 marzo del 2019, l’allora Congregazione per la Dottrina
della Fede decise di avviare «la redazione di un testo evidenziando
l’imprescindibilità del concetto di dignità della persona umana all’interno
dell’antropologia cristiana e illustrando la portata e le implicazioni benefiche
a livello sociale, politico ed economico, tenendo conto degli ultimi sviluppi
del tema nell’ambito accademico e delle sue ambivalenti comprensioni nel
contesto odierno». Un primo progetto al riguardo, elaborato con l’aiuto di
alcuni Esperti nel corso dell’anno 2019, venne ritenuto insoddisfacente da una
Consulta ristretta della Congregazione, svoltasi l’8 ottobre dello stesso anno.
Si procedette ad elaborare ex novo un’altra bozza del testo da parte
dell’Ufficio Dottrinale, sulla base del contributo di diversi Esperti. La bozza
venne presentata e discussa da una Consulta ristretta svoltasi il 4 ottobre del
2021. Nel gennaio 2022 la nuova bozza fu presentata nella Sessione Plenaria
della Congregazione, durante la quale i Membri hanno provveduto ad abbreviare e
semplificare il testo.
Il 6 febbraio del 2023, il nuovo testo emendato è stato valutato da una Consulta
ristretta che ha proposto alcune ulteriori modifiche. La nuova versione è stata
sottomessa alla valutazione della Sessione Ordinaria del Dicastero (Feria IV) il
3 maggio del 2023. I Membri hanno concordato che il documento, con alcune
modifiche, poteva essere pubblicato. Il Santo Padre Francesco ha approvato i
Deliberata di questa Feria IV nel corso dell’Udienza a me concessa il 13
novembre del 2023. In questa occasione, mi ha inoltre chiesto di evidenziare nel
testo tematiche strettamente connesse al tema della dignità, come ad esempio il
dramma della povertà, la situazione dei migranti, le violenze contro le donne,
la tratta delle persone, la guerra ed altre. Per onorare al meglio tale
indicazione del Santo Padre, la Sezione Dottrinale del Dicastero ha dedicato un
Congresso all’approfondimento della lettera enciclica
Fratelli tutti, che
offre un’originale analisi ed approfondimento della questione della dignità
umana “al di là di ogni circostanza”.
Con lettera datata 2 febbraio 2024, in vista della Feria IV del successivo 28
febbraio, è stata inviata ai Membri del Dicastero una nuova bozza del testo,
notevolmente modificata, con la seguente precisazione: «questa ulteriore stesura
si è resa necessaria per andare incontro ad una specifica richiesta del Santo
Padre. Egli ha esplicitamente sollecitato a fissare meglio l’attenzione sulle
attuali gravi violazioni della dignità umana nel nostro tempo, sulla scia
dell’enciclica
Fratelli tutti. L’Ufficio Dottrinale ha provveduto così a
ridurre la parte iniziale […] e ad elaborare più dettagliatamente quanto
indicato dal Santo Padre». La Sessione Ordinaria del Dicastero, in data 28
febbraio 2024, ha infine approvato il testo dell’attuale Dichiarazione.
Nel corso dell’Udienza concessa a me insieme al Segretario della Sezione
Dottrinale, Mons. Armando Matteo, in data 25 marzo 2024, il Santo Padre ha
quindi approvato la presente Dichiarazione e ne ha ordinato la
pubblicazione.
L’elaborazione del testo, protrattasi per cinque anni, permette di capire che ci
si trova di fronte ad un documento che, per la serietà e la centralità della
questione della dignità nel pensiero cristiano, ha avuto bisogno di un notevole
processo di maturazione per arrivare alla stesura definitiva che oggi
pubblichiamo.
Nelle prime tre parti, la Dichiarazione richiama fondamentali principi e
presupposti teorici, al fine di offrire importanti chiarimenti che possono
evitare le frequenti confusioni che si verificano nell’uso del termine
“dignità”. Nella quarta parte, presenta alcune situazioni problematiche attuali
in cui l’immensa e inalienabile dignità che spetta ad ogni essere umano non è
adeguatamente riconosciuta. La denuncia di tali gravi e attuali violazioni della
dignità umana è un gesto necessario, perché la Chiesa nutre la profonda
convinzione che non si può separare la fede dalla difesa della dignità umana,
l’evangelizzazione dalla promozione di una vita dignitosa, e la
spiritualità dall’impegno per la dignità di tutti gli esseri umani.
Tale dignità di tutti gli esseri umani può, infatti, essere intesa come
“infinita” (dignitas infinita), così come
san Giovanni Paolo II affermò
in un incontro con persone affette da certe limitazioni o disabilità,[1]
al fine di mostrare come la dignità di tutti gli esseri umani vada al di là di
ogni apparenza esteriore o di ogni caratteristica della vita concreta delle
persone.
Papa Francesco, nell’enciclica
Fratelli tutti, ha voluto sottolineare con
particolare insistenza che questa dignità esiste “al di là di ogni circostanza”,
invitando tutti a difenderla in ogni contesto culturale, in ogni momento
dell’esistenza di una persona, indipendentemente da qualsiasi deficienza fisica,
psicologica, sociale o anche morale. A questo riguardo, la Dichiarazione
si sforza di mostrare che ci troviamo di fronte a una verità universale, che
tutti siamo chiamati a riconoscere, come condizione fondamentale affinché le
nostre società siano veramente giuste, pacifiche, sane e alla fine
autenticamente umane.
L’elenco degli argomenti scelti dalla Dichiarazione non è certo
esaustivo. I temi trattati sono, tuttavia, proprio quelliche permettono di
esprimere vari aspetti della dignità umana che oggi possono essere oscurati
nella coscienza di molte persone. Alcuni saranno facilmente condivisibili da
diversi settori delle nostre società, altri di meno. Comunque, tutti ci sembrano
necessari perché, nel loro insieme aiutano a riconoscere l’armonia e la
ricchezza del pensiero sulla dignità che sgorga dal Vangelo.
Questa Dichiarazione non ha la pretesa di esaurire un argomento così
ricco e decisivo, ma intende fornire alcuni elementi di riflessione che
aiuteranno a tenerlo presente nel complesso momento storico in cui viviamo,
affinché in mezzo a tante preoccupazioni e ansie non perdiamo la strada e non ci
esponiamo a più laceranti e profonde sofferenze.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto
Introduzione
1. (Dignitas infinita) Una dignità infinita, inalienabilmente fondata
nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni
circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi. Questo principio, che è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione,
si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi
diritti. La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo
assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e
somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù. Da questa verità trae le ragioni
del suo impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere,
insistendo sempre «sul primato della persona umana e sulla difesa della sua
dignità al di là di ogni circostanza».[2]
2. Di tale dignità ontologica e del valore unico ed eminente di ogni donna e di
ogni uomo che esistono in questo mondo si è resa autorevole eco la
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948) da parte
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.[3]
Nel fare memoria del 75° anniversario di questo Documento, la Chiesa vede
l’occasione per proclamare nuovamente la propria convinzione che, creato da Dio
e redento da Cristo, ogni essere umano deve essere riconosciuto e trattato con
rispetto e con amore, proprio in ragione della sua inalienabile dignità. Il
summenzionato anniversario offre alla Chiesa anche l’opportunità per chiarire alcuni equivoci che sorgono spesso a riguardo della dignità umana e per
affrontare alcune gravi e urgenti questioni concrete ad essa collegate.
3. Fin dall’inizio della sua missione, sulla spinta del Vangelo, la Chiesa si è
sforzata di affermare la libertà e di promuovere i diritti di tutti gli esseri
umani.[4] Negli ultimi tempi, grazie alla voce dei Pontefici, ha inteso formulare più
esplicitamente tale impegno attraverso il rinnovato appello per il
riconoscimento della dignità fondamentale che spetta alla persona umana.
San Paolo VI ebbe a dire che «nessuna antropologia eguaglia quella della Chiesa
sulla persona umana, anche singolarmente considerata, circa la sua originalità,
la sua dignità, la intangibilità e la ricchezza dei suoi diritti fondamentali,
la sua sacralità, la sua educabilità, la sua aspirazione ad uno sviluppo
completo, la sua immortalità».[5]
4.
San Giovanni Paolo II, nel 1979, durante la Terza Conferenza Episcopale Latinoamericana a Puebla,
affermò: «la dignità umana rappresenta un valore evangelico, che non può essere
disprezzato senza grave offesa del Creatore. Questa dignità viene conculcata, a
livello individuale, quando non sono tenuti nel dovuto conto valori come la
libertà, il diritto di professare la religione, l’integrità fisica e psichica,
il diritto ai beni essenziali, alla vita. È calpestata, a livello sociale e
politico, quando l’uomo non può esercitare il suo diritto di partecipazione, o
viene sottoposta ad ingiuste e illegittime coercizioni o a torture fisiche o
psichiche, ecc. […] Se la Chiesa si rende presente nella difesa o nella
promozione della dignità dell’uomo, lo fa in conformità con la sua missione,
che, pur essendo di carattere religioso e non sociale o politico, non può fare a
meno di considerare l’uomo nel suo essere integrale».[6]
5. Nel 2010, davanti alla
Pontificia Accademia della Vita,
Benedetto XVI ha affermato che la
dignità della persona è «un principio fondamentale che la fede in Gesù Cristo
Risorto ha da sempre difeso, soprattutto quando viene disatteso nei confronti
dei soggetti più semplici e indifesi».[7]
In altra occasione, parlando a degli economisti, ha detto che «l’economia e la
finanza non esistono per se stesse, esse non sono altro che uno strumento, un mezzo. Il
loro fine è unicamente la persona umana e la sua piena realizzazione nella
dignità. È questo l’unico capitale che è opportuno salvare».[8]
6. Fin dagli inizi del suo pontificato,
Papa Francesco ha invitato la Chiesa
a «confessare un Padre che ama infinitamente ciascun essere umano» ed a
«scoprire che “con ciò stesso gli conferisce una dignità infinita”»,[9]
sottolineando con forza che tale immensa dignità rappresenta un dato originario
da riconoscere con lealtà e da accogliere con gratitudine. Proprio su tale
riconoscimento ed accoglienza è possibile fondare una nuova coesistenza fra gli
esseri umani, che declini la socialità in un orizzonte di autentica fraternità:
unicamente «riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far
rinascere fra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità».[10]
Secondo Papa Francesco «questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel
Vangelo di Gesù Cristo»,[11] ma è
pure una convinzione alla quale la ragione umana può arrivare attraverso la
riflessione e il dialogo, dato che «se bisogna rispettare in ogni situazione la dignità degli altri, è perché noi
non inventiamo o supponiamo tale dignità, ma perché c’è effettivamente in essi
un valore superiore rispetto alle cose materiali e alle circostanze, che esige
siano trattati in un altro modo. Che ogni essere umano possiede una dignità
inalienabile è una verità corrispondente alla natura umana al di là di qualsiasi
cambiamento culturale».[12] In verità, conclude
Papa Francesco, «l’essere umano possiede la medesima
dignità inviolabile in qualunque epoca storica e nessuno può sentirsi
autorizzato dalle circostanze a negare questa convinzione o a non agire di
conseguenza».[13] In tal orizzonte, la sua enciclica
Fratelli tutti costituisce già una
sorta di Magna Charta dei compiti odierni volti a salvaguardare e
promuovere la dignità umana.
Un chiarimento fondamentale
7. Sebbene ora esista un consenso piuttosto generale sull’importanza ed anche
sulla portata normativa della dignità e del valore unico e trascendente di ogni
essere umano,[14]
l’espressione “dignità della persona umana” rischia sovente di prestarsi a molti
significati e dunque a possibili equivoci[15]
e «contraddizioni che inducono a chiederci se davvero l’eguale dignità di tutti
gli esseri umani […] sia riconosciuta, rispettata, protetta e promossa in ogni
circostanza».[16] Tutto questo ci porta a riconoscere la possibilità di una quadruplice
distinzione del concetto di dignità: dignità ontologica, dignità
morale, dignità sociale ed infine dignità esistenziale. Il
senso più importante è quello legato alla dignità ontologica che compete
alla persona in quanto tale per il solo fatto di esistere e di essere voluta,
creata e amata da Dio. Questa dignità non può mai essere cancellata e resta
valida al di là di ogni circostanza in cui i singoli possano venirsi a trovare.
Quando si parla di dignità morale ci si riferisce, invece, all’esercizio
della libertà da parte della creatura umana. Quest’ultima, pur dotata di
coscienza, resta sempre aperta alla possibilità di agire contro di essa. Facendo
così, l’essere umano si comporta in un modo che “non è degno” della sua natura
di creatura amata da Dio e chiamata all’amore degli altri. Ma questa possibilità
esiste. Non solo. La storia ci attesta che l’esercizio della libertà contro la
legge dell’amore rivelata dal Vangelo può raggiungere vette incalcolabili di
male inferto agli altri. Quando questo accade, ci si trova davanti a persone che
sembrano aver perduto ogni traccia di umanità, ogni traccia di dignità. Al
riguardo, la distinzione qui introdotta ci aiuta a discernere proprio tra
l’aspetto della dignità morale che può essere di fatto “perduta” e l’aspetto
della dignità ontologica che non può mai essere annullata. Ed è proprio in
ragione di quest’ultima che si dovrà con tutte le forze lavorare perché tutti
coloro che hanno compiuto il male possano ravvedersi e convertirsi.
8. Restano ancora altre due accezioni possibili di dignità: sociale ed
esistenziale. Quando parliamo di dignità sociale ci riferiamo alle
condizioni sotto le quali una persona si trova a vivere. Nella povertà estrema,
per esempio, quando non si danno le condizioni minime perché una persona possa
vivere secondo la sua dignità ontologica, si dice che la vita di quella persona
così povera è una vita “indegna”. Quest’espressione non indica in alcun modo un
giudizio verso la persona, piuttosto vuole evidenziare il fatto che la sua
dignità inalienabile viene contradetta dalla situazione nella quale è costretta
a vivere. L’ultima accezione è quella di dignità esistenziale. Sempre più
spesso si parla oggi di una vita “degna” e di una vita “non degna”. E con tale
indicazione ci si riferisce a situazioni proprio di tipo esistenziale: per
esempio, al caso di una persona che, pur non mancando apparentemente di nulla di
essenziale per vivere, per diverse ragioni fa fatica a vivere con pace, con
gioia e con speranza. In altre situazioni è la presenza di malattie gravi, di
contesti familiari violenti, di certe dipendenze patologiche e di altri disagi a
spingere qualcuno a sperimentare la propria condizione di vita come “indegna” di
fronte alla percezione di quella dignità ontologica che mai può essere oscurata.
Le distinzioni qui introdotte, in ogni caso, non fanno altro che ricordare il
valore inalienabile di quella dignità ontologica radicata nell’essere stesso
della persona umana e che sussiste al di là di ogni circostanza.
9. Giova qui, infine, ricordare che la definizione classica della persona come «sostanza individuale di natura
razionale»[17] esplicita il fondamento della sua dignità. Infatti, in quanto “sostanza
individuale”, la persona gode della dignità ontologica (cioè a livello
metafisico dell’essere stesso): essa è un soggetto che, ricevendo da Dio
l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo. La parola “razionale” comprende in realtà tutte le capacità di un essere umano:
sia quella di conoscere e comprendere che quella di volere, amare, scegliere,
desiderare. Il termine “razionale” comprende poi anche tutte le capacità
corporee intimamente collegate a quelle sopradette. L’espressione “natura”
indica le condizioni proprie dell’essere umano che rendono possibili le varie
operazioni ed esperienze che lo caratterizzano: la natura è il “principio
dell’agire”. L’essere umano non crea la sua natura; la possiede come un dono
ricevuto e può coltivare, sviluppare e arricchire le proprie capacità.
Nell’esercitare la propria libertà per coltivare le ricchezze della propria
natura, la persona umana si costruisce nel tempo. Anche se, a causa di vari limiti o condizioni, non è in grado di mettere in atto
queste capacità, la persona sussiste sempre come “sostanza individuale” con
tutta la sua inalienabile dignità. Questo si verifica, per esempio, in un
bambino non ancora nato, in una persona priva di sensi, in un anziano in agonia.
1. Una progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana
10. Già nell’antichità classica[18]
si profila una prima intuizione a riguardo della dignità umana, che procede da
una prospettiva sociale: ogni essere umano viene rivestito di una dignità
particolare, secondo il suo rango ed all’interno di un determinato ordine.
Dall’ambito sociale, la parola è passata a descrivere la differente dignità
degli esseri presenti nel cosmo. In questa visione, tutti gli esseri possiedono
una loro “dignità” propria, secondo la loro collocazione nell’armonia del tutto.
Certamente, alcune vette del pensiero antico iniziano a riconoscere un posto
singolare all’essere umano, in quanto dotato di ragione e quindi capace di
assumersi una responsabilità riguardo a se stesso e agli altri esseri nel mondo,[19]
ma siamo ancora lontani da un pensiero capace di fondare il rispetto della
dignità di ogni persona umana, al di là di ogni circostanza.
Prospettive bibliche
11. La Rivelazione biblica insegna che tutti gli esseri umani possiedono una
dignità intrinseca perché sono creati a immagine e somiglianza di Dio: «Dio
disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” […] E
Dio creò l’essere umano a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e
femmina li creò» (Gen 1, 26-27). L’umanità ha una qualità specifica che
la rende non riducibile alla pura materialità. L’“immagine” non definisce
l’anima o le capacità intellettive bensì la dignità dell’uomo e della donna.
Entrambi, nel loro mutuo rapporto di uguaglianza e vicendevole amore, espletano
la funzione di rappresentare Dio nel mondo e sono chiamati a custodire e coltivare il mondo. Essere creati a immagine di Dio significa, pertanto, possedere in noi un
valore sacro che trascende ogni distinzione sessuale, sociale, politica, culturale e religiosa. La nostra dignità ci viene conferita, non è né pretesa né meritata. Ogni
essere umano è amato e voluto da Dio per sé stesso e quindi è inviolabile nella
sua dignità. Nell’Esodo, cuore dell’Antico Testamento, Dio si mostra come
colui che ascolta il grido del povero, vede la miseria del suo popolo, si prende
cura degli ultimi e degli oppressi (cf. Es 3, 7; 22, 20-26). Si ritrova lo stesso insegnamento nel Codice deuteronomico (cf. Dt 12-26): qui
l’insegnamento sui diritti si trasforma in “manifesto” della dignità umana, in
particolare a favore della triplice categoria dell’orfano, della vedova e del
forestiero (cf. Dt 24, 17). Gli antichi precetti dell’Esodo
vengono richiamati e attualizzati dalla predicazione dei profeti, i quali
rappresentano la coscienza critica di Israele. I profeti Amos, Osea, Isaia,
Michea, Geremia hanno interi capitoli di denuncia dell’ingiustizia. Amos
rimprovera aspramente l’oppressione del povero, il non riconoscere al misero
nessuna fondamentale dignità umana (cf. Am 2, 6-7; 4, 1; 5, 11-12). Isaia
pronuncia una maledizione contro coloro che calpestano i diritti dei poveri,
negando loro ogni giustizia: «guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono
in fretta sentenze oppressive, per negare la giustizia ai miseri» (Is 10,
1-2). Questo insegnamento profetico è ripreso dalla letteratura sapienziale. Il
Siracide equipara l’oppressione dei poveri all'omicidio: «uccide il prossimo chi
gli toglie il nutrimento, versa sangue chi rifiuta il salario all’operaio» (Sir
34, 22). Nei Salmi, il rapporto religioso con Dio passa attraverso la
difesa del debole e del bisognoso: «difendete il debole e l’orfano, al povero e
al misero fate giustizia! Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla mano
dei malvagi!» (Sal 82, 3-4).
12. Gesù nasce e cresce in condizioni umili e rivela la dignità dei bisognosi e
dei lavoratori.[20] Nel corso del
suo ministero, Gesù afferma il valore e la dignità di tutti coloro che portano
l’immagine di Dio, indipendentemente dalla loro condizione sociale e dalle
circostanze esterne. Gesù ha abbattuto le barriere culturali e cultuali, ridando dignità alle categorie degli
“scartati” o a quelle considerate ai margini della società: gli esattori delle
tasse (cf. Mt 9, 10-11), le donne (cf. Gv 4, 1-42), i bambini (cf.
Mc 10, 14-15), i lebbrosi (cf. Mt 8, 2-3), gli ammalati (cf. Mc
1, 29-34), i forestieri (cf. Mt 25, 35), le vedove (cf. Lc 7,
11-15). Egli guarisce, sfama, difende, libera, salva. Egli è descritto come un
pastore sollecito per l’unica pecora smarrita (cf. Mt 18, 12-14). Egli
stesso si identifica con i suoi fratelli più piccoli: «ciò che avrete fatto al
più piccolo dei miei, l’avrete fatto a me» (Mt 25, 40). Nel linguaggio
biblico, i “piccoli” non sono solo i bambini di età, ma i discepoli indifesi, i
più insignificanti, i reietti, gli oppressi, gli scartati, i poveri, gli
emarginati, gli ignoranti, i malati, i declassati dai gruppi dominanti. Il
Cristo glorioso giudicherà in base all’amore verso il prossimo che consiste
nell’aver assistito l’affamato, l’assetato, lo straniero, il nudo, l’ammalato,
il carcerato, con i quali egli stesso si identifica (cf. Mt 25, 34-36).
Per Gesù, il bene fatto a ogni essere umano, indipendentemente dai legami di
sangue o di religione, è l’unico criterio di giudizio. L’apostolo Paolo afferma
che ogni cristiano deve comportarsi secondo le esigenze della dignità e del rispetto
dei diritti di tutti gli esseri umani (cf. Rm 13, 8-10), secondo il
comandamento nuovo della carità (cf. 1Cor 13, 1-13).
Sviluppi del pensiero cristiano
13. Lo sviluppo del pensiero cristiano ha poi stimolato e accompagnato i
progressi della riflessione umana sul tema della dignità. L’antropologia
cristiana classica, basata sulla grande tradizione dei Padri della Chiesa, ha
messo in rilievo la dottrina dell’essere umano creato ad immagine e somiglianza
di Dio ed il suo ruolo singolare nella creazione.[21]
Il pensiero cristiano medievale, vagliando criticamente l’eredità del pensiero
filosofico antico, è pervenuto ad una sintesi della nozione di persona,
riconoscendo il fondamento metafisico della sua dignità, come attestano le
seguenti parole di san Tommaso d’Aquino: «la persona significa quanto di più nobile c’è in tutto l’universo, cioè il
sussistente di natura razionale».[22] Tale dignità ontologica, nella sua manifestazione privilegiata attraverso
il libero agire umano, è stata poi messa in risalto soprattutto dall’umanesimo
cristiano del Rinascimento.[23]
Anche nella visione di pensatori moderni, quali Cartesio e Kant, che pure hanno
messo in discussione alcuni dei fondamenti dell’antropologia cristiana
tradizionale, si possono avvertire con forza echi della Rivelazione. Sulla base
di alcune riflessioni filosofiche più recenti circa lo statuto della
soggettività teoretica e pratica, la riflessione cristianaè arrivata poi a sottolineare ancor più lo spessore del concetto di
dignità, raggiungendo una prospettiva originale, come ad esempio il
personalismo, nel XX secolo. Tale prospettiva non solo riprende la questione
della soggettività, ma la approfondisce nella direzione dell’intersoggettività e
delle relazioni che legano tra loro le persone umane.[24]
Anche la proposta antropologica cristiana contemporanea si è arricchita del
pensiero proveniente da quest’ultima visione.[25]
Tempi odierni
14. Ai nostri giorni, il termine “dignità” viene utilizzato prevalentemente per
sottolineare il carattere unico della persona umana, incommensurabile rispetto
agli altri esseri dell’universo. In questo orizzonte, si comprende il modo in
cui viene usato il termine dignità nella Dichiarazione delle Nazioni
Unite del 1948, ove si parla «della dignità inerente a tutti i membri
della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili». Solo questo
carattere inalienabile della dignità umana consente di poter parlare dei diritti
dell’uomo.[26]
15. Per chiarire meglio il concetto di dignità, è importante segnalare che la
dignità non viene concessa alla persona da altri esseri umani, a partire da
determinate sue doti e qualità, in modo che potrebbe essere eventualmente
ritirata. Se la dignità fosse concessa alla persona da altri esseri umani,
allora essa si darebbe in modo condizionato e alienabile, e lo stesso
significato di dignità (per quanto meritevole di grande rispetto) rimarrebbe
esposto al rischio di essere abolito. In realtà, la dignità è intrinseca alla
persona, non conferita a posteriori, previa ad ogni riconoscimento e non
può essere perduta. Di conseguenza, tutti gli esseri umani possiedono la
medesima ed intrinseca dignità, indipendentemente dal fatto che siano in grado o
meno di esprimerla adeguatamente.
16. Perciò il
Concilio Vaticano II parla della «eminente dignità della persona
umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri sono universali e
inviolabili».[27] Come ricorda l’incipit
della Dichiarazione conciliare
Dignitatis humanae, «gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della propria dignità di
persone e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa,
esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere e
non pressati da misure coercitive».[28] Tale libertà di pensiero e di coscienza, sia individuale che comunitaria, è
basata sul riconoscimento della dignità umana «quale l’hanno fatta conoscere la
parola di Dio rivelata e la stessa ragione».[29]
Lo stesso magistero ecclesiale ha maturato con sempre maggior compiutezza il
significato di tale dignità, unitamente alle esigenze ed alle implicazioni ad
esso connesse, giungendo alla consapevolezza che la dignità di ogni essere umano
è tale al di là di ogni circostanza.
2. La Chiesa annuncia, promuove e si fa garante della dignità umana
17. La Chiesa proclama l’uguale dignità di tutti gli esseri umani,
indipendentemente dalla loro condizione di vita o dalle loro qualità. Questo
annuncio si appoggia su una triplice convinzione, che, alla luce della fede
cristiana, conferisce alla dignità umana un valore incommensurabile e ne
rafforza le intrinseche esigenze.
Un’indelebile immagine di Dio
18. Innanzitutto, secondo la Rivelazione, la dignità dell’essere umano proviene
dall’amore del suo Creatore, che ha impresso in lui i tratti indelebili della
sua immagine (cf. Gen 1, 26), chiamandolo a conoscerlo, ad amarlo
ed a vivere in un rapporto di alleanza con sé e nella fraternità, nella
giustizia e nella pace con tutti gli altri uomini e donne. In questa visione, la
dignità si riferisce non solo all’anima, ma alla persona come unità
inscindibile, e dunque inerisce anche al suo corpo, il quale partecipa a suo
modo all’essere immagine di Dio della persona umana ed è chiamato anch’esso a
condividere la gloria dell’anima nella beatitudine divina.
Cristo eleva la dignità dell’uomo
19. Una seconda convinzione procede dal fatto che la dignità della persona umana
è stata rivelata in pienezza quando il Padre ha inviato il suo Figlio che ha
assunto fino in fondo l’esistenza umana: «il Figlio di Dio, nel mistero
dell’incarnazione ha confermato la dignità del corpo e dell’anima costitutivi
dell’essere umano».[30] Così,
unendosi in certo modo ad ogni essere umano attraverso la sua incarnazione, Gesù
Cristo ha confermato che ogni essere umano possiede una dignità inestimabile,
per il solo fatto di appartenere alla stessa comunità umana e che questa dignità
non può mai essere perduta.[31]
Proclamando che il Regno di Dio appartiene ai poveri, agli umili, a coloro che
sono disprezzati, a coloro che soffrono nel corpo e nello spirito; guarendo ogni
sorta di malattie e di infermità, anche le più drammatiche come la lebbra;
affermando che ciò che viene fatto a queste persone viene fatto a lui, perché
egli è presente in quelle persone, Gesù ha portato la grande novità del
riconoscimento della dignità di ogni persona, ed anche e soprattutto di quelle
persone che erano qualificate come “indegne”. Questo principio nuovo nella
storia umana, per cui l’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore
quanto più è debole, misero e sofferente, fino a perdere la stessa “figura”
umana, ha cambiato il volto del mondo, dando vita a istituzioni che si prendono
cura delle persone che si trovano in condizioni disagiate: i neonati
abbandonati, gli orfani, gli anziani lasciati soli, i malati mentali, le persone
affette da malattie incurabili o con gravi malformazioni, coloro che vivono per
strada.
Una vocazione alla pienezza della dignità
20. La terza convinzione riguarda il destino finale dell’essere umano: dopo la
creazione e l’incarnazione, la risurrezione di Cristo ci rivela un ulteriore
aspetto della dignità umana. Infatti, «l’aspetto più sublime della dignità
dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio»,[32]
destinata a durare per sempre. In tal modo, «la dignità [della vita
umana] non è legata solo alle sue origini, al suo venire da Dio, ma
anche al suo fine, al suo destino di comunione con Dio nella
conoscenza e nell’amore di Lui. È alla luce di questa verità che
sant’Ireneo precisa e completa la sua esaltazione dell’uomo: “gloria
di Dio” è, sì, “l’uomo che vive”, ma “la vita dell’uomo consiste
nella visione di Dio”».[33]
21. Di conseguenza, la Chiesa crede e afferma che tutti gli esseri umani, creati
ad immagine e somiglianza di Dio e ricreati[34]
nel Figlio fatto uomo, crocifisso e risorto, sono chiamati a crescere sotto
l’azione dello Spirito Santo per riflettere la gloria del Padre, in quella
medesima immagine, partecipando alla vita eterna (cf. Gv 10, 15-16; 17,
22-24; 2 Cor 3, 18; Ef 1, 3-14). Infatti, «la Rivelazione […] fa
conoscere la dignità della persona umana in tutta la sua ampiezza».[35]
Un impegno per la propria libertà
22. Pur possedendo ciascun essere umano un’inalienabile ed intrinseca dignità
fin dall’inizio della sua esistenza come un dono irrevocabile, dipende dalla sua
decisione libera e responsabile esprimerla e manifestarla fino in fondo oppure
offuscarla. Alcuni Padri della Chiesa – come sant’Ireneo o san Giovanni
Damasceno – hanno stabilito una distinzione tra l’immagine e la somiglianza di
cui parla la Genesi, permettendo così uno sguardo dinamico sulla stessa
dignità umana: l’immagine di Dio è affidata alla libertà dell’essere umano
affinché, sotto la guida e l’azione dello Spirito, cresca la sua somiglianza con
Dio e ogni persona possa arrivare alla sua più alta dignità.[36]
Ogni persona è chiamata infatti a manifestare a livello esistenziale e morale la
portata ontologica della sua dignità nella misura in cui con la sua propria
libertà si orienta verso il vero bene, in risposta all’amore di Dio. Così, in
quanto è creata ad immagine di Dio, da una parte, la persona umana non perde mai
la sua dignità e mai smette di essere chiamata ad accogliere liberamente
il bene; d’altra parte, in quanto la persona umana risponde al bene, la
sua dignità può liberamente, dinamicamente e progressivamente manifestarsi,
crescere e maturare. Ciò significa che l’essere umano deve anche cercare di
vivere all’altezza della propria dignità. Si comprende allora in che senso il
peccato possa ferire ed offuscare la dignità umana, come atto contrario ad essa,
ma, nello stesso tempo, che esso non può mai cancellare il fatto che
l’essere umano sia stato creato ad immagine di Dio. La fede, dunque,
contribuisce in modo decisivo ad aiutare la ragione nella sua percezione della
dignità umana, e nell’accoglierne, consolidarne e precisarne i tratti
essenziali, come ha evidenziato
Benedetto XVI: «senza il correttivo fornito
dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come
avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo
parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana. Fu
questo uso distorto della ragione, in fin dei conti, che diede origine al
commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non da ultimo le
ideologie totalitarie del ventesimo secolo».[37]
3. La dignità, fondamento dei diritti e dei doveri umani
23. Come già richiamato da
Papa Francesco, «nella cultura moderna, il
riferimento più vicino al principio della dignità inalienabile della persona è
la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che
san Giovanni Paolo II ha definito “pietra miliare posta sul lungo e difficile cammino del genere
umano”, e come “una delle più alte espressioni della coscienza umana”».[38] Per resistere ai tentativi di alterare o cancellare il significato
profondo di quella Dichiarazione, vale la pena ricordare alcuni principi
essenziali che devono essere sempre onorati.
Rispetto incondizionato della dignità umana
24. In primo luogo, benché si sia diffusa una sempre maggiore sensibilità al
tema della dignità umana, ancora oggi si osservano numerosi fraintendimenti del
concetto di dignità, che ne distorcono il significato. Alcuni propongono che sia
meglio usare l’espressione “dignità personale” (e diritti “della persona”)
invece di “dignità umana” (e diritti dell’uomo), perché intendono come persona
solo “un essere capace di ragionare”. Di conseguenza, sostengono che la dignità
e i diritti si deducano dalla capacità di conoscenza e di libertà, di cui non
sono dotati tutti gli esseri umani. Non avrebbe dignità personale, allora, il
bambino non ancora nato e neppure l’anziano non autosufficiente, come neanche
chi è portatore di disabilità mentale.[39] La Chiesa, al contrario, insiste sul fatto che la dignità di ogni persona
umana, proprio perché intrinseca, rimane “al di là di ogni circostanza”, ed il
suo riconoscimento non può assolutamente dipendere dal giudizio sulla capacità
di intendere e di agire liberamente delle persone. Altrimenti la dignità non
sarebbe come tale inerente alla persona, indipendente dai suoi condizionamenti e
meritevole, pertanto, di un rispetto incondizionato. Solo riconoscendo
all’essere umano una dignità intrinseca, che non può mai essere perduta, è
possibile garantire a tale qualità un inviolabile e sicuro fondamento. Senza
alcun riferimento ontologico, il riconoscimento della dignità umana oscillerebbe
in balìa di differenti ed arbitrarie valutazioni. L’unica condizione, dunque,
per poter parlare di dignità per sé inerente alla persona è la sua appartenenza
alla specie umana, per cui «i diritti della persona sono i diritti dell’uomo».[40]
Un oggettivo riferimento per la libertà umana
25. In secondo luogo, il concetto di dignità umana, a volte, viene usato
in modo abusivo anche per giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi
diritti, molti dei quali spesso in contrasto con quelli originalmente definitie
non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita,[41] come se si dovesse garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni
preferenza individuale o desiderio soggettivo. La dignità s’identifica allora
con una libertà isolata ed individualistica, che pretende di imporre come
“diritti”, garantiti e finanziati dalla collettività, alcuni desideri e alcune
propensioni che sono soggettivi. Ma la dignità umana non può essere basata su
standard meramente individuali né identificata con il solo benessere
psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata,
invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né
dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che
scaturiscono dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti
diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato
sulla comune natura umana. Senza un tale riferimento oggettivo, il concetto di
dignità viene di fatto assoggettato ai più diversi arbitrii, nonché agli
interessi di potere.
Struttura relazionale della persona umana
26. La dignità umana, alla luce del carattere relazionale della persona,
aiuta a superare la prospettiva riduttiva di una libertà autoreferenziale e
individualistica, che pretende di creare i propri valori a prescindere dalle
norme obiettive del bene e dal rapporto con gli altri esseri viventi. Sempre più
spesso, infatti, vi è il rischio di limitare la dignità umana alla capacità di
decidere discrezionalmente di sé e del proprio destino, indipendentemente da
quello degli altri, senza tener presente l’appartenenza alla comunità umana. In
tale comprensione errata della libertà, i doveri e i diritti non possono essere
mutuamente riconosciuti di modo che ci si prenda cura gli uni degli altri. In
verità, come ricorda
san Giovanni Paolo II, la libertà è posta «al servizio
della persona e della sua realizzazione mediante il dono di sé e l’accoglienza
dell’altro; quando invece viene assolutizzata in chiave individualistica, la
libertà è svuotata del suo contenuto originario ed è contraddetta nella sua
stessa vocazione e dignità».[42]
27. La dignità dell’essere umano comprende così anche la capacità, insita nella
stessa natura umana, di assumersi degli obblighi verso gli altri.
28. La differenza tra l’essere umano e il resto degli altri esseri viventi, che
risalta grazie al concetto di dignità, non deve far dimenticare la bontà degli
altri esseri creati, che esistono non solo in funzione dell’essere umano ma
anche con un valore proprio, e pertanto come doni a lui affidati perché siano
custoditi e coltivati. Così, mentre si riserva all’essere umano il concetto di
dignità, si deve affermare allo stesso tempo la bontà creaturale del resto del
cosmo. Come sottolinea
Papa Francesco: «proprio per la sua dignità unica e per
essere dotato di intelligenza, l’essere umano è chiamato a rispettare il creato
con le sue leggi interne […]: “Ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua
propria perfezione [...] Le varie creature, volute nel loro proprio essere,
riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio.
Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura, per evitare
un uso disordinato delle cose”».[43] Ancora di più, «oggi siamo costretti a riconoscere che è possibile
sostenere solo un “antropocentrismo situato”. Vale a dire, riconoscere che la
vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature».[44] In tale prospettiva, «non è irrilevante per noi che parecchie specie
stiano scomparendo e che la crisi climatica stia mettendo in pericolo la vita di
tanti esseri».[45] Appartiene, infatti, alla dignità dell’essere umano la cura dell’ambiente,
tenendo conto in particolare di quell’ecologia umana che preserva la sua stessa
esistenza.
Liberazione dell’essere umano da condizionamenti morali e sociali
29. Questi prerequisiti basilari, per quanto necessari, non bastano a garantire
una crescita della persona coerente con la sua dignità. Anche se «Dio ha creato
l’uomo ragionevole conferendogli la dignità di una persona dotata
dell’iniziativa e della padronanza dei suoi atti»[46] in vista del bene, il libero arbitrio spesso preferisce il male al bene.
Perciò la libertà umana ha bisogno di essere a sua volta liberata. Nella lettera
ai Galati, affermando che «Cristo ci ha liberato affinché restassimo liberi» (Gal
5, 1), san Paolo richiama il compito proprio di ciascuno dei cristiani, sulle
cui spalle incombe una responsabilità di liberazione che si estende al mondo
intero (cf. Rm 8, 19ss). Si tratta di una liberazione che dal cuore delle
singole persone è chiamata a diffondersi e a manifestare la sua forza
umanizzante in tutte le relazioni.
30. La libertà è un dono meraviglioso di Dio. Anche quando ci attira con la sua
grazia, Dio lo fa in modo tale che mai la nostra libertà sia violata. Sarebbe
pertanto un grave errore pensare che, lontani da Dio e dal suo aiuto, possiamo
essere più liberi e di conseguenza sentirci più degni. Sganciata dal suo
Creatore, la nostra libertà non potrà che indebolirsi e oscurarsi. Lo stesso
succede se la libertà si immagina come indipendente da ogni riferimento che non
sia se stessa e avverte ogni rapporto con una verità precedente come una
minaccia. Di conseguenza, anche il rispetto della libertà e della dignità degli
altri verrà meno. Lo ha spiegato
Papa Benedetto XVI: «Una volontà che si crede radicalmente incapace di ricercare la verità e il bene
non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti dai suoi
interessi momentanei e contingenti, non ha una “identità” da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere e consapevoli.
Non può dunque reclamare il rispetto da parte di altre “volontà”, anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che quindi possono far
valere altre “ragioni” o addirittura nessuna “ragione”. L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica
convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della
dignità degli esseri umani».[47]
31. Non sarebbe, inoltre, realistico affermare una libertà astratta, esente da
ogni condizionamento, contesto o limite. Invece, «il retto esercizio della
libertà personale esige precise condizioni di ordine economico, sociale,
giuridico, politico e culturale»,[48] che restano spesso disattese. In questo senso, possiamo dire che alcuni
godono di maggiore “libertà” di altri. Su questo punto si è particolarmente
soffermato Papa Francesco: «alcuni nascono in famiglie di buone condizioni
economiche, ricevono una buona educazione, crescono ben nutriti, o possiedono
naturalmente capacità notevoli. Essi sicuramente non avranno bisogno di uno
Stato attivo e chiederanno solo libertà. Ma evidentemente non vale la stessa
regola per una persona disabile, per chi è nato in una casa misera, per chi è
cresciuto con un’educazione di bassa qualità e con scarse possibilità di curare
come si deve le proprie malattie. Se la società si regge primariamente sui
criteri della libertà di mercato e dell’efficienza, non c’è posto per costoro, e
la fraternità sarà tutt’al più un’espressione romantica».[49] Risulta, quindi, indispensabile comprendere che «la liberazione dalle
ingiustizie promuove la libertà e la dignità umana»[50] ad ogni livello e rapporto delle azioni umane. Perché sia possibile
un’autentica libertà «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel
pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo
bisogno».[51] Analogamente, la libertà è frequentemente oscurata da tanti
condizionamenti psicologici, storici, sociali, educativi, culturali. La
libertà reale e storica ha sempre bisogno di essere “liberata”. E si dovrà,
altresì, ribadire il fondamentale diritto alla libertà religiosa.
32. Nel contempo, è evidente che la storia dell’umanità mostra un progresso nella
comprensione della dignità e della libertà delle persone, non senza ombre e
pericoli di involuzione. Di ciò è testimonianza il fatto che vi è una crescente
aspirazione – anche sotto l’influenza cristiana, che continua a essere fermento
pure in società sempre più secolarizzate – a sradicare il razzismo, la
schiavitù, l’emarginazione delle donne, dei bambini, dei malati e delle persone
con disabilità. Ma questo arduo cammino è lungi dall’essere concluso.
4. Alcune gravi violazioni della dignità umana
33. Alla luce delle riflessioni sin qui fatte circa la centralità della dignità
umana, questa ultima sezione della Dichiarazione affronta alcune concrete
e gravi violazioni della stessa. Lo fa nello spirito proprio del magistero della
Chiesa, che ha trovato piena espressione nell’insegnamento degli ultimi
Pontefici, come già ricordato.
Papa Francesco, per esempio, da una parte, non si
stanca di richiamare il rispetto della dignità umana: «ogni essere umano ha
diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente, e nessun Paese può
negare tale diritto fondamentale. Ognuno lo possiede, anche se è poco
efficiente, anche se è nato o cresciuto con delle limitazioni; infatti, ciò non
sminuisce la sua immensa dignità come persona umana, che non si fonda sulle
circostanze bensì sul valore del suo essere. Quando questo principio elementare
non è salvaguardato, non c’è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza
dell’umanità».[52] Dall’altra parte, egli non cessa mai di indicare a tutti le concrete
violazioni della dignità umana nel nostro tempo, chiamando ciascuno ad un
sussulto di responsabilità e di impegno fattivo.
34. Volendo indicare alcune delle numerose e gravi violazioni della dignità
umana nel mondo contemporaneo, possiamo ricordare quanto ha insegnato al
riguardo il Concilio Vaticano II. Si dovrà riconoscere che si oppone alla
dignità umana «tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di
omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario».[53] Attenta altresì alla nostra dignità «tutto ciò che viola l’integrità della
persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente,
le costrizioni psicologiche».[54] Ed infine «tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di
vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la
prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose
condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici
strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili».[55] Bisognerà pure qui menzionare il tema della pena di morte[56]: anche quest’ultima, infatti, viola la dignità inalienabile di ogni persona
umana al di là di ogni circostanza. Si deve, al contrario, riconoscere che «il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto è possibile
riconoscere l’inalienabile dignità di ogni essere umano e ammettere che abbia un
suo posto in questo mondo. Poiché, se non lo nego al peggiore dei criminali, non
lo negherò a nessuno, darò a tutti la possibilità di condividere con me questo
pianeta malgrado ciò che possa separarci».[57] Appare opportuno anche ribadire la dignità delle persone che si trovano in
carcere, spesso costrette a vivere in condizioni indegne, e che la pratica della
tortura contrasta oltre ogni limite la dignità propria di ogni essere umano,
anche nel caso in cui qualcuno si fosse reso colpevole di gravi crimini.
35. Pur senza pretesa di esaustività, in ciò che segue richiamiamo l’attenzione
su alcune gravi violazioni della dignità umana particolarmente attuali.
Il dramma della povertà
36. Uno dei fenomeni che contribuisce considerevolmente a negare la dignità di
tanti esseri umani è la povertà estrema, legata all’ineguale distribuzione della
ricchezza. Come già sottolineato da
san Giovanni Paolo II, «una delle più grandi
ingiustizie del mondo contemporaneo consiste proprio in questo: che sono
relativamente pochi quelli che possiedono molto, e molti quelli che non
possiedono quasi nulla. È l’ingiustizia della cattiva distribuzione dei beni e
dei servizi destinati originariamente a tutti».[58] Inoltre, sarebbe illusorio fare una distinzione sommaria tra “Paesi
ricchi” e “Paesi poveri”: già
Benedetto XVI riconosceva, infatti, che «cresce la
ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità. Nei Paesi
ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree
più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e
consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di
miseria disumanizzante. Continua “lo scandalo di disuguaglianze clamorose”»,[59] dove la dignità dei poveri viene doppiamente negata, sia per la mancanza
di risorse a disposizione per soddisfare i loro bisogni primari, sia per
l’indifferenza con cui sono trattati da coloro che vivono accanto a loro.
37. Con
Papa Francesco si deve pertanto concludere che «è aumentata la
ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che “nascono nuove povertà”.
Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola
con criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale».[60] Di conseguenza, la povertà si diffonde «in molti modi, come
nell’ossessione di ridurre i costi del lavoro, senza rendersi conto delle gravi
conseguenze che ciò provoca, perché la disoccupazione che si produce ha come
effetto diretto di allargare i confini della povertà».[61] Tra questi «effetti distruttori dell’Impero del denaro»,[62] si deve riconoscere che «non esiste peggiore povertà di quella che priva
del lavoro e della dignità del lavoro».[63] Se alcuni sono nati in un Paese o in una famiglia dove hanno meno
possibilità di sviluppo, bisogna riconoscere che ciò è in contrasto con la loro
dignità, che è esattamente la stessa di quelli che sono nati in una famiglia o
in un Paese ricco. Tutti siamo responsabili, sebbene in diversi gradi, di questa
palese iniquità.
La guerra
38. Un’altra tragedia che nega la dignità umana è il protrarsi della guerra, oggi
come in ogni tempo: «guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali e
religiosi, e tanti soprusi contro la dignità umana […] vanno “moltiplicandosi
dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di
quella che si potrebbe chiamare una ‘terza guerra mondiale a pezzi’”».[64] Con la sua scia di distruzione e dolore, la guerra attacca la dignità
umana a breve e a lungo termine: «pur riaffermando il diritto inalienabile alla
legittima difesa, nonché la responsabilità di proteggere coloro la cui esistenza
è minacciata, dobbiamo ammettere che la guerra è sempre una “sconfitta
dell’umanità”. Nessuna guerra vale le lacrime di una madre che ha visto suo
figlio mutilato o morto; nessuna guerra vale la perdita della vita, fosse anche
di una sola persona umana, essere sacro, creato a immagine e somiglianza del
Creatore; nessuna guerra vale l’avvelenamento della nostra Casa Comune; e
nessuna guerra vale la disperazione di quanti sono costretti a lasciare la loro
patria e vengono privati, da un momento all’altro, della loro casa e di tutti i
legami familiari, amicali, sociali e culturali che sono stati costruiti, a volte
attraverso generazioni».[65] Tutte le guerre, per il solo fatto di contraddire la dignità umana, sono «conflitti che non risolveranno i problemi, ma li aumenteranno».[66] Questo risulta ancora più grave nel nostro tempo, quando è diventato
normale che, al di fuori del campo di battaglia, muoiano tanti civili innocenti.
39. Di conseguenza, anche oggi la Chiesa non può che fare sue le parole dei
Pontefici, ripetendo con
san Paolo VI: «jamais plus la guerre, jamais plus la
guerre!»,[67] e chiedendo, insieme a
san Giovanni Paolo II, «a tutti nel nome di Dio e
nel nome dell’uomo: Non uccidete! Non preparate agli uomini distruzioni e
sterminio! Pensate ai vostri fratelli che soffrono fame e miseria! Rispettate la
dignità e la libertà di ciascuno!».[68] Proprio nel nostro tempo questo è il grido della Chiesa e di tutta
l’umanità. Papa Francesco sottolinea, infine, che «non possiamo più pensare alla
guerra come soluzione. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i
criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra
giusta”. Mai più la guerra!».[69] Poiché l’umanità ricade spesso negli stessi errori del passato, «per costruire la pace è necessario uscire dalla logica della legittimità della
guerra».[70] L’intima relazione che esiste tra fede e dignità umana rende
contradittorio che la guerra sia fondata su convinzioni religiose: «coloro che invocano il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e
la guerra non seguono la via di Dio: la guerra in nome della religione è una
guerra contro la religione stessa».[71]
Il travaglio dei migranti
40. I migranti sono tra le prime vittime delle molteplici forme di povertà. Non
solo la loro dignità viene negata nei loro Paesi,[72] quanto la loro stessa vita è messa a rischio perché non hanno più i mezzi
per creare una famiglia, per lavorare o per nutrirsi.[73] Una volta poi che sono arrivati in Paesi che dovrebbero essere in grado di
accoglierli, «vengono considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita
sociale come qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca
dignità di qualunque persona […] Non si dirà mai che non sono umani, però in
pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si
considera di minor valore, meno importanti, meno umani».[74] È pertanto sempre urgente ricordare che «ogni migrante è una persona umana
che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno
rispettati da tutti e in ogni situazione».[75] La loro accoglienza è un modo importante e significativo di difendere
«l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore
o della religione».[76]
La tratta delle persone
41. La tratta delle persone umane deve anch’essa venire annoverata quale
violazione grave della dignità umana.[77] Non costituisce una novità, ma il suo sviluppo assume dimensioni tragiche
che sono sotto gli occhi di tutti, ragione per cui
Papa Francesco l’ha
denunciata in termini particolarmente forti: «ribadisco che la “tratta delle
persone” è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si
dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un
serio esame di coscienza davanti a sé stessi e davanti a Dio! La Chiesa rinnova
oggi il suo forte appello affinché siano sempre tutelate la dignità e la
centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali, come
sottolinea la sua Dottrina Sociale, diritti che chiede siano estesi realmente là
dove non sono riconosciuti a milioni di uomini e donne in ogni Continente. In un
mondo in cui si parla molto di diritti, quante volte viene di fatto calpestata
la dignità umana! In un mondo dove si parla tanto di diritti sembra che l’unico
ad averli sia il denaro».[78]
42. Per tali motivi, la Chiesa e l’umanità non devono rinunciare a lottare
contro fenomeni quali «commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento
sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione,
traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. È
tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti
coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo
declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura
che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti
questi flagelli».[79] Di fronte a forme così diverse e brutali di negazione della dignità umana,
è necessario essere sempre più consapevoli che «la tratta delle persone è un
crimine contro l’umanità».[80] Nega in sostanza la dignità umana in almeno due modi: «la tratta, infatti,
deturpa l’umanità della vittima, offendendo la sua libertà e dignità. Ma, al
tempo stesso, essa disumanizza chi la compie».[81]
Abusi sessuali
43. La profonda dignità che inerisce all’essere umano nella sua interezza di
animo e di corpo permette anche di comprendere perché ogni abuso sessuale lascia
profonde cicatrici nel cuore di chi lo subisce: costui si sente, infatti, ferito
nella sua dignità umana. Si tratta di «sofferenze che possono durare tutta la vita e a cui nessun
pentimento può porre rimedio. Tale fenomeno è diffuso nella società, tocca anche
la Chiesa e rappresenta un serio ostacolo alla sua missione».[82] Da qui l’impegno che essa non cessa di esercitare per porre fine ad ogni
tipo di abuso, iniziando dal suo interno.
Le violenze contro le donne
44. Le violenze contro le donne sono uno scandalo globale, che viene sempre di
più riconosciuto. Se nelle parole si riconosce l’uguale dignità della donna, in
alcuni Paesi le diseguaglianze tra donne e uomini sono gravissime ed anche nei
Paesi maggiormente sviluppati e democratici la realtà sociale concreta
testimonia il fatto che spesso non si riconosce alle donne la stessa dignità
degli uomini. Papa Francesco evidenzia questo fatto quando afferma che
«l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal
rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e
identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni
e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che “doppiamente povere sono
le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza,
perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti”».[83]
45. Già
san Giovanni Paolo II riconosceva che «molto ancora resta da fare perché l’essere donna e madre non comporti una
discriminazione. È urgente ottenere dappertutto l’effettiva uguaglianza dei
diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro,
tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza
fra i coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto quanto è
legato ai diritti e ai doveri del cittadino in regime democratico».[84] Le disuguaglianze in questi aspetti sono diverse forme di violenza. E
ricordava anche che «è ora di condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi
di difesa, le forme di violenza sessuale che non di rado hanno per
oggetto le donne. In nome del rispetto della persona non possiamo altresì non
denunciare la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il
sistematico sfruttamento della sessualità, inducendo anche ragazze in
giovanissima età a cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla
mercificazione del loro corpo».[85]Tra le forme di violenza esercitate sulle donne, come non citare la costrizione
all’aborto, che colpisce sia la madre che il figlio, così spesso per soddisfare
l’egoismo dei maschi? E come non citare pure la pratica della poligamia la quale
– come ricorda il
Catechismo della Chiesa Cattolica – è contraria alla
pari dignità delle donne e degli uomini ed è altresì contraria «all’amore
coniugale che è unico ed esclusivo»?[86]
46. In questo orizzonte di violenza contro le donne, non si condannerà mai a
sufficienza il fenomeno del femminicidio. Su questo fronte l’impegno dell’intera
comunità internazionale deve essere compatto e concreto, come ha ribadito
Papa Francesco: «l’amore per Maria ci deve aiutare a generare atteggiamenti di
riconoscenza e gratitudine nei riguardi della donna, nei riguardi delle nostre
madri e nonne che sono un baluardo nella vita delle nostre città. Quasi sempre
silenziose portano avanti la vita. È il silenzio e la forza della speranza.
Grazie per la vostra testimonianza! […] ma guardando alle madri e alle nonne
voglio invitarvi a lottare contro una piaga che colpisce il nostro continente
americano: i numerosi casi di femminicidio. E sono molte le situazioni di
violenza che sono tenute sotto silenzio al di là di tante pareti. Vi invito a
lottare contro questa fonte di sofferenza chiedendo che si promuova una
legislazione e una cultura di ripudio di ogni forma di violenza».[87]
Aborto
47. La Chiesa non cessa di ricordare che «la dignità di ogni essere umano ha un
carattere intrinseco e vale dal momento del suo concepimento fino alla sua morte
naturale. Proprio l’affermazione di una tale dignità è il presupposto
irrinunciabile per la tutela di un’esistenza personale e sociale, e anche la
condizione necessaria perché la fraternità e l’amicizia sociale possano
realizzarsi tra tutti i popoli della terra».[88] Sulla base di questo valore intangibile della vita umana, il magistero
ecclesiale si è sempre pronunciato contro l’aborto. Al riguardo scrive
san Giovanni Paolo II: «fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato
presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. […]
Ma oggi, nella coscienza di molti, la percezione della sua gravità è andata
progressivamente oscurandosi. L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel
costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del
senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il
male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Di fronte a
una così grave situazione, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia
alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a
compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno. A tale proposito risuona
categorico il rimprovero del Profeta: “Guai a coloro che chiamano bene il male e
male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre” (Is
5, 20). Proprio nel caso dell’aborto si registra la diffusione di una
terminologia ambigua, come quella di “interruzione della gravidanza”, che tende
a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell'opinione pubblica.
Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo di un disagio delle
coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto
procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un
essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il
concepimento e la nascita»[89]. I bambini nascituri sono così «i più indifesi e innocenti di tutti, ai
quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che
si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno
possa impedirlo».[90] Si dovrà, pertanto, affermare con ogni forza e chiarezza, anche nel nostro
tempo, che «questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa
di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre
sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È
un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade
questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa
dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti
dei potenti di turno. La sola ragione è sufficiente per riconoscere il valore
inviolabile di ogni vita umana, ma se la guardiamo anche a partire dalla fede,
“ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al
cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo”»[91]. Merita qui di essere ricordato il generoso e coraggioso impegno di santa
Teresa di Calcutta per la difesa di ogni concepito.
Maternità surrogata
48. La Chiesa, altresì, prende posizione contro la pratica della maternità surrogata,
attraverso la quale il bambino, immensamente degno, diventa un mero oggetto. A
questo proposito, le parole di
Papa Francesco sono di una chiarezza unica: «la
via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da
quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né
diventare oggetto di mercimonio. Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica
della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna
e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità
materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un
contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per
proibire a livello universale tale pratica».[92]
49. La pratica della maternità surrogata viola, innanzitutto, la dignità del
bambino. Ogni bambino, infatti, dal momento del concepimento, della nascita e
poi nella crescita come ragazzo o ragazza, diventando adulto, possiede infatti
una dignità intangibile che si esprime chiaramente, benché in modo singolare e
differenziato, in ogni fase della sua vita. Il bambino ha perciò il diritto, in
virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non
artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello
stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve. Il riconoscimento della
dignità della persona umana comporta, inoltre, anche quello della dignità
dell’unione coniugale e della procreazione umana in tutte le loro dimensioni. In
questa direzione, il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere
trasformato in un “diritto al figlio” che non rispetta la dignità del figlio
stesso come destinatario del dono gratuito della vita.[93]
50. La pratica della maternità surrogata viola, nel medesimo tempo, la dignità
della donna stessa che ad essa è costretta o decide liberamente di
assoggettarvisi. Con tale pratica, la donna si distacca del figlio che cresce in
lei e diventa un semplice mezzo asservito al guadagno o al desiderio arbitrario
di altri. Questo contrasta in ogni modo con la dignità fondamentale di ogni
essere umano e il suo diritto di venire sempre riconosciuto per se stesso e mai
come strumento per altro.
L’eutanasia ed il suicidio assistito
51. Esiste un caso particolare di violazione della dignità umana, che è
più silenzioso ma che sta guadagnando molto terreno. Presenta la peculiarità di
utilizzare un concetto errato di dignità umana per rivolgerlo contro la vita
stessa. Tale confusione, molto comune oggi, viene alla luce quando si
parla di eutanasia. Ad esempio, le leggi che riconoscono la possibilità
dell’eutanasia o del suicidio assistito si designano a volte come “leggi di
morte degna” (“death with dignity acts”). È assai diffusa l’idea che
l’eutanasia o il suicidio assistito siano coerenti con il rispetto della dignità
della persona umana. Davanti a questo fatto, si deve ribadire con forza che la
sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è propria in modo
intrinseco e inalienabile, ma può diventare occasione per rinsaldare i vincoli
di una mutua appartenenza e per prendere maggiore coscienza della preziosità di
ogni persona per l’umanità intera.
52. Certamente la dignità del malato in condizioni critiche o terminali chiede a
tutti sforzi adeguati e necessari per alleviare la sua sofferenza tramite
opportune cure palliative ed evitando ogni accanimento terapeutico o intervento
sproporzionato. Queste cure rispondono al «dovere costante di comprensione dei
bisogni del malato: bisogni di assistenza, sollievo dal dolore, bisogni emotivi,
affettivi e spirituali».[94] Ma un tale sforzo è del tutto diverso, distinto, anzi contrario alla
decisione di eliminare la propria o la vita altrui sotto il peso della
sofferenza. La vita umana, anche nella condizione dolente, è portatrice di una
dignità che va sempre rispettata, che non può essere perduta ed il cui rispetto
rimane incondizionato. Non esistono infatti condizioni mancando le quali la vita
umana smette di essere degnamente tale e perciò può essere soppressa: «la vita
ha la medesima dignità e lo stesso valore per ciascuno: il rispetto della vita
dell’altro è lo stesso che si deve verso la propria esistenza».[95] Aiutare il suicida a togliersi la vita è, pertanto, un’oggettiva offesa
contro la dignità della persona che lo chiede, anche se si compisse così un suo
desiderio: «dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o
aiutare qualsiasi forma di suicidio. Ricordo che va sempre privilegiato il
diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare
gli anziani e i malati, non siano mai scartati. La vita è un diritto, non la
morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda
tutti, non solo i cristiani o i credenti».[96] Come già accennato, la dignità di ognuno, per quanto debole o sofferente,
implica la dignità di tutti.
Lo scarto dei diversamente abili
53. Un criterio per verificare una reale attenzione alla dignità di ogni
individuo è, ovviamente, l’assistenza fornita ai più svantaggiati. Il nostro
tempo, purtroppo, non si distingue molto per tale cura: in esso va imponendosi,
in verità, una cultura dello scarto.[97] Per contrastare tale tendenza, meritevole di speciale attenzione e sollecitudine è la condizione di coloro che si trovano in una situazione di
deficit fisico o psichico. Tale condizione di particolare vulnerabilità,[98] così rilevante nei racconti evangelici, interroga universalmente su che
cosa significhi essere persona umana, proprio a partire da uno stato di
menomazione o di disabilità. La questione dell’imperfezione umana comporta
chiari risvolti anche dal punto di vista socio-culturale, dal momento che, in
alcune culture, le persone con disabilità talvolta subiscono l’emarginazione, se
non l’oppressione, essendo trattate come veri e propri “scarti”. In realtà, ogni
essere umano, qualunque sia la condizione di vulnerabilità in cui viene a
trovarsi, riceve la sua dignità per il fatto stesso che è voluto e amato da Dio.
Per tali motivi, è da favorire il più possibile una inclusione ed una
partecipazione attiva alla vita sociale ed ecclesiale di tutti coloro che sono
in qualche modo segnati da fragilità o disabilità.[99]
54. In una prospettiva più ampia, si dovrà ricordare che la «carità, cuore dello spirito della politica, è sempre un amore preferenziale
per gli ultimi, che sta dietro ogni azione compiuta in loro favore. […] “Prendersi
cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a
un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla ‘cultura
dello scarto’. […] Significa farsi carico del presente nella sua situazione più
marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità”. Così certamente
si dà vita a un’attività intensa, perché “tutto dev’essere fatto per tutelare la
condizione e la dignità della persona umana”».[100]
Teoria del gender
55. La Chiesa desidera, innanzitutto, «ribadire che ogni persona,
indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua
dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta
discriminazione” e particolarmente ogni forma di
aggressione e violenza».[101] Per questa ragione va denunciato come contrario alla dignità umana il
fatto che in alcuni luoghi non poche persone vengano incarcerate, torturate e
perfino private del bene della vita unicamente per il proprio orientamento
sessuale.
56. Nello stesso tempo, la Chiesa evidenzia le decise criticità presenti nella
teoria del gender. A tale proposito,
Papa Francesco ha ricordato: «la via
della pace esige il rispetto dei diritti umani, secondo quella semplice ma
chiara formulazione contenuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani,
di cui abbiamo da poco celebrato il 75° anniversario. Si tratta di principi
razionalmente evidenti e comunemente accettati. Purtroppo, i tentativi compiuti
negli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti, non pienamente consistenti
rispetto a quelli originalmente definiti e non sempre accettabili, hanno dato
adito a colonizzazioni ideologiche, tra le quali ha un ruolo centrale la teoria
del gender, che è pericolosissima perché cancella le differenze nella
pretesa di rendere tutti uguali».[102]
57. In merito alla teoria del gender, sulla cui consistenza scientifica
molte sono le discussioni nella comunità degli esperti, la Chiesa ricorda che la
vita umana, in tutte le sue componenti, fisiche e spirituali, è un dono di Dio,
che va accolto con gratitudine e posto a servizio del bene. Voler disporre di
sé, così come prescrive la teoria del gender, indipendentemente da questa
verità basilare della vita umana come dono, non significa altro che cedere
all’antichissima tentazione dell’essere umano che si fa Dio ed entrare in
concorrenza con il vero Dio dell’amore rivelatoci dal Vangelo.
58. Un secondo rilievo a riguardo della teoria del gender è che essa
vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri
viventi: quella sessuale. Questa differenza fondante è non solo la più grande
immaginabile, ma è anche la più bella e la più potente: essa raggiunge, nella
coppia uomo-donna, la più ammirevole delle reciprocità ed è così la fonte di
quel miracolo che mai smette di sorprenderci che è l’arrivo di nuovi esseri al
mondo.
59. In questo senso, il rispetto del proprio corpo e di quello degli altri è
essenziale davanti al proliferare ed alle pretese di nuovi diritti avanzate
dalla teoria del gender. Tale ideologia «prospetta una società senza
differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia».[103] Diventa così inaccettabile che «alcune ideologie di questo tipo, che
pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di
imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini. Non
si deve ignorare che sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del
sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare».[104] Sono, dunque, da respingere tutti quei tentativi che oscurano il
riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna: «non
possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è
anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi
biologici che è impossibile ignorare».[105] Ogni persona umana, soltanto quando può riconoscere ed accettare questa
differenza nella reciprocità, diventa capace di scoprire pienamente se stessa,
la propria dignità e la propria identità.
Cambio di sesso
60. La dignità del corpo non può essere considerata inferiore a quella della
persona in quanto tale. Il
Catechismo della Chiesa Cattolica ci invita
espressamente a riconoscere che «il corpo dell’uomo partecipa
alla dignità di “immagine di Dio”».[106] Una tale verità merita di essere ricordata soprattutto quando si tratta del
cambio di sesso. L’essere umano è, infatti, composto inscindibilmente di corpo e
anima e il corpo è il luogo vivente in cui l’interiorità dell’anima si dispiega
e si manifesta, anche attraverso la rete delle relazioni umane. Costituendo
l’essere della persona, anima e corpo partecipano dunque di quella dignità che
connota ogni essere umano.[107] Al riguardo si deve ricordare che il corpo umano partecipa della dignità
della persona, in quanto esso è dotato di significati personali, particolarmente
nella sua condizione sessuata.[108] È nel corpo, infatti, che ogni persona si riconosce generatada altri, ed è
attraverso il loro corpo che l’uomo e la donna possono stabilire una relazione
di amore capace di generare altre persone. Sulla necessità di rispettare
l’ordine naturale della persona umana,
Papa Francesco insegna che «il creato ci
precede e dev’essere riconosciuto come dono. Al tempo stesso siamo chiamati a
custodire la nostra umanità, e ciò significa anzitutto rispettarla e accettarla
così come è stata creata».[109] Da qui deriva che qualsiasi intervento di cambio di sesso, di norma,
rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal
momento del concepimento.Questo non significa escludere la possibilità che una
persona affetta da anomalie dei genitali già evidenti alla nascita o che si
sviluppino successivamente, possa scegliere di ricevere assistenza medica allo
scopo di risolvere tali anomalie. In questo caso, l’intervento non
configurerebbe un cambio di sesso nel senso qui inteso.
Violenza digitale
61. Il progresso delle tecnologie digitali, che pure offrono molte possibilità
per promuovere la dignità umana, inclina sempre più alla creazione di un mondo
in cui crescono lo sfruttamento, l’esclusione e la violenza, che possono
arrivare a ledere la dignità della persona umana. Si pensi a come sia facile,
tramite questi mezzi, mettere in pericolo la buona fama di chiunque con notizie
false e con calunnie. Su questo punto
Papa Francesco sottolinea che «non è sano
confondere la comunicazione con il semplice contatto virtuale. Infatti,
“l’ambiente digitale è anche un territorio di solitudine, manipolazione,
sfruttamento e violenza, fino al caso estremo del dark web. I media
digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di
progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo
di relazioni interpersonali autentiche. Nuove forme di violenza si diffondono
attraverso i social media, ad esempio il cyberbullismo; il web è
anche un canale di diffusione della pornografia e di sfruttamento delle persone
a scopo sessuale o tramite il gioco d’azzardo”».[110] Ed è così che, laddove crescono le possibilità di connessione, accade
paradossalmente che ciascuno si trovi in realtà sempre più isolato e impoverito
di relazioni interpersonali: «nella comunicazione digitale si vuole mostrare
tutto ed ogni individuo diventa oggetto di sguardi che frugano, denudano e
divulgano, spesso in maniera anonima. Il rispetto verso l’altro si sgretola e in
tal modo, nello stesso tempo in cui lo sposto, lo ignoro e lo tengo a distanza,
senza alcun pudore posso invadere la sua vita fino all’estremo».[111]Tali tendenze rappresentano un lato oscuro del progresso digitale.
62. In questa prospettiva, se la tecnologia deve servire la dignità umana e non
danneggiarla e se deve promuovere la pace piuttosto che la violenza, la comunità
umana deve essere proattiva nell’affrontare queste tendenze nel rispetto della
dignità umana e promuovere il bene: «in questo mondo globalizzato “i media
possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci
percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla
solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa. […] Possono aiutarci
in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno
raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori
possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è
un dono di Dio”. È però necessario verificare continuamente che le attuali forme
di comunicazione ci orientino effettivamente all’incontro generoso, alla ricerca
sincera della verità piena, al servizio, alla vicinanza con gli ultimi,
all’impegno di costruire il bene comune».[112]
Conclusione
63. Nella ricorrenza del 75° anniversario della promulgazione della
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948),
Papa Francesco ha
ribadito che quel documento «è come una via maestra, sulla quale molti passi
avanti sono stati fatti, ma tanti ancora ne mancano, e a volte purtroppo si
torna indietro. L’impegno per i diritti umani non è mai finito! A questo
proposito, sono vicino a tutti coloro che, senza proclami, nella vita concreta
di ogni giorno, lottano e pagano di persona per difendere i diritti di chi non
conta».[113]
64. È in questo spirito che, con la presente Dichiarazione, la Chiesa
ardentemente esorta a porre il rispetto della dignità della persona
umana al di là di ogni circostanza al centro dell’impegno per il bene comune
e di ogni ordinamento giuridico. Il rispetto della dignità di ciascuno e di
tutti è, infatti, la base imprescindibile per l’esistenza stessa di ogni società
che si pretende fondata sul giusto diritto e non sulla forza del potere. Sulla
base del riconoscimento della dignità umana si sostengono i diritti umani
fondamentali, che precedono e fondano ogni civile convivenza.[114]
65. Ad ogni singola persona e, allo stesso tempo, ad ogni comunità umana spetta
pertanto il compito della concreta e fattiva realizzazione della dignità umana,
mentre agli Stati spetta non solo di tutelarla, ma anche di garantire quelle
condizioni necessarie affinché essa possa fiorire nella promozione integrale
della persona umana: «nell’attività politica bisogna ricordare che “al di là di
qualsiasi apparenza, ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto e
la nostra dedizione”».[115]
66. Anche oggi, davanti a tante violazioni della dignità umana che minacciano
seriamente il futuro dell’umanità, la Chiesa incoraggia la promozione della
dignità di ogni persona umana quali che siano le sue qualità fisiche, psichiche,
culturali, sociali e religiose. Lo fa con speranza, certa della forza che
scaturisce dal Cristo risorto, il quale ha rivelato in pienezza la dignità
integrale di ogni uomo e di ogni donna. Questa certezza diviene appello nelle
parole di Papa Francesco: «ad ogni persona di questo mondo chiedo di non
dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle».[116]
Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa al sottoscritto Prefetto
insieme al Segretario per la Sezione Dottrinale del Dicastero per la Dottrina
della Fede, il giorno 25 marzo 2024, ha approvato la presente Dichiarazione, decisa nella Sessione Ordinaria di questo Dicastero in data 28 febbraio 2024, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Dato in Roma, presso la sede del Dicastero per la Dottrina della Fede, il 2
aprile 2024, 19° anniversario della morte di san Giovanni Paolo II.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto
Mons. Armando Matteo
Segretario per la Sezione Dottrinale
Ex Audientia Die 25.03.2024
Franciscus
Indice
Introduzione
Un chiarimento fondamentale
1. Una progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana
Prospettive bibliche
Sviluppi del pensiero cristiano
Tempi odierni
2. La Chiesa annuncia, promuove e si fa garante della dignità umana
Un’indelebile immagine di Dio
Cristo eleva la dignità dell’uomo
Una vocazione alla pienezza della dignità
Un impegno per la propria libertà
3. La dignità, fondamento dei diritti e dei doveri umani
Rispetto incondizionato della dignità umana
Oggettivo riferimento per la libertà umana
Struttura relazionale della persona umana
Liberazione dell’essere umano da condizionamenti morali e sociali
4. Alcune gravi violazioni della dignità umana
Il dramma della povertà
La guerra
Il travaglio dei migranti
La tratta delle persone
Abusi sessuali
Le violenze contro le donne
Aborto
Maternità surrogata
L’eutanasia e il suicidio assistito
Lo scarto dei diversamente abili
Teoria del
gender
Cambio di sesso
Violenza digitale
Conclusione
[1] S. Giovanni Paolo II ,
Angelus con i disabili nella Chiesa Cattedrale di Osnabrück
(16 novembre 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[2] Francesco,
Esort. ap.
Laudate Deum (4 ottobre 2023), n. 39:
L’Osservatore Romano (4 ottobre 2023), III.
[3] Nel 1948,
le Nazioni Unite hanno adottato la Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo, che si compone di
trenta articoli. La parola “dignità” vi appare cinque volte,
in punti strategici: nelle prime parole del Preambolo
e nella prima frase dell’Articolo Primo. Questa
dignità è dichiarata «inerente a tutti i membri della
famiglia umana» (Preambolo) e «tutti gli esseri umani
nascono liberi ed eguali in dignità e diritti» (Articolo 1).
[4] Ponendo
attenzione solo all’epoca moderna, si vede come la Chiesa ha
progressivamente accentuato l’importanza della dignità
umana. Il tema è stato sviluppato in particolare
nell’Enciclica
Rerum novarum (1891) di Papa Leone
XIII, nell’Enciclica
Quadragesimo anno (1931) di Papa
Pio XI e nel
Discorso al Congresso della Unione Cattolica
Italiana Ostetriche (1951) di Papa Pio XII. Il
Concilio
Vaticano II ha, poi, particolarmente approfondito questa
tematica, dedicando un intero documento al tema con la
Dichiarazione
Dignitatis humanae (1965) e discutendo
altresì la libertà umana nella Costituzione pastorale
Gaudium et spes (1965).
[5] S. Paolo VI,
Udienza generale (4 settembre 1968): Insegnamenti
VI (1968), 886.
[6] S. Giovanni Paolo II,
Discorso alla IIIª Conferenza Generale dell’Episcopato
Latinoamericano (28 gennaio 1979), III.1-2:
Insegnamenti II/1 (1979), 202-203.
[7] Benedetto XVI,
Discorso ai partecipanti all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per
la Vita (13 febbraio 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 218.
[8] Benedetto XVI,
Discorso ai partecipanti alla riunione della Banca di
Sviluppo del Consiglio d’Europa (12 giugno 2010): Insegnamenti VI/1
(2011), 912-913.
[9] Francesco,
Esort. ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n.
178: AAS 105 (2013), 1094, che cita S. Giovanni Paolo II,
Angelus con i disabili nella Chiesa Cattedrale di Osnabrück
(16 novembre 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[10] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 8:
AAS 112 (2020), 971.
[11]
Ibidem, n. 277: AAS 112 (2020), 1069.
[12]
Ibidem, n. 213: AAS 112 (2020), 1045.
[13]
Ibidem, n. 213: AAS 112 (2020), 1045, che cita Francesco,
Messaggio ai partecipanti alla Conferenza internazionale
“I diritti umani nel mondo contemporaneo: conquiste,
omissioni, negazioni” (10 dicembre 2018):
L’Osservatore Romano (10-11 dicembre 2018), 8.
[14] La
Dichiarazione del 1948 delle Nazioni Unite è stata
seguita e ulteriormente elaborata dal Patto
internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e
politici del 1966 e dall’Atto finale della Conferenza
sulla sicurezza e la cooperazione in Europa del 1975.
[15] Cf. Commissione Teologica Internazionale,
Dignità e diritti della persona umana (1983),
Introduzione, 3. Un compendio dell’insegnamento cattolico
sulla dignità umana si trova nel
Catechismo della Chiesa
Cattolica, nel capitolo intitolato “La dignità della
persona umana”, nn. 1700-1876.
[16] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 22:
AAS 112 (2020), 976.
[17] Boezio,
Contra Eutychen et Nestorium, c. 3: PL 64, 1344:
«persona est rationalis naturae individua substantia». Cf.
S. Bonaventura, In I Sent., d. 25, a. 1, q. 2; S. Tommaso d’Aquino,
Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1, resp.
[18] Poiché
non è scopo di questa Dichiarazione redigere un
trattato esaustivo sulla nozione di dignità, per esigenze di
brevità si accenna qui, in via esemplificativa, solo alla
cosiddetta cultura classica greca e romana, in quanto punto
di riferimento della prima riflessione filosofica e
teologica cristiana.
[19] Cf. ad
es. Cicerone, De Officiis I, 105-106: «sed pertinet
ad omnem officii quaestionem semper in promptu habere,
quantum natura hominis pecudibus reliquisque beluis
antecedat […] Atque etiam si considerare
volumus, quae sit in natura excellentia et dignitas,
intellegemus, quam sit turpe diffluere luxuria et delicate
ac molliter vivere quamque honestum parce, continenter,
severe, sobrie» (Scriptorum Latinorum Bibliotheca
Oxoniensis, ed. M. Winterbottom, Oxford 1994, 43).
Questa la traduzione italiana: «sempre, in ogni questione
morale, conviene tener presente la grande eccellenza della
natura umana rispetto a tutti gli animali [...] Anzi, sol
che vogliamo riflettere un poco sopra l’eccellenza e la
dignità della natura umana, comprenderemo quanto sia turpe
una vita che nuota nel lusso e si sprofonda nelle mollezze,
e per contro quanto sia bella una vita modesta e frugale,
austera e sobria» (Dei doveri, tr. it. a cura di D. Arfelli,
Zanichelli, Bologna 1958, 109-111).
[20] Cf. S. Paolo
VI, Discorso al Pellegrinaggio in Terra Santa: Visita
alla Basilica dell’Annunciazione in Nazareth (5 gennaio
1964): AAS 56 (1964), 166-170.
[21] Tra gli
innumerevoli riferimenti, cf. ad es. S. Clemente di Roma, 1 Clem.
33, 4s: PG 1, 273; Teofilo di Antiochia, Ad Aut. I, 4: PG 6,
1029; S. Clemente di Alessandria, Strom. III, 42,
5-6: PG 8, 1145; Ibidem, VI, 72, 2: PG 9, 293; S. Ireneo di Lione,
Adv. Haer. V, 6, 1: PG 7, 1137-1138; Origene, De
princ. III, 6,1: PG 11, 333; S. Agostino, De Gen. ad
litt. VI, 12: PL 34, 348. De Trin. XIV, 8,
11: PL 42, 1044-1045.
[22] S. Tommaso d’Aquino,
Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3, resp.:
«persona significat id, quod est perfectissimum in tota
natura, scilicet subsistens in rationali natura».
[23] Si
pensi solo a Giovanni Pico della Mirandola e al suo noto
testo Oratio de hominis dignitate (1486).
[24] Per un
pensatore ebreo come E. Levinas (1906-1995), l’essere umano
è qualificato dalla sua libertà in quanto si scopre
infinitamente responsabile dell’altro essere umano.
[25] Alcuni
grandi pensatori cristiani del XIX e XX secolo, come san
J.H. Newman, il beato A. Rosmini, J. Maritain, E. Mounier,
K. Rahner, H.U. von Balthasar, ed altri, sono riusciti a
proporre una visione dell’uomo che può validamente dialogare
con le correnti di pensiero del nostro inizio del XXI
secolo, qualunque sia la loro ispirazione, anche
post-moderna.
[26] Per
questo motivo la «Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo […] suggerisce implicitamente che la fonte dei
diritti umani inalienabili si trova nella dignità di ogni
persona umana»: Commissione Teologica Internazionale,
Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla
legge naturale (2009), n. 115.
[27] Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n.
26: AAS 58 (1966), 1046; tutto il primo capitolo
della prima parte della Costituzione (nn. 11-22) viene
dedicato alla “Dignità della persona umana”.
[28] Conc. Ecum. Vat. II,
Dich.
Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n.
1: AAS 58 (1966), 929.
[29]
Ibidem, n. 2: AAS 58 (1966), 931.
[30] Congregazione per la Dottrina della Fede,
Istruzione
Dignitas personae (8 settembre 2008), n.
7: AAS 100 (2008), 863. Cf. anche S. Ireneo di Lione,
Adv. Haer. V, 16, 2: PG 7, 1167-1168.
[31] Siccome
«con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo
modo ad ogni uomo» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 22: AAS 58
(1966), 1042), la dignità di ogni uomo ci viene rivelata da
Cristo nella sua pienezza.
[32] Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n.
19: AAS 58 (1966), 1038.
[33] S. Giovanni Paolo
II, Lett. enc.
Evangelium vitae (25 marzo 1995),
n. 38: AAS 87 (1995), 443, che cita S. Ireneo di Lione,
Adv. Haer. IV, 20,7: PG 7, 1037-1038.
[34] Cristo
ha infatti donato ai battezzati una nuova dignità, quella di
“figli di Dio”: cf. Catechismo della Chiesa Cattolica,
nn. 1213,
1265,
1270,
1279.
[35] Conc. Ecum. Vat. II,
Dich.
Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n. 9:
AAS 58 (1966), 935.
[36] Cf. S. Ireneo di Lione,
Adv. Haer. V, 6, 1. V, 8, 1. V, 16, 2: PG 7,
1136-1138. 1141-1142. 1167-1168; S. Giovanni Damasceno,
De fide orth. 2, 12: PG 94, 917-930.
[37] Benedetto
XVI,
Discorso a Westminster Hall (17 settembre 2010):
Insegnamenti VI/2 (2011), 240.
[38] Francesco,
Udienza generale (12 agosto 2020): L’Osservatore
Romano (13 agosto 2020), 8, che cita S. Giovanni Paolo II,
Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
(2 ottobre 1979), 7 e Id.,
Discorso all’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite (5 ottobre 1995), 2.
[39] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede,
Istruzione
Dignitas personae (8 settembre 2008), n.
8: AAS 100 (2008), 863-864.
[40] Commissione Teologica Internazionale,
La libertà religiosa per il bene di tutti (2019), n.
38.
[41] Cf. Francesco,
Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per
il nuovo anno (8 gennaio 2024): L’Osservatore Romano
(8 gennaio 2024), 3.
[42] S. Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Evangelium vitae (25 marzo 1995),
n. 19: AAS 87 (1995), 422.
[43] Francesco,
Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n.
69: AAS 107 (2015), 875, che cita
Catechismo
della Chiesa Cattolica, n. 339.
[44] Francesco,
Esort. ap.
Laudate Deum (4 ottobre 2023), n. 67:
L’Osservatore Romano (4 ottobre 2023), IV.
[45]
Ibidem, n. 63: L’Osservatore Romano (4 ottobre
2023), IV.
[46] Catechismo della Chiesa Cattolica,
n. 1730.
[47] Benedetto XVI,
Messaggio per la celebrazione della 44a
Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2011), n. 3: Insegnamenti VI/2
(2011), 979.
[48] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,
Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n.
137.
[49] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 109:
AAS 112 (2020), 1006.
[50] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,
Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 137.
[51] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei
movimenti popolari (28 ottobre 2014): AAS 106
(2014), 858.
[52] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 107:
AAS 112 (2020), 1005-1006.
[53] Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 27:
AAS 58 (1966), 1047.
[54]
Ibidem.
[55]
Ibidem.
[56] Cf.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2267 e Congregazione per la Dottrina della Fede,
Lettera ai vescovi circa la nuova redazione del n. 2267
del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte
(1° agosto 2018), nn. 7-8.
[57] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 269:
AAS 112 (2020), 1065.
[58] S. Giovanni Paolo
II, Lett. enc.
Sollicitudo rei socialis (30 dicembre
1987), n. 28: AAS 80 (1988), 549.
[59] Benedetto XVI,
Lett. enc.
Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 22:
AAS 101 (2009), 657, che cita Paolo VI, Lett. enc.
Populorum progressio
(26 marzo 1967), n.
9: AAS 59 (1967), 261-262.
[60] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 21:
AAS 112 (2020), 976, che cita Benedetto XVI, Lett. enc.
Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 22: AAS
101 (2009), 657.
[61] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 20:
AAS 112 (2020), 975-976. Cf. anche la “Preghiera al
Creatore” alla fine della stessa Enciclica.
[62]
Ibidem, n. 116: AAS 112 (2020), 1009, che cita Francesco,
Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei
movimenti popolari (28 ottobre 2014): AAS 106
(2014), 851-852.
[63] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 162:
AAS 112 (2020), 1025, che cita Francesco,
Discorso
ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa
Sede (12 gennaio 2015): AAS 107 (2015), 165.
[64] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 25:
AAS 112 (2020), 978, che cita Francesco,
Messaggio
per la 49ª Giornata mondiale della pace (1° gennaio
2016): AAS 108 (2016), 49.
[65] Francesco,
Messaggio ai partecipanti alla VI Edizione del “Forum de
Paris sur la Paix” (10 novembre 2023): L’Osservatore
Romano (10 novembre 2023), 7, che cita Id.,
Udienza
generale (23 marzo 2022): L’Osservatore Romano
(23 marzo 2022), 3.
[66] Francesco,
Discorso alla Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni
Unite sui Cambiamenti Climatici (COP 28) (2 dicembre 2023): L’Osservatore
Romano (2 dicembre 2023), 2.
[67] Cf. S. Paolo
VI,
Discorso alle Nazioni Unite (4 ottobre 1965):
AAS 57 (1965), 881.
[68] S. Giovanni Paolo II,
Lett. enc.
Redemptor hominis (4 marzo 1979),
n. 16: AAS 71 (1979), 295.
[69] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 258:
AAS 112 (2020), 1061.
[70] Francesco, Discorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (14
giugno 2023): L’Osservatore Romano (15 giugno 2023),
8.
[71] Francesco,
Discorso nella Giornata mondiale di Preghiera per la Pace (20 settembre
2016): L’Osservatore Romano (22 settembre 2016), 5.
[72] Cf. Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 38:
AAS 112 (2020), 983: «Di conseguenza, “va riaffermato il
diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di
rimanere nella propria terra”», che cita Benedetto XVI,
Messaggio per la 99ª Giornata mondiale del Migrante e del
Rifugiato (12 ottobre 2012): AAS 104 (2012), 908.
[73] Cf. Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 38:
AAS 112 (2020), 982-983.
[74]
Ibidem, n. 39: AAS 112 (2020), 983.
[75] Benedetto XVI,
Lett. enc.
Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 62:
AAS 101 (2009), 697.
[76] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 39:
AAS 112 (2020), 983.
[77] Può
essere utile qui ricordare la dichiarazione di Paolo III
sulla dignità degli uomini rinvenuti nelle terre del “Nuovo
Mondo” nella Bolla Pastorale officium (29 maggio
1537), ove stabilisce – sotto pena di scomunica – che gli
abitanti di quei territori, «anche se sono al di fuori del
grembo della chiesa […] non stiano per essere privati della
loro libertà o del dominio sulle loro cose, poiché sono
uomini e per questo capaci di fede e salvezza» [«licet extra
gremium Ecclesiae existant, non tamen sua libertate, aut
rerum suarum dominio […] privandos esse, et cum homines,
ideoque fidei et salutis capaces sint»]: DH 1495.
[78] Francesco,
Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti
(24 maggio 2013): AAS 105 (2013), 470-471.
[79] Francesco,
Discorso all’Organizzazione delle Nazioni Unite, New York
(25 settembre 2015): AAS 107 (2015), 1039.
[80] Francesco,
Discorso ad un gruppo di Ambasciatori in occasione
della presentazione delle Lettere Credenziali (12
dicembre 2013): L’Osservatore Romano (13 dicembre
2013), 8.
[81] Francesco,
Discorso ai Partecipanti alla Conferenza internazionale
sulla tratta di persone (11 aprile 2019): AAS 111
(2019), 700.
[82]
Documento Finale della XV Assemblea Generale Ordinaria del
Sinodo dei Vescovi (27 ottobre 2018), n. 29.
[83] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 23:
AAS 112 (2020), 977, che cita Id., Esort. ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 212: AAS
105 (2013), 1108.
[84] S. Giovanni Paolo II,
Lettera alle donne (29 giugno 1995), n. 4:
Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1874.
[85]
Ibidem, n. 5: Insegnamenti XVIII/1 (1997),
1875.
[86]
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1645.
[87] Francesco,
Discorso in occasione della Celebrazione Mariana – Virgen
De La Puerta (20 gennaio 2018): AAS 110 (2018),
329.
[88] Francesco,
Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della
Congregazione per la Dottrina della Fede (21 gennaio
2022): L’Osservatore Romano (21 gennaio 2022), 8.
[89] S. Giovanni Paolo II,
Lett. enc.
Evangelium vitae (25 marzo 1995), 58:
AAS 87 (1995), 466-467. Sul tema del rispetto dovuto
agli embrioni umani, si veda Congregazione per la Dottrina della Fede,
Istruzione
Donum vitae (22 febbraio 1987): «La prassi
di mantenere in vita degli embrioni umani, in vivo o in
vitro, per scopi sperimentali o commerciali, è del tutto
contraria alla dignità umana» (I, 4): AAS 80 (1988),
82.
[90] Francesco,
Esort. ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 213:
AAS 105 (2013), 1108.
[91]
Ibidem.
[92] Francesco,
Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per
il nuovo anno (8 gennaio 2024): L’Osservatore Romano
(8 gennaio 2024), 3.
[93] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede,
Istruzione
Dignitas personae (8 settembre 2008), n.
16: AAS 100 (2008), 868-869. Tutti questi aspetti
sono richiamati con precisione nell’Istruzione dell’allora
Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo
Donum vitae (22 febbraio 1987): AAS 80 (1988),
71-102.
[94] Congregazione per la Dottrina della Fede,
Lettera Samaritanus bonus (14 luglio 2020), V, n. 4:
AAS 112 (2020), 925.
[95] Cf.
Ibidem, V, n.1: AAS 112 (2020), 919.
[96] Francesco,
Udienza generale (9 febbraio 2022): L’Osservatore
Romano (9 febbraio 2022), 3.
[97] Cf.
soprattutto Francesco, Lett. enc.
Fratelli tutti (3
ottobre 2020), nn. 18-21: AAS 112 (2020), 975-976:
“Lo scarto mondiale”. Il n. 188 della stessa Enciclica
arriva a identificare una “cultura dello scarto”.
[98] Cf. Francesco,
Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal
Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova
Evangelizzazione (21 ottobre 2017): L’Osservatore
Romano (22 ottobre 2017), 8: «La vulnerabilità
appartiene all’essenza dell’uomo».
[99] Cf. Francesco,
Messaggio in occasione della Giornata internazionale
delle persone con disabilità (3 dicembre 2020): AAS
112 (2020), 1185-1186.
[100] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn.
187-188: AAS 112 (2020), 1035-1036, che cita Id.,
Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo (25 novembre
2014): AAS 106 (2014), 999, e Id.,
Discorso alla
classe dirigente e al Corpo diplomatico, Bangui – Repubblica
Centrafricana (29 novembre 2015): AAS 107 (2015)
1320.
[101] Francesco,
Esort. ap.
Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 250:
AAS 108 (2016), 412-413, che cita
Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 2358.
[102] Francesco,
Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per
il nuovo anno (8 gennaio 2024): L’Osservatore Romano
(8 gennaio 2024), 3.
[103] Francesco, Esort. ap.
Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 56: AAS
108 (2016), 334.
[104]
Ibidem, che cita la XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,
Relatio finalis (24 ottobre 2015), 58.
[105] Francesco, Esort. ap.
Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 286: AAS
108 (2016), 425.
[106]
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 364.
[107]
Questo vale anche per il rispetto dovuto ai corpi dei
defunti; cf. ad es. Congregazione per la Dottrina della Fede,
Istruzione
Ad resurgendum cum Christo (15 agosto
2016), n. 3: AAS 108 (2016), 1290: «Seppellendo
i corpi dei fedeli defunti, la Chiesa conferma la fede nella
risurrezione della carne, e intende mettere in rilievo
l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della
persona della quale il corpo condivide la storia». Più
complessivamente, cf. anche Commissione Teologica Internazionale,
Problemi attuali di escatologia (1990), n. 5: “L’uomo
chiamato alla risurrezione”.
[108] Cf. Francesco,
Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 155: AAS 107 (2015), 909.
[109] Francesco,
Esort. ap.
Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 56:
AAS 108 (2016), 344.
[110] Francesco,
Esort. ap.
Christus vivit (25 marzo 2019), n. 88:
AAS 111 (2019), 413, che cita il
Documento Finale
della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi
(27 ottobre 2018), n. 23.
[111] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 42:
AAS 112 (2020), 984.
[112] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 205:
AAS 112 (2020), 1042, che cita Id.,
Messaggio per
la 48a Giornata mondiale delle Comunicazioni
Sociali (24 gennaio 2014): AAS 106 (2014), 113.
[113] Francesco,
Angelus (10 dicembre 2023): L’Osservatore Romano
(11 dicembre 2023), 12.
[114] Cf. Commissione Teologica Internazionale,
Dignità e diritti della persona umana (1983), n. 2.
[115] Francesco,
Lett. enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 195:
AAS 112 (2020), 1038, che cita Id., Esort. ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 274: AAS 105 (2013), 1130.
[116] Francesco,
Lett. enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 205: AAS 107 (2015), 928.
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