Città del Vaticano, 2 gennaio 2000 | Servizio sperimentale a cura di Piero Di Domenicantonio |
«Sul quadrante della storia scocca un'ora importante: inizia in questo momento l'anno duemila, l'anno che ci introduce in un nuovo millennio. Per i credenti è l'anno del Grande Giubileo. Buon Anno a tutti voi, uomini e donne di ogni parte della terra! Nel varcare la soglia del nuovo anno, mi piacerebbe bussare alla porta delle vostre case per recare a ciascuno il mio augurio cordiale... Entriamo nell'anno duemila con lo sguardo fisso al mistero dell'Incarnazione...» (L'augurio rivolto da Giovanni Paolo II al mondo, dalla finestra dello studio privato allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre) |
Nella Chiesa ogni 25 anni si fa festa per la nascita di Cristo nella storia dell'uomo. La festa, quest'anno, è ancora più grande: Cristo è con noi da duemila anni. Da duemila anni ha preso la nostra carne. Il Giubileo è, quindi, gioia: è brindare alla nascita di Cristo. È gratitudine: è un grazie a Lui che è venuto, che viene, che verrà. È martirio: una testimonianza quotidiana, cioè, di pellegrini che camminano sulle orme dei martiri che hanno festeggiato e festeggiano Giubilei di sangue. È mettere a nudo il proprio essere cristiani. È sobrietà penitenziale, rifuggendo da atteggiamenti mondani. È capovolgimento di mentalità: cambiare totalmente criteri, metodi, ottiche, azioni. È decisione definitiva: mettersi sulle orme del Festeggiato. Per sempre. «Ma i non addetti ai lavori non capiscono!» - potrebbe dire qualcuno -. Non è vero! Non capiscono coloro che vogliono mondanizzare il Giubileo. Quando si parla di Cristo anche l'uomo contemporaneo comprende. La cosa importante è non scimmiottarLo, non sdolcinarLo. Egli è Colui che ancora oggi ci presenta lo stesso biglietto da visita di duemila anni fa: «Io sono la Verità». Mario Agnes |
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